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Definizione agevolata: inammissibile il ricorso

Un’entità religiosa impugnava una cartella esattoriale per tributi locali. Durante il giudizio in Cassazione, aderiva alla definizione agevolata (c.d. “rottamazione”). La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per sopravvenuta carenza d’interesse, poiché la scelta di saldare il debito con la procedura agevolata rende inutile una pronuncia nel merito. Le spese legali sono state compensate tra le parti.

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Pubblicato il 28 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Definizione Agevolata: Quando il Ricorso in Cassazione Diventa Inammissibile

L’adesione a una definizione agevolata, come la “rottamazione quater”, mentre è in corso un giudizio tributario, ha conseguenze dirette e significative sull’esito del processo. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 16951/2024) chiarisce che tale scelta non porta alla sospensione del giudizio di legittimità, ma alla sua declaratoria di inammissibilità per sopravvenuta carenza d’interesse. Analizziamo questa importante pronuncia.

I Fatti del Contenzioso Tributario

Una congregazione religiosa aveva ricevuto una cartella esattoriale relativa al pagamento della TARSU per l’anno 2011 da parte di un Comune. Dopo aver perso nei primi due gradi di giudizio presso le commissioni tributarie, l’ente decideva di presentare ricorso per Cassazione, affidandosi a due specifici motivi di contestazione.

Durante la pendenza del giudizio di legittimità, la congregazione ha scelto di avvalersi della definizione agevolata dei carichi pendenti, nota come “rottamazione Quater”, introdotta dalla Legge n. 197/2022. L’ente ha presentato la domanda, che è stata accolta dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione, con un piano di pagamento rateale che si concluderà nel 2027.

La Scelta della Definizione Agevolata e le Sue Conseguenze

La normativa sulla “rottamazione” prevede che il debitore, nella dichiarazione di adesione, si impegni a rinunciare ai giudizi pendenti relativi ai carichi inclusi nella definizione. La legge stabilisce inoltre che, in attesa del pagamento delle somme dovute, i processi “sono sospesi dal giudice”.

Tuttavia, la Corte di Cassazione ha interpretato questa disposizione in modo specifico per quanto riguarda il proprio grado di giudizio, discostandosi da una mera sospensione.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha stabilito che la previsione della sospensione del processo non è compatibile con la natura del giudizio di cassazione. La funzione della Corte, infatti, è quella di verificare la corretta applicazione della legge da parte dei giudici di merito, non di attendere l’esito di eventi esterni come il completamento di un piano di pagamento.

La motivazione centrale della decisione risiede nel concetto di sopravvenuta carenza d’interesse. Secondo i giudici, nel momento in cui il contribuente sceglie di aderire alla definizione agevolata e si impegna a rinunciare al giudizio, viene meno il suo stesso interesse a ottenere una sentenza che annulli l’atto impugnato. La controversia perde la sua ragion d’essere, poiché il debito è stato riconosciuto e inserito in un percorso di estinzione concordato.

Di conseguenza, il ricorso non può essere semplicemente sospeso, ma deve essere dichiarato inammissibile. Questa decisione ha due importanti corollari:

1. Compensazione delle spese legali: Data la particolare modalità di definizione del giudizio, la Corte ha disposto la compensazione integrale delle spese di lite tra le parti. Ciascuna parte, quindi, sostiene i propri costi legali.
2. Esclusione del “doppio contributo unificato”: La Corte ha chiarito che, trattandosi di un’inammissibilità “sopravvenuta” e non originaria, non sussistono i presupposti per applicare la sanzione del pagamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato a carico del ricorrente. Questo rappresenta un notevole vantaggio per il contribuente, che evita un ulteriore esborso economico.

Conclusioni

L’ordinanza in esame offre un’indicazione chiara e pragmatica per i contribuenti e i loro legali. Scegliere la strada della definizione agevolata durante un ricorso per Cassazione non mette in pausa il processo, ma lo conclude definitivamente con una declaratoria di inammissibilità. Se da un lato questa scelta preclude ogni possibilità di ottenere una vittoria nel merito, dall’altro lato cristallizza i benefici della rottamazione ed evita il rischio di condanne ulteriori, come quella al pagamento del doppio contributo unificato. Una valutazione strategica fondamentale per chiunque si trovi in una situazione analoga.

Cosa succede a un ricorso in Cassazione se il contribuente aderisce alla definizione agevolata?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile per sopravvenuta carenza d’interesse, in quanto la scelta di saldare il debito con la procedura agevolata fa venir meno l’interesse a una pronuncia giudiziale.

L’adesione alla definizione agevolata comporta la sospensione del processo in Cassazione?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che la norma sulla sospensione del processo non è compatibile con il giudizio di legittimità. Pertanto, l’adesione porta all’inammissibilità del ricorso, non alla sua sospensione.

Se il ricorso viene dichiarato inammissibile per adesione alla definizione agevolata, si deve pagare il cosiddetto “doppio contributo unificato”?
No, la Corte ha precisato che in caso di inammissibilità sopravvenuta per questa ragione, non sussistono i presupposti per imporre al ricorrente il pagamento del doppio contributo unificato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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