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Definizione agevolata: la Cassazione chiede prove

In un caso di contenzioso IVA contro un’associazione sportiva, la Corte di Cassazione ha emesso un’ordinanza interlocutoria. Invece di decidere nel merito, ha sospeso il giudizio per incertezza sulla corretta adesione dell’associazione a una definizione agevolata. La Corte ha concesso 45 giorni alle parti per fornire chiarimenti e documenti probatori sul perfezionamento della procedura di sanatoria, evidenziando l’onere della prova a carico di chi invoca l’estinzione della lite.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Definizione Agevolata: L’Onere della Prova Ricade sul Contribuente

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione getta luce su un aspetto cruciale della definizione agevolata delle liti fiscali: la necessità per il contribuente di documentare in modo inequivocabile il perfezionamento della procedura. Il caso in esame, che vede contrapposti l’Agenzia delle Entrate e un’associazione sportiva dilettantistica, si è arenato proprio su questo punto, spingendo la Suprema Corte a sospendere la decisione per chiedere maggiori chiarimenti.

I Fatti del Caso

La vicenda ha origine da un avviso di accertamento notificato a un’associazione sportiva per l’anno d’imposta 2011. L’Agenzia delle Entrate contestava l’omesso versamento di IVA, sostenendo che l’associazione avesse applicato in modo errato il regime forfettario. Nello specifico, l’ente aveva detratto il 50% dell’IVA su tutte le operazioni, incluse le sponsorizzazioni, mentre per queste ultime la normativa prevedeva una detrazione forfettaria del solo 10%.

L’associazione aveva impugnato sia l’avviso di accertamento sia il separato atto di contestazione delle sanzioni, ottenendo ragione in entrambi i gradi di giudizio di merito. L’Agenzia delle Entrate, ritenendo errata la decisione dei giudici tributari, ha quindi proposto ricorso per cassazione.

L’Istanza di Definizione Agevolata e i Dubbi della Corte

Durante il giudizio in Cassazione, la difesa dell’associazione ha presentato un’istanza per la cessazione della materia del contendere, sostenendo di aver aderito alla definizione agevolata prevista dal D.L. 119/2018. A sostegno della sua richiesta, ha prodotto la documentazione relativa al pagamento dell’importo dovuto e una copia della domanda di regolarizzazione presentata, a quanto pare, tardivamente.

Ed è qui che la questione si complica. La Corte ha rilevato diverse incongruenze e carenze documentali. La procedura di adesione alla sanatoria non appariva chiara e completa. In particolare, non era stato documentato l’esito dell’istanza di regolarizzazione, né era stata fornita prova che l’Agenzia delle Entrate non avesse notificato un diniego entro i termini di legge, condizione che avrebbe sancito il perfezionamento della definizione per silenzio-assenso.

Le Motivazioni dell’Ordinanza Interlocutoria

Di fronte a questa incertezza probatoria, la Corte di Cassazione ha ritenuto di non poter decidere né sulla cessazione della lite né sul merito del ricorso. I giudici hanno sottolineato come l’oggetto del giudizio includesse sia un avviso di accertamento sia un atto di contestazione, ma la documentazione prodotta non permetteva di comprendere appieno lo stato della procedura di sanatoria per entrambi gli atti.

L’ordinanza interlocutoria, pertanto, non entra nel vivo della questione tributaria (la corretta aliquota di detrazione IVA), ma si concentra sull’aspetto procedurale. La Corte ha disposto un rinvio a nuovo ruolo, concedendo alle parti un termine di 45 giorni per depositare la documentazione necessaria a chiarire in modo definitivo se la procedura di definizione agevolata si fosse effettivamente e correttamente perfezionata.

Le Conclusioni

Questa decisione ribadisce un principio fondamentale: chi invoca un beneficio, come l’estinzione del giudizio per avvenuta sanatoria, ha l’onere di provare che tutte le condizioni di legge siano state soddisfatte. Il semplice pagamento o la presentazione di una domanda tardiva non sono sufficienti. È necessario fornire alla Corte una prova chiara e completa dell’intero iter, inclusa la mancata opposizione da parte dell’Amministrazione finanziaria. L’ordinanza serve da monito per i contribuenti e i loro difensori sull’importanza della precisione e della completezza documentale nell’ambito delle procedure di condono fiscale.

Perché la Corte di Cassazione non ha emesso una sentenza definitiva?
La Corte non ha potuto decidere perché le prove fornite dal contribuente riguardo al completamento della procedura di definizione agevolata erano incomplete e poco chiare, impedendo di stabilire con certezza se la lite fiscale potesse considerarsi estinta.

Qual era il problema principale con la domanda di definizione agevolata presentata dall’associazione?
Il problema risiedeva nell’incertezza sul suo perfezionamento. L’associazione aveva effettuato un pagamento e presentato un’istanza, ma non aveva documentato l’esito di tale istanza né provato che l’Agenzia delle Entrate non avesse emesso un diniego nei termini previsti dalla legge.

Cosa ha ordinato la Corte alle parti?
La Corte ha rinviato la causa a una nuova udienza e ha concesso alle parti un termine di 45 giorni per depositare tutta la documentazione idonea a dimostrare l’effettivo e corretto perfezionamento della procedura di definizione agevolata, al fine di poter prendere una decisione informata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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