Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18763 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 18763 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/07/2024
IRES CREDITO DI IMPOSTA RECUPERO
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 04120/2017 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in RomaINDIRIZZO, presso l’Avvocatura generale dello Stato che la rappresenta e difende;
-ricorrente nel ricorso principale e controricorrente nel procedimento ex art. 6, comma 12, d.l. 23/10/2018, n. 119contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliata presso lo studio del difensore in Roma, INDIRIZZO;
-intimata nel ricorso principale e controricorrente nel procedimento ex art. 6, comma 12, d.l. 23/10/2018, n. 119 -avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. della PUGLIA, sez. dist. di FOGGIA n. 1747/25/2016 depositata il 05/07/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20 giugno 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
L’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE emetteva nei confronti della RAGIONE_SOCIALE esito di irregolarità della dichiarazione modello
unico 2011 ai sensi dell’art. 36 -bis del d.P.R. 29/09/1973 rilevando la non spettanza di un credito di imposta per incrementi occupazionali pari ad euro 10.989,00 e l’omesso versamento di euro 2.110,00. Nei confronti della stessa società e per le stesse ragioni l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE emetteva formale avviso di recupero.
La RAGIONE_SOCIALE impugnava la comunicazione di irregolarità e l’avviso di recupero innanzi alla CTP di Foggia. Nei giudizi si costituiva l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE riconoscendo che il credito di imposta era stato già oggetto di recupero in via separata e rinunciando alla relativa pretesa, facendo salva la pretesa relativa all’IRES, alle sanzioni e agli interessi. La CTP di Foggia, previa riunione dei ricorsi, accoglieva le impugnazioni del contribuente affermando la sussistenza dei presupposti per il godimento del credito di imposta.
L’ RAGIONE_SOCIALE proponeva appello avverso la sentenza di primo grado. La RAGIONE_SOCIALE si costituiva nel giudizio eccependo in via preliminare l’inammissibilità della impugnazione, spiegando appello incidentale e comunque chiedendo nel merito il rigetto del gravame principale. La CTR della Puglia, sezione distaccata di Foggia con la sentenza 1747/25/2016 del 05/07/2016 accoglieva parzialmente l’appello incidentale della società annullando l’atto di recupero del credito di imposta e accoglieva parzialmente l’appello principale dell’Ufficio per la parte relativa al mancato versamento per intero del debito Ires.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso l’RAGIONE_SOCIALE, articolando tre motivi di censura. La RAGIONE_SOCIALE è rimasta intimata nel giudizio principale.
Di seguito, in data 11/04/2019, la RAGIONE_SOCIALE ha proposto domanda di definizione agevolata della lite ai sensi degli articoli 6 e 7, comma 2, lett. b), e comma 3, del d.l. 23/10/2018, n. 119.
Con provvedimento notificato in data 21/02/2020 l’RAGIONE_SOCIALE respingeva l’istanza di definizione agevolata.
Avverso il diniego di definizione agevolata la RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso ai sensi dell’art. 6, comma 12, d.l. 119/2018 innanzi alla Corte intestata, quale autorità giudiziaria procedente, chiedendo annullarsi il provvedimento e accogliersi la domanda di definizione della lite con estinzione del giudizio.
RAGIONE_SOCIALE si è costituita nel procedimento avviatosi ai sensi dell’art. 6, comma 12, d.l. 119/2018 chiedendo il rigetto dell’impugnazione del diniego e la decisione della controversia nel merito.
Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in camera di consiglio del 20/06/2024.
Considerato che:
L’art. 6, comma 1, del decreto legge n. 119 del 2018 prevede che «1. Le controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte l’RAGIONE_SOCIALE, aventi ad oggetto atti impositivi, pendenti in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello in Cassazione e anche a seguito di rinvio, possono essere definite, a domanda del soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio o di chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione, con il pagamento di un importo pari al valore della controversia. Il valore della controversia è stabilito ai sensi del comma 2 dell’articolo 12 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546». Il successivo comma 2-ter prevede che: «2-ter. Le controversie tributarie pendenti innanzi alla Corte di cassazione, alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, per le quali l’RAGIONE_SOCIALE risulti soccombente in tutti i precedenti gradi di giudizio, possono essere definite con il pagamento di un importo pari al 5 per cento del valore della controversia». Il successivo comma 6 prevede che: «6. La definizione si perfeziona con la presentazione della domanda di
cui al comma 8 e con il pagamento degli importi dovuti ai sensi del presente articolo o della prima rata entro il 31 maggio 2019». Il successivo comma 8 prevede che: «8. Entro il 31 maggio 2019, per ciascuna controversia autonoma è presentata una distinta domanda di definizione esente dall’imposta di bollo ed effettuato un distinto versamento ». Il successivo comma 10 prevede che «10. Le controversie definibili non sono sospese, salvo che il contribuente faccia apposita richiesta al giudice, dichiarando di volersi avvalere RAGIONE_SOCIALE disposizioni del presente articolo. In tal caso il processo è sospeso fino al 10 giugno 2019. Se entro tale data il contribuente deposita presso l’organo giurisdizionale innanzi al quale pende la controversia copia della domanda di definizione e del versamento degli importi dovuti o della prima rata, il processo resta sospeso fino al 31 dicembre 2020». Il comma 12 della medesima disposizione prevede che «12. L’eventuale diniego della definizione va notificato entro il 31 luglio 2020 con le modalità previste per la notificazione degli atti processuali. Il diniego è impugnabile entro sessanta giorni dinanzi all’organo giurisdizionale presso il quale pende la controversia. ».
La RAGIONE_SOCIALE, con riferimento al presente giudizio nel quale assume la veste di intimata, ha dunque documentato di aver presentato domanda di definizione agevolata e di aver provveduto al pagamento del dovuto calcolato ai sensi dell’art. 6, comma 2 -ter, della citata disposizione.
L’RAGIONE_SOCIALE non ha contestato l’intervenuta presentazione dell’istanza né il pagamento dell’importo determinato dalla società, ma ha adottato provvedimento di diniego, notificato a mezzo di posta elettronica certificata il 21/02/2020 assumendo che la sentenza n. 2612/04/2014, depositata in data 03/12/2014 dalla CTP di Foggia a definizione del primo grado della lite tributaria pendente tra le parti è oggetto di un giudizio penale avviato per i delitti di cui agli articoli 110, 81 cpv, 479 cod. pen. (falsità
ideologica) e 640 cod. pen. (truffa) a carico di un giudice della commissione, di un funzionario addetto al servizio di segreteria e di un commercialista perché accusati di aver formato, nel corso di un triennio, un considerevole numero di sentenze false, tra le quali veniva indicata, nel capo di imputazione, anche quella emessa tra le parti di questo procedimento e sopra citata. Ad avviso della RAGIONE_SOCIALE, che dichiara di essere costituita parte civile nel processo, la circostanza vale a precludere l’ammissibilità della istanza di definizione perché «il valore della lite indicato è determinato in base a una sentenza falsa e per la quale l’Ufficio, all’esito del giudizio penale, avrà diritto di chiedere la revocazione» con conseguente incertezza dell’importo dovuto per la definizione.
Orbene, l’impugnazione del diniego tempestivamente effettuata dalla RAGIONE_SOCIALE vale a rimettere a questa Corte, quale giudice procedente, la decisione circa la legittimità del diniego e, in definitiva, circa la spettanza della definizione agevolata e la conseguente estinzione del rapporto processuale. La Corte ha il potere, in tale ipotesi, di decidere nel merito la controversia accessoria a quella principale, senza limitare la propria cognizione ai tradizionali canoni impugnatori indicato dall’articolo 360, primo comma, cod. proc. civ..
Ritiene la Corte che il diniego opposto dall ‘A mministrazione alla istanza di definizione agevolata sia infondato. I presupposti ai quali l’articolo 6 del d.l. 119/2018 ricollega la definizione agevolata (il tipo di imposta richiesta, i termini per la presentazione dell’istanza e il versamento dell’importo calcolato) sono tutti riscontrabili dalla documentazione in atti e comunque sono incontestati dalla Amministrazione. L’RAGIONE_SOCIALE pone in dubbio l’efficacia della sentenza di primo grado perché la stessa sarebbe «oggetto di un processo penale» nei termini innanzi riportato. Tale vicenda riferita nel diniego non riguarda, tuttavia, la sentenza di secondo grado che vale attualmente a definire il
rapporto processuale tra le parti, ma la sentenza di primo grado, che è stata integralmente riformata e sostituita dalla pronuncia del giudice di appello. A fronte, poi, della formale e incontestata sussistenza dei presupposti per la definizione agevolata, l’esito del processo penale e la stessa revocazione della sentenza di primo grado si prospettano come evenienze del tutto incerte ed eventuali che non valgono a precludere la definizione della lite. L’esito del processo penale non avrebbe alcuna efficacia diretta sulla definizione della presente impugnazione perché la stessa riguarda, giova sottolinearlo, altra e diversa pronuncia. Appare, peraltro, significativo che, decorsi quattro anni dal diniego della definizione agevolata, nulla abbia dedotto l’RAGIONE_SOCIALE circa gli sviluppi della vicenda penale, né può giustificarsi la sospensione non sussistendo nesso di pregiudizialità tra le cause e non essendo stata offerta, decorsi quattro anni, alcuna evidenza della ulteriore pendenza del procedimento penale. In definitiva, dovendosi valutare come illegittimo il diniego opposto dalla RAGIONE_SOCIALE, la definizione agevolata della controversia si è perfezionata con il pagamento dell’importo dovuto e il rapporto processuale tra la RAGIONE_SOCIALE e l’RAGIONE_SOCIALE va dichiarato estinto.
6. Le spese vanno integralmente compensate tra le parti. In ragione della definizione agevolata della controversia, non si ravvisano i presupposti per imporre il pagamento del c.d. doppio contributo unificato, siccome misura applicabile ai soli casi tipici di rigetto, inammissibilità o improcedibilità del gravame e, pertanto, non suscettibile, per la sua natura lato sensu sanzionatoria, di interpretazione estensiva o analogica (tra le tante Cass. 18/01/2022, n. 1420).
P.Q.M.
La Corte, in accoglimento del ricorso proposto avverso il diniego della definizione agevolata della lite proposto ai sensi dell’articolo 6, comma 12, del d.l. 119/2018, dichiara estinto il procedimento;
compensa le spese di lite. Così deciso in Roma, il 20 giugno 2024.