Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18135 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 18135 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 03/07/2025
Cartella di pagamento -art. 36 bis d.P.R. n. 600 del 1973definizione agevolata diniego
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20557/2022 R.G. proposto da:
AGENZIA RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dal l’Avvocatura generale dello Stato,
-ricorrente –
contro
CENTRO DI RICERCHE RAGIONE_SOCIALE (già RADIOLOGIA MEDICA MASSA di NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE), rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME
-controricorrente –
avverso la sentenza della COMM. TRIB. REG. CAMPANIA, n. 1436/2022, depositata il 07/02/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20 maggio 2025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’Agenzia delle entrate impugna nei confronti della RAGIONE_SOCIALE ( già Radiologia Medica Massa Di NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE, che resiste a mezzo controricorso, la sentenza in epigrafe. Con quest’ultima la CTR ha rigettato l’appello dell’Ufficio avverso la sentenza della CTP di Caserta -n. 964 del 2021 -con la quale que st’ultima, pronunciandosi nel giudizio avente ad oggetto provvedimento di diniego alla definizione agevolata ex art. 6 d.l. n. 119 del 2018 aveva accolto il ricorso del contribuente.
1.1. Deve premettersi sul punto che in separato e precedente giudizio la contribuente aveva impugnato innanzi alla CTP di Caserta la cartella di pagamento n. 028 2018 00039277 61 000 con la quale l’Agenzia delle Entrate -Riscossione le aveva intimato il pagamento del complessivo importo di euro 1.261.280,59, iscritto a ruolo a seguito di un controllo automatizzato ex art. 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973; che i n pendenza del giudizio l’Ufficio aveva annullato parzialmente, in autotutela, la cartella riducendo la pretesa ad euro 243.215,10; che la contribuente aveva avanzato domanda di definizione agevolata ex art. 6 d.l. n. 119 del 2018 per le somme non sgravate alla quale l’Ufficio aveva replicato con diniego n. 5859 del 2020 assumendo che, trattandosi di atto meramente riscossivo non rientrava tra quelli definibili.
1.2. La contribuente impugnava detto diniego ed il ricorso (introduttivo del giudizio conclusosi in secondo grado con la sentenza qui impugnata) veniva iscritto separatamente e non riunito al giudizio già pendente e con riferimento al quale era stato espresso.
1.3. Il primo giudizio, ovvero quello avente ad oggetto la cartella di pagamento, veniva definito dalla CTP con la sentenza n. 934 del
2021 -divenuta definitiva per mancata impugnazione -che dichiarava cessata la materia del contendere quanto alle poste sgravate dall’Ufficio in autotutela , e rigettava per il resto il ricorso della contribuente ritenendo infondato il motivo attinente alla nullità della notifica della cartella e rilevando che non erano stati mossi ulteriori rilievi rispetto alle altre poste non oggetto di sgravio.
1.4. Il giudizio avente ad oggetto il diniego di definizione agevolata -come detto iscritto a ruolo separatamente -si concludeva, invece, con la sentenza della medesima CTP, n. 964 del 2021, che lo accoglieva ritenendo la controversia rientrante tra quelle definibili.
L’Ufficio proponeva appello avverso de tta ultima ma il gravame veniva rigettato dalla CTR la quale, con la sentenza in epigrafe, ribadiva che la controversia rientrava tra quelle definibili ai sensi dell’art. 6 d.l. n. 119 del 2018.
1.5. Avverso la sentenza della CTR l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione e la società si difende a mezzo controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo l’Agenzia delle entrate denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per grave vizio della motivazione, per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., per omessa pronuncia.
Osserva che la CTR ha affrontato la sola questione di diritto relativa alla possibilità di accedere alla definizione agevolata in relazione ad una cartella di pagamento scaturente da controllo formale ex articolo 36bis, questione effettivamente già risolta dalle sezioni unite come rilevato in sentenza.
Evidenzia, tuttavia, che accanto a detta questione ve n’era un’altra , pregiudiziale rispetto a quella affrontata; che, infatti, con l’atto di appello, aveva chiesto la riunione del giudizio, avente ad oggetto l’impugnazione del diniego, con il giudizio avente ad oggetto
l’impugnazione della cartella . Rileva che le somme portate dalla cartella e non oggetto di sgravio, ancora dovute dalla contribuente, erano relative alle sole imposte dichiarate e non versate rispetto alle quali quest’ultima non aveva sollevato alcuna impugnazione . Deduce, per l’effetto, che rispetto alle somme non sgravate vi era un giudicato ormai favorevole all’Ufficio e che la contribuente avrebbe eventualmente dovuto impugnare la sentenza n. 934 del 2021 della CTP -che invece aveva lasciato passare in giudicato -facendo valere la domanda di definizione agevolata e la pendenza del giudizio avente ad oggetto il diniego; che, invece, avendo prestato acquiescenza alla stessa, era tenuta al pagamento delle somme ivi accertate come dovute.
Ciò esposto, l’Ufficio censura la sentenza impugnata per aver completamente omesso di pronunciarsi sulla detta questione.
Il motivo è infondato.
2.1. L’Ufficio sostiene che il giudizio di appello aveva ad oggetto oltre che la questione trattata in sentenza relativa alla possibilità di aderire alla definizione agevolata della lite di cui all’art. 6 d.l. n. 119 del 2018, avente ad oggetto una cartella di pagamento emessa a seguito di controllo automatizzato -anche la questione degli effetti sul giudizio avente ad oggetto il diniego del giudicato formatosi nel giudizio avente ad oggetto la cartella. E’ pacifico, infatti, che i due giudizi non sono s tati riuniti. A conforto l’Ufficio riproduce in ricorso stralci dell’atto di appello (prodotto quale allegato 15) che confermerebbero l’assunto.
Invero, l ‘Ufficio, nella parte in diritto dell’atto di appello , diversamente da quanto sostenuto nel ricorso, aveva posto la sola questione affrontata dalla CTR relativa alla riconducibilità delle controversie. Tanto si desume inequivocabilmente dal tenore del motivo che esordisce ribadendo la tesi della natura meramente riscossiva della cartel la. L’affermazione successiva con la quale si
evidenziava che, nel giudizio avente ad oggetto la cartella, con la sentenza n. 934 del 2021, passata in giudicato per omessa impugnazione, la CTR aveva ritenuto cessata la materia del contendere sulle somme sgravate e aveva dichiarato che, invece, erano dovute le ulteriori somme in quanto non contestate -era comunque formulata «a conferma di quanto sostenuto» quanto alla natura della cartella impugnata.
2.2. L’unico oggetto del contendere, sul quale la CTR si è regolarmente pronunciata, è se il giudizio avente ad oggetto la cartella fosse suscettibile della definizione agevolata. Non risulta, viceversa, che l’Ufficio abbia fatto valere in sede di impugnazione della sentenza di primo grado l’ulteriore questione degli effetti del giudicato ormai formatosi nel giudizio avente ad oggetto la cartella.
Per giurisprudenza consolidata di questa Corte, poiché l’appello è un mezzo di gravame con carattere devolutivo pieno -non limitato al controllo di vizi specifici, ma rivolto ad ottenere il riesame della causa nel merito -il principio della necessaria specificità dei motivi, previsto dall’art. 342, primo comma, cod. proc. civ., prescinde da qualsiasi particolare rigore di forme. Ciò non esclude, tuttavia, che sia necessario che siano esposte le ragioni di fatto e di diritto su cui si fonda l’impugnazione; occorre, pertanto, che, in relazione al contenuto della sentenza appellata, siano indicati, oltre ai punti e ai capi formulati, anche, seppure in forma succinta, le ragioni per cui è chiesta la riforma della pronuncia di primo grado, con i rilievi posti a base dell’impugnazione, in modo tale che restino esattamente precisati il contenuto e la portata delle censure mosse (tra le più recenti, Cass. 25/0/2023, n. 2320).
Dal mero riferimento al giudicato formatosi nel giudizio sulla cartella non può affatto desumersi che l’Ufficio abbia impugnato la sentenza che ha definitivo il giudizio sul diniego assumendo che le
somme dovute risultavano ormai definitivamente accertate. Ugualmente irrilevante, ai fini dell’individuazione dei motivi di appello è la circostanza che l’Ufficio avesse inutilmente sollecitato la riunione dei due giudizi.
Ne consegue, il rigetto del ricorso.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.
Poiché risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13 comma 1-quater, d.P.R., 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e conda nna l’Agenzia delle entrate al pagamento in favore della controricorrente delle spese di lite che si liquidano in euro 7.600,00 per compenso oltre spese prenotate a debito Così deciso in Roma, il 20 maggio 2025.