Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14123 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14123 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME FILIPPO
Data pubblicazione: 21/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4404/2015 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (C.F. CODICE_FISCALE), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO (C.F. CODICE_FISCALE) in virtù di procura speciale a margine del ricorso, elettivamente domiciliata presso lo studio dell’AVV_NOTAIO in Roma, alla INDIRIZZO
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE (C.F. CODICE_FISCALE), in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO
Oggetto:
tributi
–
cartella – definizione
agevolata
–
inefficacia –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania, Sezione staccata di Salerno, n. 414/09/14, depositata in data 16 gennaio 2014
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24 aprile 2024 dal Consigliere Relatore NOME COGNOME .
RILEVATO CHE
La società contribuente RAGIONE_SOCIALE ha impugnato una cartella di pagamento, relativa a tributi dei periodi di imposta 2000, 2001 e 2005. La cartella traeva origine, quanto ai periodi di imposta 2000 e 2001 -come risulta dalla sentenza impugnata – da una domanda di condono ex art. 9bis l. 27 dicembre 2002, n. 289, domanda per la quale la società contribuente aveva versato solo la prima rata ed era stata originariamente emessa una precedente cartella a seguito della revoca della domanda di condono. La originaria cartella era stata annullata dalla CTP di Avellino con sentenza n. 454/01/2006, la quale aveva ritenuto legittimo il solo recupero delle rate non versate senza sanzioni; pertanto l’Ufficio aveva emesso nuova cartella oggetto del presente giudizio -a termini dell’ art. 68 d. lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 per gli importi riconosciuti dalla suddetta pronuncia di merito in relazione ai soli periodi di imposta 2000 e 2001. La cartella conteneva, inoltre, importi relativi al periodo di imposta 2005 a termini dell’art. 36 -bis d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.
La CTP di Avellino ha accolto il ricorso.
La CTR della Campania, Sezione staccata di Salerno, con la sentenza qui impugnata, ha accolto l’appello dell’Ufficio, ritenendo corretta la nuova iscrizione a ruolo e rigettando le questioni preliminari di parte contribuente. Ha accertato il giudice di appello che la cartella impugnata ha un « doppio titolo », titolo costituito – quanto ai periodi di imposta 2000 e 2001 – dalla sentenza della CTP di Avellino n.
454/01/2006 e – quanto al periodo di imposta 2005 -un controllo formale ex art. 36bis d.P.R. n. 600/1973, come esplicitamente indicato nella motivazione della cartella. Ha, pertanto, rigettato l’eccezione di decadenza del concessionario dal potere di riscossione e ha ritenuto che l’Ufficio non avrebbe violato il principio dei nova in appello, posto che per i primi due periodi di imposta la cartella non ha la sua fonte ne ll’originario condono ex art. 9 -bis l. n. 289/2002, bensì nella pronuncia giurisdizionale della CTP di Avellino n. 454/01/2006.
Propone ricorso per cassazione la società contribuente, affidato a due motivi, cui resiste con controricorso l’Ufficio . Il ricorrente ha depositato diverse memorie, da ultimo in data 15 settembre 2023.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, cod. proc. civ., violazione degli artt. 68 e 36 d. lgs. n. 546/1992, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto che la cartella fosse stata emessa sulla base del dispositivo della CTP di Avellino n. 454/01/2006. Osserva parte ricorrente che il giudice del merito, con la indicata pronuncia aveva riconosciuto la validità della domanda di condono anche in assenza di tutti i versamenti dovuti. Osserva parte ricorrente che la suddetta pronuncia, avrebbe annullato integralmente ( tout court ) la originaria cartella impugnata e non avrebbe ridotto la pretesa erariale al solo capitale senza sanzioni, come risulterebbe dal dispositivo della sentenza medesima. Pertanto, deduce parte ricorrente, la fonte del titolo per l’emissione della cartella sarebbe in ogni caso l’originaria domanda di condono.
Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4 cod. proc. civ., violazione degli artt. 7 e 17 l. 27 luglio 2000, n. 212, dell’art. 37, comma 44, d.l. 4 luglio 200 6, n. 223, nonché degli artt. 25 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 dell’art. 1 d.l. 17 giugno 2005, n. 106, come novellato dalla l. 31 luglio 2005, n. 156.
Osserva parte ricorrente, stante la fonte della cartella nel titolo di cui all’originario condono ex art. 9 -bis l. n. 289/2002, la cartella avrebbe dovuto indicare le ragioni della pretesa impositiva per consentire al contribuente l’esercizio del diritto di difesa. Osserva, inoltre, la tardività nel l’emissione della cartella ai fini del l’azione di riscossione quanto ai periodi di imposta 2000 e 2001, essendo la cartella stata notificata oltre il termine del 31 dicembre 2008. Quanto, poi, agli importi del periodo di imposta 2005 vi sarebbe vizio di motivazione della cartella impugnata in relazione agli importi dovuti.
Va osservato preliminarmente che questa Corte ha rinviato a nuovo ruolo la causa una prima volta con ordinanza emessa all’adunanza camerale del 20 gennaio 2021 in considerazione della presentazione di istanza di definizione ex art. 6 d.l. 22 ottobre 2016, n. 193 della cartella di pagamento emessa ex art. 68 d. lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 in forza della sentenza di appello impugnata e, con successiva ordinanza pronunciata all’adunanza camerale del 23 maggio 2023, la causa è stata nuovamente rinviata a nuovo ruolo per effetto della presentazione di ulteriore istanza di definizione agevolata ex art. 3, comma 6, d.l. 23 ottobre 2018, n. 119, di cui sono stati allegati i relativi bollettini di pagamento di alcune delle rate sino a quel momento pagate.
La società contribuente, odierna ricorrente, ha depositato ulteriore memoria in data 15 settembre 2023, con la quale ha dato atto di avere aderito alla nuova definizione agevolata di cui all’art. 1, comma 249, lett. c) l. n. 197/2022 avente ad oggetto la medesima cartella, il cui piano di rateazione ha scadenza il 30 novembre 2027, come risultante dalla comunicazione dell’Ufficio relativa alle somme dovute in esito a tale ultima definizione agevolata. Con la suddetta istanza il ricorrente ha chiesto dichiararsi la cessazione della materia del contendere.
5. Questo Collegio ritiene, in primo luogo, che la definizione agevolata è inammissibile in relazione alla cartella emessa per i periodi di imposta 2000 e 2001, trattandosi di un « condono su condono » (Cass., Sez. V, 8 marzo 2013, n. 5865). La cartella è stata emessa in relazione ai crediti relativi alle suddette annualità -pur sul presupposto della decisione di una controversia da parte di un giudice del merito -in seguito alla originaria domanda di condono ex art. 9bis l. n. 289/2002, pretesa che in tesi è rimasta viva anche a seguito della pronuncia di merito in forza della quale è stata emessa la cartella; pertanto, deve farsi applicazione della giurisprudenza di questa Corte che, in presenza di una già perfezionata definizione agevolata, la pretesa non può essere più ulteriormente agevolabile, attesa la natura restrittiva ed eccezionale della relativa disciplina, come tale non estensibile analogicamente, posto che in caso contrario il contribuente fruirebbe irragionevolmente per due volte, con riguardo alla stessa imposta, di un atto clemenziale dettato da contingenti ed eccezionali esigenze finanziarie e di carico giudiziario (Cass., Sez. V, 12 gennaio 2023, n. 709; Cass., Sez. V, 8 giugno 2018, n. 14993; Cass., Sez. V, 19 gennaio 2018, n. 1317).
6. Ad ogni modo, va osservato che il comma 244 dell’art. 1, l. n. 197/2022 prevede che in caso di mancato, insufficiente o tardivo versamento, superiore a cinque giorni, dell’unica rata ovvero di una delle rate dovute, la definizione non produce effetti e riprendono a decorrere i termini di prescrizione e di decadenza per il recupero dei carichi oggetto di dichiarazione. In tal caso, relativamente ai debiti per i quali la definizione non ha prodotto effetti, i versamenti effettuati sono acquisiti a titolo d i acconto dell’importo complessivamente dovuto a seguito dell’affidamento del carico e non determinano l’estinzione del debito residuo, del quale l’agente della riscossione prosegue l’attività di recupero.
Sotto questo profilo, va rilevato che non vi è prova dei pagamenti in relazione all a comunicazione dell’8 settembre 2023 e ai relativi pagamenti previsti (prima rata 31.10.2023 e successive 30.11.2023 e 28.02.2024 ). Deve, pertanto rigettarsi l’istanza di cessazione della materia del contendere e deve dichiararsi che la definizione agevolata di cui all’art. 1, comma 249, lett. c) l. n. 197/2022 è inefficace quanto alla annualità 2005 a termini dell’art. 1, comma 244 l. ult. cit. ed è inammissibile per le annualità 2000 e 2001. Il ricorso va, pertanto, esaminato nel merito.
Il primo motivo è inammissibile. Il ricorrente ha dedotto, contrariamente all’accertamento compiuto dal giudice di appello, che la fonte della pretesa impositiva non sarebbe la sentenza del giudice di merito ma l’originaria domanda di condono, in quanto il dispositivo di detta pronuncia, trascritto per specificità, avrebbe annullato l’originaria cartella emessa a fronte dell’inadempimento all’originaria domanda di condono. Tuttavia, come correttamente colto dal controricorrente, l’esatto contenuto della sentenza va individuato non alla stregua del solo dispositivo, bensì integrando questo con la motivazione nella parte in cui la medesima riveli l’effettiva volontà del giudice (Cass., Sez. V, 19 dicembre 2023, n. 35453; Cass., Sez. II, 21 agosto 2023, n. 24867; Cass., Sez. V, 22 luglio 2021, n. 21157; Cass., Sez. V, 8 luglio 2021, n. 19441; Cass., Sez. V, 7 febbraio 2019, n. 3611; Cass., Sez. VI, 18 ottobre 2017, n. 24600; Cass., Sez. Lav., 21 giugno 2016, n. 12841; Cass., Sez. I, 25 settembre 2015, n. 19074).
Nella specie, il ricorrente non ha trascritto, né allegato la originaria sentenza della CTP allo scopo di riscontrarne il contenuto, laddove -di contro -la sentenza impugnata ha accertato che « la pretesa tributaria (…) non origina dal diniego della domanda di condono non perfezionata (…) ma è la conseguenza della sentenza emessa dalla CT di Avellino (…) la cartell a di pagamento impugnata trae la sua
origine da un doppio titolo: somme dovute a seguito della sentenza emessa dalla CP di Avellino n. 454/01/2006 relative al condono fiscale riconosciuto perfettamente valido » . L’omessa trascrizione della sentenza in oggetto (come anche della cartella impugnata, emessa ex art. 68 d. lgs. n. 546/1992) rende inammissibile per difetto di specificità la censura in oggetto.
10. Il secondo motivo è , per l’effetto, infondato, posto che la cartella non trae origine dal condono fiscale del 2002 ma dalla successiva e menzionata sentenza del giudice di merito (CTP di Avellino), per cui non può dichiararsi decaduto l ‘agente della riscossione dal potere di riscossione.
11. Il secondo motivo è, ulteriormente, infondato in quanto – in disparte l’inammissibilità della censura per non essere stata trascritta la cartella, nonché in quanto la questione appare nuova per non essere stata trattata nella sentenza impugnata -ove la cartella di pagamento sia stata emessa in seguito a liquidazione effettuata in base alle dichiarazioni rese dal contribuente, l’obbligo di motivazione può essere assolto mediante il mero richiamo a tali dichiarazioni perché, essendo il contribuente già a conoscenza delle medesime, non è necessario che siano indicati i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche della pretesa (Cass., Sez. V, 18 settembre 2020, n. 19498; Cass., Sez. V, 20 settembre 2017, n. 21804). Analogamente, la liquidazione dell’imposta ai sensi dell’art. 36bis d.P.R. cit. effettuata sulla base degli elementi indicati nella dichiarazione dal contribuente, comporta che la cartella di pagamento è congruamente motivata con riguardo al calcolo degli interessi mediante il riferimento alla dichiarazione dalla quale deriva il debito di imposta, in quanto, essendo il criterio di liquidazione predeterminato dall’art. 20 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, esso si risolve in una mera operazione matematica (Cass., Sez. V, 8 marzo 2019, n. 6812).
Il ricorso va, pertanto, rigettato, con spese regolate dalla soccombenza e liquidate come da dispositivo, oltre al raddoppio del contributo unificato.
P. Q. M.
La Corte dichiara inefficace l’istanza di definizione agevolata e rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità in favore del controricorrente, che liquida in complessivi € 18.000,00, oltre spese prenotate a debito; dà atto che sussistono i presupposti processuali, a carico di parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. 24 dicembre 2012, n. 228, per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, in data 24 aprile 2024