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Definizione Agevolata: l’interesse ad agire del Fisco

Una società contribuente, dopo aver ottenuto una sentenza favorevole in appello, presenta domanda di definizione agevolata per chiudere un contenzioso fiscale. Nonostante ciò, l’Amministrazione Finanziaria impugna la sentenza in Cassazione. La Suprema Corte chiarisce che l’interesse del Fisco a impugnare sussiste per evitare che la sentenza diventi definitiva prima della conclusione della procedura di condono, preservando così il proprio potere di verifica. Poiché la definizione agevolata si è poi perfezionata, il giudizio viene dichiarato estinto.

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Pubblicato il 3 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Definizione Agevolata: L’Interesse del Fisco a Impugnare Non Viene Meno

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un’interessante questione procedurale: cosa succede se l’Amministrazione Finanziaria impugna una sentenza favorevole al contribuente, anche se quest’ultimo ha già presentato domanda di definizione agevolata? La Corte ha chiarito che l’interesse del Fisco a proseguire il giudizio permane, al fine di preservare il proprio potere di verifica sulla domanda di condono. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da una cartella di pagamento per IVA, interessi e sanzioni relativa all’anno 2005, notificata a una società. Il contribuente impugnava la cartella, sostenendo di aver diritto alla sospensione dei versamenti a seguito di un evento sismico e di aver aderito a una precedente sanatoria.

Il percorso giudiziario è stato complesso:

1. Primo Grado: La Commissione Tributaria Provinciale (CTP) accoglieva il ricorso della società, annullando la cartella.
2. Secondo Grado (primo giudizio): La Commissione Tributaria Regionale (CTR), in un primo momento, accoglieva l’appello dell’Agenzia Fiscale.
3. Revocazione: La società impugnava la sentenza di secondo grado per revocazione, lamentando un palese errore di fatto: il giudice d’appello aveva erroneamente ritenuto che la società non si fosse costituita in giudizio.
4. Secondo Grado (post-revocazione): La Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado (CGT2) accoglieva la revocazione e, riformando la precedente decisione, dava nuovamente ragione alla società.

Contro quest’ultima sentenza, l’Amministrazione Finanziaria proponeva ricorso per cassazione.

La questione della definizione agevolata e l’interesse del Fisco

Nel frattempo, la società presentava domanda di definizione agevolata delle liti pendenti, ai sensi della Legge n. 197/2022, depositandola telematicamente il 26 settembre 2023. Il ricorso per cassazione dell’Agenzia Fiscale veniva invece notificato successivamente, il 23 dicembre 2023.

La società sosteneva quindi che l’Agenzia non avesse più interesse a impugnare la sentenza, dato che la controversia era in via di definizione tramite condono. Tuttavia, la Suprema Corte ha ritenuto questa tesi non condivisibile, spiegandone dettagliatamente le ragioni.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha stabilito che l’interesse dell’Amministrazione Finanziaria a proporre ricorso non era venuto meno al momento della notifica. La chiave di volta del ragionamento risiede nella divaricazione temporale tra i termini processuali e quelli previsti per la procedura di condono.

Il termine per impugnare la sentenza d’appello, tenuto conto della sospensione prevista dalla stessa legge sulla definizione agevolata, scadeva il 31 dicembre 2023. D’altra parte, l’Agenzia Fiscale aveva tempo fino al 30 luglio 2024 per valutare la regolarità della domanda di condono e, potenzialmente, notificare un diniego.

Se l’Agenzia non avesse impugnato la sentenza, questa sarebbe diventata definitiva. Un provvedimento definitivo e favorevole al contribuente avrebbe reso inattaccabile la sua posizione, vanificando di fatto la possibilità per il Fisco di contestare la procedura di definizione agevolata. L’impugnazione, quindi, era necessaria per “salvaguardare l’esercizio della propria prerogativa di valutazione”, evitando il consolidamento e l’inoppugnabilità della decisione di secondo grado.

In altre parole, il ricorso per cassazione ha mantenuto “viva” la controversia, permettendo all’Amministrazione Finanziaria di completare le verifiche sulla domanda di condono senza essere pregiudicata da una sentenza passata in giudicato. La Corte ha inoltre specificato che un precedente contrario, invocato dalla società, non era condivisibile proprio perché non teneva conto di questa fondamentale esigenza di tutela per l’Erario.

Conclusioni

La Corte, preso atto che nel frattempo la definizione agevolata si era regolarmente perfezionata con il pagamento degli importi dovuti, ha dichiarato l’estinzione del giudizio per cessata materia del contendere, compensando le spese tra le parti.

Il principio stabilito è di grande rilevanza pratica: la presentazione di una domanda di condono non inibisce automaticamente l’interesse dell’Amministrazione Finanziaria a impugnare una sentenza sfavorevole. L’impugnazione rappresenta uno strumento necessario per preservare il potere di controllo sulla procedura di definizione, garantendo che questa si svolga nel rispetto delle norme prima che la lite si chiuda definitivamente con una sentenza passata in giudicato.

L’Agenzia Fiscale perde l’interesse a impugnare una sentenza se il contribuente ha già presentato domanda di definizione agevolata?
No. Secondo la Corte, l’Agenzia mantiene l’interesse a impugnare per evitare che la sentenza diventi definitiva prima della conclusione della procedura di condono, preservando così il proprio potere di verifica e l’eventuale diniego della definizione stessa.

Perché era importante per l’Amministrazione Finanziaria presentare ricorso per cassazione prima della scadenza del termine?
Era fondamentale per evitare il “consolidamento” e la conseguente “inoppugnabilità” della sentenza d’appello favorevole al contribuente. L’impugnazione ha mantenuto “viva” la controversia, permettendo all’Agenzia di esercitare la sua prerogativa di valutazione sulla regolarità della definizione agevolata.

Qual è stato l’esito finale del giudizio e perché?
Il giudizio è stato dichiarato estinto. Poiché entrambe le parti hanno confermato che la procedura di definizione agevolata si era perfezionata con il pagamento, la materia del contendere è venuta meno. Di conseguenza, la Corte ha dichiarato l’estinzione del processo e ha compensato le spese legali tra le parti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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