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Definizione agevolata: inammissibile il ricorso

Una contribuente, durante un ricorso in Cassazione relativo a un avviso di intimazione per IRPEF, ha aderito alla definizione agevolata. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per sopravvenuto difetto di interesse, poiché la controversia era stata risolta tramite la procedura di condono, rendendo inutile una pronuncia nel merito.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Definizione Agevolata: Quando il Ricorso in Cassazione Diventa Inammissibile

L’adesione a una definizione agevolata mentre è in corso un giudizio tributario può avere conseguenze decisive sull’esito del processo. Con l’ordinanza n. 9023/2024, la Corte di Cassazione ha chiarito che tale scelta comporta il venir meno dell’interesse a proseguire il contenzioso, determinando l’inammissibilità del ricorso. Analizziamo questa importante decisione.

I Fatti di Causa: Un Contenzioso su un Avviso di Intimazione

Una contribuente aveva impugnato un avviso di intimazione relativo al pagamento dell’IRPEF per l’anno d’imposta 2000. Dopo una decisione favorevole in primo grado (CTP), la Commissione Tributaria Regionale aveva riformato la sentenza, dando ragione all’Agenzia della Riscossione. La contribuente ha quindi proposto ricorso per cassazione per far valere le proprie ragioni.

L’Adesione alla Definizione Agevolata e le Sue Conseguenze

Durante la pendenza del giudizio in Cassazione, la ricorrente ha presentato un’istanza di definizione agevolata delle liti pendenti, ai sensi del d.l. n. 119/2018. Ha poi depositato in giudizio la documentazione che attestava l’avvenuta adesione e la conseguente estinzione di ogni pendenza relativa alla cartella di pagamento oggetto della causa. Questo atto ha cambiato radicalmente le carte in tavola, poiché la materia del contendere, di fatto, non esisteva più.

Le Motivazioni della Cassazione: Il Sopravvenuto Difetto d’Interesse

La Suprema Corte, presa visione della documentazione, ha rilevato che, sebbene non vi fosse stata una rinuncia formale al ricorso, l’adesione alla definizione agevolata ha prodotto un effetto equivalente: il cosiddetto ‘sopravvenuto difetto d’interesse a ricorrere’. In pratica, avendo la contribuente risolto la controversia attraverso lo strumento del condono, non aveva più alcun interesse giuridicamente rilevante a ottenere una sentenza sul merito del suo ricorso. La lite era già stata definita in via amministrativa. Di conseguenza, il ricorso non poteva che essere dichiarato inammissibile.

Conclusioni: L’Impatto Pratico della Definizione Agevolata sui Processi in Corso

Questa ordinanza conferma un principio fondamentale: la definizione agevolata non solo estingue il debito tributario ma determina anche la cessazione della materia del contendere nei giudizi in corso. La Corte ha inoltre precisato due aspetti importanti:
1. Spese di giudizio: Le spese non vengono liquidate, poiché il difetto di interesse deriva da un fatto sopravvenuto legato a una normativa di favore (condonistica) e non da una soccombenza.
2. Contributo unificato: Non sussistono i presupposti per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, poiché l’inammissibilità non deriva da vizi originari del ricorso, ma da eventi successivi al suo deposito.
In conclusione, l’adesione a un condono è una scelta che va ponderata anche per le sue immediate conseguenze processuali, potendo portare all’estinzione del giudizio per inammissibilità sopravvenuta.

Cosa succede a un ricorso in Cassazione se nel frattempo si aderisce alla definizione agevolata?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile per ‘sopravvenuto difetto d’interesse a ricorrere’. Avendo risolto la controversia tramite la definizione agevolata, il ricorrente non ha più un interesse giuridico a ottenere una sentenza nel merito.

Perché la Corte dichiara l’inammissibilità e non la cessazione della materia del contendere?
La Corte ritiene che, in base al deposito della documentazione sulla definizione agevolata, si configuri un difetto di interesse a proseguire il ricorso, il che porta a una declaratoria di inammissibilità sopravvenuta.

In caso di inammissibilità per adesione alla definizione agevolata, si devono pagare le spese legali o un ulteriore contributo unificato?
No. La Corte ha stabilito che non vi è condanna alle spese, poiché il difetto d’interesse deriva da un fatto sopravvenuto legato alla legislazione condonistica. Inoltre, non è dovuto l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, poiché l’inammissibilità non dipende da un vizio del ricorso originario.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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