Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16642 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16642 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 107/2024 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata presso l’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, pec EMAILpec.ordineavvocaticataniaEMAIL, che la rappresenta e difende
avverso SENTENZA di Commissione Tributaria Regionale per la SICILIA n. 6072/2022 depositata il 30/06/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/03/2025 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
Alla società RAGIONE_SOCIALE veniva notificata in data 3/06/2009 la cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA con cui veniva richiesto il pagamento dell’importo di euro 2.330.740,33 a titolo di IVA, interessi e sanzioni relativamente all’anno 2005.
Il contribuente impugnava la cartella dinanzi alla CTP di Catania, eccependone la nullità per mancanza di motivazione e violazione dell’art. 7 l. n. 212/2000; il contribuente evidenziava, inoltre, l’illegittimità e la fondatezza della pretesa avanzata dacché, per l’anno 2005, la società si era avvalsa della sospensione dei versamenti prevista dal D.M. 14/11/2022 in favore dei soggetti residenti nei territori colpiti dal sisma del 2002 ed aveva provveduto alla definizione di cui all’art. 1, comma 1001, l. n. 296/200; il contribuente contestava, infine, la mancanza dei presupposti di legge per procedere al controllo automatizzato in violazione degli artt. 36 d.P.R. n. 600/1973 e 54 bis d.P.R. n. 633/1972.
La CTP adita, con sentenza n. 5192/08/2015 pubblicata il 7/5/2015, accoglieva il ricorso ed annullava la cartella, ritenendo che la società aveva documentato di essersi avvalsa delle disposizioni di cui al D.M. 14/11/2022.
Avverso tale sentenza il contribuente proponeva appello dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia che, con sentenza n. 10846/2021 depositata il 6/12/2021, accoglieva l’appello dell’Agenzia affermando l’esclusione dei soggetti esercenti attività d’impresa dal
perimetro dei benefici di cui al D.M. 14/11/2022, trattandosi di aiuti di Stato.
Il contribuente impugnava la sentenza di secondo grado con ricorso per revocazione ex art. 395, n. 4, c.p.c., evidenziando il palese errore di fatto in cui era incorso il giudice del gravame nella parte in cui aveva ritenuto la società non costituita e, conseguentemente, inesistenti le tesi difensive della stessa.
La CGT2 adita, con sentenza n. 6072/2022 depositata il 30.06.2022, riformava la sentenza di appello, riconoscendo l’errore di fatto in cui era incorso il giudice del gravame in quanto dall’esame del fascicolo processuale risultava la regolare costituzione in appello della società.
Avverso la sentenza n. 6072/2022, l’Agenzia propone ora ricorso per cassazione affidato a due motivi.
Resiste il contribuente con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 395 , comma 1, n. 4, in relazione dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., per aver la CGT2 dichiarato nel giudizio di revocazione ammissibile il relativo ricorso e ritenuto che l’errore di fatto potesse essere fatto valere con riferimento alla mancata rilevazione della costituzione di parte nel giudizio di appello.
Con il secondo motivo di ricorso si censura la violazione e falsa applicazione degli artt. 7, legge n. 212/2000, 25, commi 2 e 2bis, d.P.R. n. 602/1973, 1, comma 1001, legge n. 296/2006, 54 bis e 54 ter, d.P.R. n. 633/1972, in relazione all’art. 360 , comma 1, n. 3, c.p.c., per aver la CTR ritenuto che la cartella emessa fosse affetta da vizio motivazionale nonostante riportasse le iscrizioni a ruolo dell’IVA per l’anno 2005 derivanti dalla liquidazione automatizzata della
dichiarazione modello UNICO 2006, ai sensi dell’art. 36 bis d.P.R. n. 600/1973 e dell’art. 54bis d.P.R. n. 633/1972.
Con memoria del 15 marzo 2025, la controricorrente evidenzia d’essersi avvalsa della disciplina di all’art. 1 , l. n. 197/2022, per la definizione agevolata della controversia tributaria.
Il comma 186 della norma evocata dispone che le controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte l’Agenzia delle entrate ovvero l’Agenzia delle dogane e dei monopoli, pendenti in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello innanzi alla Corte di cassazione, alla data di entrata in vigore della medesima legge, possono essere definite, a domanda del soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio, con il pagamento di un importo pari al valore della controversia, costituito dall’importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l’atto impugnato. La ricorrente Agenzia ha segnalato in memoria, a sua volta, la regolarità della definizione agevolata, in relazione alla quale è, d’altronde, documentato il pagamento dell’intero ammontare dovuto. Il giudizio va, perciò, senz’altro estinto.
Non coglie nel segno, infatti, l’asserzione avanzata in memoria dalla controricorrente in punto di inammissibilità del ricorso per cassazione per carenza di interesse ad impugnare in capo all’Agenzia.
Giova, infatti, osservare che, come segnalato dalla medesima controricorrente, la domanda di definizione agevolata veniva depositata telematicamente il 26 settembre 2023, in pendenza del termine per impugnare la sentenza d’appello n. 6072/2022, a sua volta pubblicata il 30 giugno 2022; veniva in rilievo la sospensione dei termini per impugnare prevista dall’art. 1, comma 199, L. 197/2022.
Il comma 194 del ridetto art. 1 ha previsto che la definizione agevolata si perfezioni con la presentazione della domanda e con il
pagamento degli importi dovuti entro il termine del 30 settembre 2023.
Ora, benché alla data di notifica del ricorso per cassazione, eseguita il 23 dicembre 2023, l’istanza di definizione fosse già stata presentata e corredata del pagamento della prima rata, sicché del richiesto ‘condono’ l’Agenzia delle Entrate fosse fisiologicamente a conoscenza, non risponde al vero che l’Agenzia dovesse a quel punto reputarsi priva di interesse ad impugnare la sentenza d’appello.
Infatti, a fronte del deposito della sentenza d’appello il 30 giugno 2022, i termini per il ricorso in cassazione scadevano il 31 gennaio 2023, sicché, con la sospensione dei termini di 11 mesi in forza dell’art. 1, comma 19 9, l. n. 197/2022, il termine ultimo cadeva al 31 dicembre 2023 . In questa data l’Agenzia era ancora legittimata a valutare la regolarità dell’invocata definizione agevolata e lo sarebbe stata fino al 30 luglio 2024.
Questa divaricazione temporale evidente fra data in cui sarebbe spirato il termine di impugnazione per cassazione e termine entro il quale il c.d. ‘condono’ e la sua regolarità erano suscettibili d’essere valutati dall’Agenzia postula di per sé che quest’ultima avesse tutto l’interesse a proporre impugnazione.
Il ricorso per cassazione valeva, infatti, ad evitare il consolidamento e la conseguente inoppugnabilità del provvedimento di appello favorevole alla contribuente.
In tal modo, veniva fatta salvo proprio l’esercizio della propria prerogativa di valutazione dell’invocata definizione agevolata, in guisa da poter interporre, ove ne fossero ricorse le condizioni, un diniego al richiesto condono.
In tal senso, non appare condivisibile l’isolato precedente invocato dalla controricorrente in memoria, n. 15057/2024, posto che la declaratoria di inammissibilità -in esso perorata -per carenza di
interesse del ricorso per cassazione proposto prima della scadenza del termine per impugnare ma in data successiva alla presentazione della domanda di definizione agevolata di cui ai commi 186 e ss. della legge n. 197 del 2022, è suscettibile di vanificare in nuce proprio la possibilità dell’Agenzia di notificare il diniego della definizione, ai sensi del comma 200 dell’art. 1, nel previsto termine del 31 luglio 2024. Le spese del giudizio vanno compensate.
P.Q.M.
Dichiara estinto il giudizio. Compensa le spese del giudizio. Così deciso in Roma, il 27/03/2025.