Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14561 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14561 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa per procura in calce al ricorso dall’Avv. NOME COGNOME che ha indicato indirizzo p.e.c.
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore generale pro tempore , ex lege domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso gli Uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende.
-controricorrente-
avverso la sentenza n.135/2020 della Commissione tributaria regionale delle Marche, depositata il 25 febbraio 2020;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21 maggio 2025 dal Consigliere dott.ssa NOME COGNOME
Tributi-Sanzioni- Diniego atto in autotutela – sopravvenuta definizione agevolata
Fatti di causa
La società RAGIONE_SOCIALE impugnò due avvisi di accertamento con i quali erano stati recuperati a tassazione costi a fronte di operazioni ritenute inesistenti per le annualità 2006 e 2007.
I giudici di merito rigettarono l’impugnazione e la Corte di cassazione dichiarò inammissibili i ricorsi proposti dalla Società contro le pronunce di secondo grado.
Nel corso del giudizio di appello, la Società presentò all’Agenzia delle entrate due istanze di annullamento parziale in autotutela dei predetti avvisi di accertamento chiedendo-siccome più favorevolel’applicazione delle disposizioni introdotte dall’art . 8, commi primo e secondo, del d.l. 2 marzo 2012 n.16, conv. con modifiche nella legge 26 aprile 2012 n.44.
L’Agenzia delle entrate non procedette al chiesto annullamento parziale degli accertamenti né ebbe ad emettere alcun provvedimento di rifiuto espresso.
Avverso detto diniego tacito la Società propose ricorso alla Commissione tributaria provinciale chiedendo, altresì, la condanna dell’Agenzia delle entrate al risarcimento dei danni da responsabilità aggravata ai sensi dell’art. 96 c.p.c. quantificandolo nell’importo, pari ed euro 734.647,68 corrispondente alla somma delle sanzioni, degli interessi e degli aggi sulle rateizzazioni del debito fiscale e contributivo.
L ‘adita Commissione tributaria provinciale rigettò il ricorso con decisione che, appellata dalla contribuente, venne confermata dalla Commissione tributaria regionale delle Marche (d’ora in poi C.T.R.) la quale, con la sentenza indicata in epigrafe , dichiarava l’appello inammissibile.
Il Giudice di appello rigettato il motivo di appello deducente un’omessa o insufficiente motivazione della sentenza di primo grado, affermava che non sussiste alcun obbligo per l’Ufficio di procedere
all’emissione di un atto in autotutela, con riferimento alle sole sanzioni, in quanto queste ultime non sono riferibili alla capacità contributiva del contribuente (art.53 della Costituzione) ma rappresentano un onere afflittivo, correlato alla violazione accertata.
Avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo. L’Agenzia del l’entrate ha resistito con controricorso.
Il ricorso è stato avviato, ai sensi dell’art.380 bis- 1 cod. proc. civ., alla trattazione in camera di consiglio in prossimità della quale la Società ricorrente ha depositato memoria.
Ragioni della decisione
Con l’unico motivo di ricorso la ricorrente deduce l’omesso esame di un fatto decisivo e controverso, in relazione all’art. 360, primo comma, n. ri 4 e 5 c.p.c., non avendo la C.T.R. preso in considerazione la circostanza – che essa ricorrente aveva in realtà allegato – sulla sussistenza di un interesse generale al richiesto provvedimento in autotutela, costituito dalla necessità della rimozione/revisione di un atto divenuto illegittimo per sopravvenuta riforma normativa con effetto retroattivo e per le ulteriori motivazioni allegate.
2.Con la memoria depositata in prossimità dell’adunanza camerale, la ricorrente, premesso di avere aderito alla definizione agevolata (rottamazione) delle cartelle esattoriali delle quali aveva chiesto l’annullamento in autotutela, ha dichiarato di non avere più interesse alla prosecuzione del giudizio. Chiede, pertanto, a questa Corte di:
dare atto dell’originaria fondatezza del ricorso in quanto basato su ragioni di rilevante interesse generale;
dichiarare l’inammissibilità per sopravvenuta carenza di interesse a seguito dell’adesione alla definizione agevolata;
compensare le spese di lite.
Premesso che oggetto del presente giudizio è il diniego tacito opposto dall’Amministrazione finanziaria all’annullamento in autotutela delle cartelle di pagamento e non le cartelle per le quali la Società ha aderito alla definizione agevolata, va rilevato che, come da espressa dichiarazione della parte (con la quale ha manifestato esplicitamente anche la volontà di rinunciare al ricorso: v. pag. 3 della richiamata memoria) , l’adesione alla procedura di definizione cd. rottamazione quater ha determinato il venir meno del suo interesse alla prosecuzione del giudizio (cfr., da ultimo, Cass. n. 24003/2024 e Cass. n. 5896/2025, richiamate dalla stessa ricorrente), con il superamento di qualsiasi altra questione.
Le alterne vicende processuali e la mancata contestazione della controparte inducono questa Corte a compensare integralmente tra le parti le spese processuali (ribandendosi, peraltro, che la condanna alle spese della parte che ha scelto la soluzione premiale contrasterebbe con la sua ratio : cfr., per tutte, Cass. n. 780/2024).
Nell’ipotesi di causa di inammissibilità, sopravvenuta alla proposizione del ricorso per cassazione, non sussistono i presupposti per imporre al ricorrente il pagamento del cd. doppio contributo unificato (v., per tutte, Cass., Sez. U, Ordinanza n. 19976 del 19/07/2024).
La Corte
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse.
Compensa integralmente tra le parti le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma il 21 maggio 2025.