Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4613 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 4613 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 21/02/2025
Estinzione del giudizio per definizione agevolata l. 197/2022-DiniegoRevocazione e ricorso del contribuente-Comma 201 l. 197/2022-Forme-Riunione Definizione agevolata-Calcolo somme versate-Rilevanza del pagamento delle sanzioni in misura ridottasussistenza
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 21846/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato che l a rappresenta e difende;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE già RAGIONE_SOCIALE in persona del l.r.p.t., rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME in forza di procura allegata al controricorso, elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in Roma alla INDIRIZZO;
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 1396/2019 pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale della Liguria pubblicata il 26/11/2019;
nonché
sul ricorso successivo iscritto al n. RG 8750/2024, proposto da RAGIONE_SOCIALE già RAGIONE_SOCIALE in persona del l.r.p.t., rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME in forza di procura allegata al ricorso, elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in Roma alla INDIRIZZO;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , e elettivamente domiciliate in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato che le rappresenta e difende;
–
contro
ricorrente
–
avverso il diniego della definizione agevolata della controversia tributaria emesso dall’Agenzia delle entrate, Direzione provinciale di Genova, notificato a mezzo p.e.c. in data 07/02/2024 nonché per la revocazione del decreto del Presidente della Sezione Tributaria della Corte Suprema di Cassazione n. 31735/2023, pubblicato il 15/11/2023 e comunicato in pari data, con cui è stato dichiarato estinto il processo n. RG 21846/2020;
udita la relazione della causa tenuta nella pubblica udienza del 29/11/2024 dal consigliere dott. NOME COGNOME
udito il sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento dell’istanza di riunione, l’accoglimento dell’istanza di revocazione di Agenzia delle Entrate contro il decreto , il rigetto del ricorso contro il diniego e la pronuncia della inammissibilità del ricorso per cassazione dell’Agenzia delle Entrate;
udito l’avv. NOME COGNOME per l’Avvocatura Generale dello Stato;
udito l’avv. NOME COGNOME per la società RAGIONE_SOCIALE
FATTI DI CAUSA
La Commissione tributaria regionale (CTR) della Liguria accoglieva l’appello della s.rRAGIONE_SOCIALE. RAGIONE_SOCIALE (ora RAGIONE_SOCIALE) contro la sentenza della Commissione tributaria provinciale (CTP) di Genova che ne aveva rigettato il ricorso contro un avviso di accertamento che aveva contestato a fini Ires la deducibilità delle perdite su crediti nei confronti di due società per l’anno di imposta 2014.
Avverso la decisione assunta dalla CTR ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate, affidandosi a due strumenti di impugnazione.
Il ricorso è stato iscritto al n. RG 21846/2020.
Ad esso ha resistito mediante controricorso la società contribuente.
In data 9/10/2023 quest’ultima ha depositato la domanda di definizione agevolata ai sensi dell’art. 1, commi 186 e ss. della legge n. 197 del 2022, chiedendo in data 10/10/2023 l’estinzione del giudizio, deducendo di aver tempestivamente pagato col modello F24 del 5/03/2018 l’importo di euro 45.954,63 per la definizione delle sole sanzioni, ossia ben oltre il 15 per cento dovuto per la definizione della lite, e pertanto di non dover versare alcuna ulteriore somma per la definizione della lite.
Con decreto del Presidente della sezione tributaria n. 31735 pubblicato in data 15/11/2023 è stata dichiarata l’estinzione del giudizio, in considerazione dell’inserimento della controversia nell’elenco previsto dall’art. 40 , comma 3, d.l. n. 13 del 2023, attestante l’avvenuta presentazione della domanda di definizione agevolata ai sensi dell’art. 1, commi 186 e ss., della legge n. 197 del 2022 e l’assenza allo stato di diniego.
In data 8/04/2024 l’Agenzia delle Entrate ha presentato «istanza di revocazione ex lege 197/2022, art. 1, comma 201 del decreto di
estinzione», sul presupposto che in data 7/02/2024 l’Ufficio aveva notificato il diniego della domanda di definizione agevolata, per importo versato inferiore al dovuto, risultando scomputati importi che non costituivano oggetto di causa.
La causa è stata rimessa alla pubblica udienza del 29/11/2024, per la quale entrambe le parti hanno depositato memoria.
Il PM, in persona del sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME ha depositato conclusioni scritte per la riunione del ricorso a quello iscritto al n. 8750/2024 e nel merito per il rigetto del ricorso erariale.
In data 18/04/2024 il contribuente ha iscritto a ruolo il ricorso successivo contro il diniego di definizione agevolata, notificato all’Agenzia delle Entrate il 7/04/2024; il ricorso è stato iscritto al n. 8750/2024.
L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
La causa è stata rimessa alla pubblica udienza del 29/11/2024, per la quale la società ricorrente ha depositato memoria.
Il PM, in persona del sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME, ha rassegnato conclusioni scritte per il rigetto del ricorso contro il diniego di definizione agevolata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, iscritto al n. RG 21846/2020 è affidato a due motivi.
Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., si deduce il vizio di ultrapetizione in cui è incorso il giudice di appello annullando integralmente l’atto impositivo.
Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 101, comma 5, t.u.i.r., e 2697 cod. civ., con riferimento alla ritenuta sussistenza di elementi di certezza e precisione in grado di
legittimare la società contribuente alla rilevazione contabile di una perdita su crediti.
In tale giudizio, iscritto al n. RG 21846/2020, è stato emesso decreto presidenziale di estinzione per intervenuta definizione agevolata, ai sensi dell’art. 1, comma 198, della l. n. 197 del 2022, in base all’inserimento della controversia nell’elenco di cui all’art. 40, comma 3, d.l. n. 13/2023 conv. dalla legge n. 41/2023; l’Agenzia delle Entrate ha depositato istanza di revocazione di tale decreto, ai sensi de ll’art. 1, comma 201, della legge n. 197 del 2022, sul presupposto dell’intervenuto diniego opposto alla definizione.
1.1. Nel giudizio iscritto al n. RG 8750/2024 la società controricorrente ha invece proposto ricorso contro il provvedimento di diniego della definizione agevolata, articolato su cinque motivi (il ricorso è stato poi depositato anche nel fascicolo telematico del giudizio n. 21846/2020).
Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360 , primo comma, n. 3 cod. proc. civ. e rubricato «violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto. Violazione e/o falsa applicazione di legge ex art. 1 comma 196 della legge 29/12/2022 n. 197 ed ex art. 17 del d.lgs. 472/97», il contribuente evidenzia che l’atto impugnato è illegittimo per violazione dell’art. 1, c omma 196, della legge n. 197/2022 laddove ritiene che tra gli importi versati «a qualsiasi titolo in pendenza di giudizio » non rientrino quelli versati per la definizione delle sanzioni ex art. 17, comma 2, d.lgs. n. 472/1997, già versati dalla RAGIONE_SOCIALE richiamando il principio espresso da Cass. n. 2378/2023.
Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ. e rubricato «violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto. Violazione e/o falsa applicazione di legge ex art.1 commi 186, 188 e 196 della legge 29/12/2022 n. 197 ai sensi dell’art. 3, 53 e 97 della Costituzione », il ricorrente assume che
il diniego impugnato sia illegittimo per violazione dell’art. 1, commi 186, 188 e 196 della legge n. 197/2022, interpretati anche alla luce degli artt. 3, 53 e 97 della Costituzione, poiché il contribuente che avesse pagato – pur in misura ridotta – le sanzioni non potrebbe tenerne conto nel calcolo del dovuto e subirebbe trattamento peggiore di chi non ha pagato nulla, poichè entrambi sarebbero tenuti a pagare la stessa somma, e ciò creerebbe una disparità di trattamento.
Con il terzo motivo, proposto ai sensi dell’ art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ. e rubricato «violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto. Violazione e/o falsa applicazione di legge ex art. 7, l. 212/2000 e/o art. 3 l. 241/90 e/o art. 42 dpr 600/73 per difetto di motivazione ed ex art. 10, l. 212/2000 ed ex art. 97 Costituzione per violazione dell’obbligo di leale collaborazione tra fisco e contribuente », la società deduce che il diniego non motiverebbe infatti in relazione alla suddetta pronuncia Cass. n. 2378/2023, con violazione anche dell’obbligo di collaborazione e buona fede tra fisco e contribuente.
Con il quarto motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ. e rubricato «violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto. Violazione e/o falsa applicazione di legge ex art. 19, c. 2 d.lgs. 546/92, art. 3 l. 241/90 ed art. 1, c. 201 l. 197/2022», la società deduce l’illegittimità del diniego in quanto non indica correttamente l’organo giudiziario a cui presentare ricorso avverso lo stesso.
Con il quinto motivo la società deduce sulla revoca del decreto di estinzione ex art. 1, comma 201, della legge n. 197/2022; in particolare chiede, stante il diniego di definizione della lite, in subordine, o come meglio ritenuto, la revoca del decreto di estinzione del processo di cassazione n. R.G. 21846/2020, la fissazione dell’udienza con ogni conseguente statuizione ed il rigetto dell’avverso ricorso.
Occorre preliminarmente disporre la riunione dei due giudizi, poiché la decisione sul diniego di condono si pone in «stretto rapporto di pregiudizialità» rispetto a quella concernente l’atto impositivo.
Infatti, come è stato chiarito dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass., Sez. U., 27/01/2016, n. 1518) il condono fiscale costituisce «una forma atipica di definizione del rapporto tributario, che prescinde da un’analisi delle varie componenti ed esaurisce il rapporto stesso mediante definizione forfettaria e immediata» e, pertanto, la definizione agevolata, incidendo sul rapporto sostanziale e processuale tra il contribuente e il fisco, assume carattere logicamente prevalente su quest’ultimo.
Non conduce invero a conclusioni diverse la parzialmente differente regolamentazione propria della legge n. 197/2022, legge condonistica rilevante nel caso di specie.
2 .1. L’art. 1, commi 186 e ss. , della legge n. 197 del 2022, ha previsto una nuova definizione agevolata delle controversie fiscali, introducendo una disciplina applicabile a tutti i giudizi in corso, siano essi pendenti nei gradi di merito quanto in sede di legittimità, e che non prevede differenze processuali significative a seconda del grado in cui penda la controversia, salvo quanto si dirà.
I commi 197 e 198, della legge n. 197 del 2022, come modificati dall’art. 20, comma 1, lett. c), d.l. n. 34 del 2023, dispongono che il contribuente che intende aderire alla definizione agevolata delle controversie pendenti ha l’onere di depositare, entro il 10 ottobre 2023, «presso l’organo giurisdizionale innanzi al quale pende la controversia, copia della domanda di definizione e del versamento degli importi dovuti o della prima rata» e, in tal caso, «il processo è dichiarato estinto con decreto del presidente della sezione o con ordinanza in camera di consiglio se è stata fissata la data della decisione. Le spese del processo restano a carico della parte che le ha anticipate».
Ai sensi del comma 200 dell’art. 1 cit. «L’eventuale diniego della definizione agevolata deve essere notificato entro il 30 settembre 2024 con le modalità previste per la notificazione degli atti processuali. Il diniego è impugnabile entro sessanta giorni dalla notificazione del medesimo dinanzi all’organo giurisdizionale presso il quale pende la controversia. Nel caso in cui la definizione della controversia è richiesta in pendenza del termine per impugnare, la pronuncia giurisdizionale può essere impugnata dal contribuente unitamente al diniego della definizione entro sessanta giorni dalla notifica di quest’ultimo ovvero dalla controparte nel medesimo termine».
Ai limitati fini del giudizio di cassazione, peraltro, occorre evidenziare la previsione dell’art. 40, comma 3, del d.l. n. 13 del 2023, sopra citato, che dispone che «Al fine di conseguire gli obiettivi di riduzione del numero dei giudizi pendenti dinnanzi alla Corte di Cassazione di cui alla Riforma 1.7 “Giustizia tributaria” della Missione 1, Componente 1, Asse 2, del Piano nazionale di ripresa e resilienza mediante la riduzione dei tempi per la dichiarazione di estinzione dei giudizi di legittimità ai sensi dell’articolo 1, comma 198, della legge 29 dicembre 2022 n. 197 e dell’articolo 391 del codice di procedura civile, l’Agenzia delle entrate, fermi restando gli oneri posti a carico del contribuente, provvede a depositare entro il 31 ottobre 2023 presso la cancelleria della Corte di cassazione un elenco delle controversie per le quali è stata presentata domanda di definizione, con l’indicazione dei relativi versamenti previsti dal comma 197 del medesimo articolo 1».
Il comma 201, infine, prevede che «Per i processi dichiarati estinti ai sensi del comma 198, l’eventuale diniego della definizione è impugnabile dinanzi all’organo giurisdizionale che ha dichiarato l’estinzione. Il diniego della definizione è motivo di revocazione del provvedimento di estinzione pronunciato ai sensi del comma 198 e la revocazione è chiesta congiuntamente all’impugnazione del diniego. Il
termine per impugnare il diniego della definizione e per chiedere la revocazione è di sessanta giorni dalla notificazione di cui al comma 200».
2.2. Questa Corte ha già chiarito che la definizione agevolata in esame, a differenza di quelle previste da leggi antecedenti, determina l’estinzione del giudizio alla sola condizione del deposito della domanda di definizione agevolata e della prova del pagamento di quanto dovuto o della prima rata (Cass. 11/06/2024, n. 16240; Cass. 01/03/2024, n. 5534 ), senza dover attendere il termine assegnato all’Agenzia per la emissione e notificazione del diniego.
Le precedenti disposizioni condonistiche, invece, subordinavano l’estinzione del processo ad una comunicazione dell’ente impositore attestante la regolarità del condono o prevedevano (in tal senso per esempio l’art. 6, comma 10, d.l. n. 119 del 2018) che all’atto del deposito della domanda del contribuente iniziasse a decorrere un periodo di sospensione del processo, all’esito del quale egli poteva vedersi definire la propria domanda tacitamente, ove nessuna parte avesse fatto istanza di trattazione entro il termine, salva la possibilità dell’amministrazione di emettere il diniego, con possibilità in tal caso del contribuente di impugnarlo davanti al medesimo giudice della controversia.
La recentissima Corte Cost. n. 189 del 2024 ha ritenuto non fondate le questioni di legittimità costituzionale, sollevate, in riferimento agli artt. 3, 24, 53 e 111 Cost., dell’art. 1, comma 198, della legge n.197 del 2022, laddove dispone che il processo è dichiarato estinto in caso di deposito di copia della domanda di definizione agevolata e del versamento degli importi dovuti o della prima rata, in quanto frutto di una scelta non irragionevole nell’ottica di favorire l’immediata chiusura delle controversie tributarie pendenti e di incentivare i pagamenti non
ancora eseguiti, ed evidenziando che essa neppure comporta alcun effetto preclusivo del processo.
2.3. Nel giudizio in esame viene in rilievo il connesso tema, determinato dalla previsione della possibile «revocazione» del decreto di estinzione a seguito del diniego di definizione emesso dall’ufficio, revocazione cui il comma 201 attribuisce gli effetti di rimozione del decreto di estinzione e di attivazione della prosecuzione del giudizio sul merito della lite, e del contestuale ricorso del contribuente contro il provvedimento di diniego.
Il testo del comma 201 sul punto è inequivoco; nella sua prima proposizione esso prevede che, ove sia stato emesso provvedimento di estinzione, l’eventuale diniego sia impugnabile davanti allo stesso organo giurisdizionale che l’ha pronunciata; successivamente dispone che il «diniego è motivo di revocazione del provvedimento di estinzione e la revocazione è chiesta congiuntamente all’impugnazione del diniego».
Nel sistema così descritto la revocazione condonistica, pur se rivolta contro un provvedimento idoneo a definire il processo, presenta caratteristiche peculiari in quanto trova il suo presupposto in un atto emesso da una delle parti del giudizio ed è rivolto nei confronti di un provvedimento immune da vizi o comunque adottato in presenza dei presupposti che la legge stessa prevede; essa è finalizzata alla rimozione della dichiarazione di estinzione e a consentire la ripresa del giudizio di impugnazione dell’atto impositivo, ripresa resasi necessaria alla luce dell’intervenuto diniego della definizione agevolata.
Come evidenziato da Corte Cost. n. 189 del 2024, il tenore letterale peraltro non esclude che la stessa amministrazione finanziaria possa attivare il rimedio della revocazione per il caso di diniego, senza attendere le iniziative del contribuente.
La disposizione deve quindi essere letta nel senso che, premesso che il diniego è motivo di revocazione e che l’istanza di revocazione del decreto e l’impugnazione del diniego sono atti diversi, essa si limita a disporre che, ove sia il contribuente a voler contestare il diniego, questi debba proporre congiuntamente al ricorso contro il diniego anche l’istanza di revocazione; la disposizione in realtà quindi esprime due norme, la prima, che configura il diniego come motivo di revocazione (suscettibile di essere fatto valere da entrambe le parti in causa), e la seconda, che attiene al solo caso in cui ad agire sia il contribuente, prevedendo, per questa ipotesi, che l’istanza di revocazione e il ricorso contro il diniego siano proposti congiuntamente, al fine di evitare potenziali conflitti di giudicato e alla luce della stretta connessione esistente tra la domanda di definizione e la lite fiscale già pendente (connessione che è alla base della correlata disposizione che attribuisce al giudice del processo la cognizione anche sul diniego); in sintesi può dirsi che viene estesa la competenza del giudice del processo sul ricorso contro il diniego, già prevista per le altre forme condonistiche, anche al caso in cui tale processo sia stato definito, in virtù dell’innovativo meccanismo sopra descritto.
La Corte Costituzionale nella citata sentenza ha infatti espressamente evidenziato che «la scelta di affidare contestualmente il giudizio di impugnazione del diniego di definizione e la revocazione del provvedimento dichiarativo dell’estinzione alla competenza funzionale del giudice che ha reso quest’ultimo, essendo peraltro le impugnazioni accomunate anche dalla decorrenza del termine di proponibilità, conferma la stretta connessione tra la domanda di definizione e la lite fiscale già pendente, segnato dapprima dall’estinzione del processo per effetto della presentazione della domanda di definizione e del pagamento dell’importo, anche rateale, stabilito e poi, ove necessario, dalla prosecuzione della controversia in
conseguenza del provvedimento di diniego della definizione. Si tratta di scelta che non appare né arbitraria né manifestamente irragionevole attesi gli effetti che sulla sorte del giudizio principale estinto è in grado di dispiegare la soluzione sia dell’impugnativa del diniego di definizione sia della revocazione dell’estinzione stessa. Tale scelta risulta altresì in linea con precedenti interventi legislativi di analoga portata e appare giustificata dalla stretta connessione ravvisabile tra domanda di definizione e controversia pendente (Corte Cost. n. 107 del 2007)».
Le considerazioni sulla natura peculiare della revocazione, l ‘identità di ratio con i precedenti interventi e la circostanza che all ‘ istanza di revocazione sia legittimata anche l’Agenzia delle entrate , inducono a ritenere necessaria la riunione anche tra il giudizio riattivato dall’istanza di revocazione dell’Agenzia delle E ntrate e l’ autonomo giudizio avente ad oggetto il ricorso del contribuente contro il diniego e la contestuale istanza per la revocazione.
Occorre quindi, a questo punto, esaminare prioritariamente il ricorso contro il diniego di definizione agevolata.
Tale ricorso, a fronte del diniego notificato in data 7/02/2024, è tempestivo, in quanto è stato notificato all’Agenzia delle Entrate in data 7/04/2024 e cioè entro il termine previsto dall’art. 1 , comma 201, della legge n. 197/2022.
3.1. I primi due motivi del ricorso contro il diniego, fondati sulla rilevanza da attribuire agli importi versati ai fini della definizione delle sanzioni, vanno esaminati congiuntamente e sono fondati.
Occorre premettere che il diniego fonda sulla considerazione che l’ importo determinato dal contribuente per la definizione in via agevolata della controversia sia inferiore al dovuto, perché risultano scomputati importi (e precisamente gli importi delle somme versate per la definizione delle sole sanzioni ai sensi dell’art. 17 d.lgs. n. 472 del 1997) che non hanno costituito materia del contendere; dovendosi
infatti, ai fini del condono, il valore della causa determinare ai sensi dell’art. 12, comma 2, d. lgs. n. 546 del 1992, l’Agenzia assume che vadano comunque esclusi gli importi che non formano oggetto della materia del contendere, come avviene in caso di contestazione parziale dell ‘ atto impugnato (circolare n. 2/2023 dell’Agenzia delle En trate). Inoltre, come previsto dall ‘ art. 1, comma 196, della citata legge n. 197 del 2022, dagli importi dovuti ai fini della definizione agevolata si scomputano quelli già versati a qualsiasi titolo in pendenza di giudizio, quindi le sole somme scomputabili sono quelle pagate a titolo provvisorio in pendenza del termine per l ‘i mpugnazione dell ‘ atto (art. 15 d.P.R. n. 602 del 1973) e quelle versate a titolo di riscossione frazionata in pendenza del giudizio (art. 68 d.lgs. n. 546 del 1992).
3.2. Sulla questione della rilevanza degli importi versati per la definizione delle sanzioni ai sensi dell’art. 17, comma 2, d.lgs. n. 472 del 1997, quali somme da scomputare ai fini dell’importo da versare per la definizione agevolata, in riferimento a lla previsione dell’art. 6 del d.l. n. 119 del 2018, questa Corte si è già recentemente espressa in senso favorevole (Cass. 25/01/2023, n. 2378) sulla base di un argomento letterale e di uno logico sistematico, con una soluzione pienamente condivisibile e che è valida anche nel sistema della definizio ne agevolata di cui all’art. 1, commi 186 e ss. della legge n. 197 del 2022, identico essendo il tenore letterale delle disposizioni; l’art. 1, comma 196 , della legge n. 197 del 2022 e l’art. 6 , comma 9, del d.l. n. 119 del 2018 prevedono analogamente che «Dagli importi dovuti ai fini della definizione agevolata si scomputano quelli già versati a qualsiasi titolo in pendenza di giudizio».
Sotto il primo profilo si è evidenziato che, a differenza di altre precedenti disposizioni clemenziali o condonistiche, la novella del 2018 (e analogamente quella del 2022) consente di calcolare ai fini della definizione agevolata, tutte le somme comunque («a qualsiasi titolo»)
versate nel corso del giudizio. In quanto lex specialis e posteriore, essa deroga all’altra disposizione premiale, il citato d.lgs. n. 472 del 1997, che consente di definire le sanzioni con un abbuono dei due terzi, rinunciando alla loro ripetizione, concentrando il contenzioso solo sulle imposte. In altri termini, le due disposizioni premiali non sono incompatibili, poiché una contiene l’altra, nel senso che la definizione delle sanzioni di cui al d.lgs. n. 472 del 1997 ha collegamento con la definizione condonistica. Accedendo ai benefici della prima, le somme relative escono dal contenzioso, divenendo definitivamente irripetibili, ma restano sempre somme corrisposte in ragione ed in costanza della controversia che si vuole definire con la procedura condonistica.
Deve infatti essere valorizzata l’espressione testuale del legislatore che ha voluto fossero scomputabili le somme «a qualsiasi titolo» versate in costanza di giudizio e che trovano fondamento sul contenzioso in essere che si vuol definire.
Anche in dottrina si è infatti evidenziato che il cambio espressivo del legislatore è molto marcato ed è oltremodo evidente l’abbandono di qualsiasi riferimento alle disposizioni applicabili alla riscossione in pendenza di giudizio.
All’argomento letterale si affianca l’argomento logico sistematico. Ed infatti, nell’ottica premiale, il contribuente che avesse pagato -pur in misura ridotta- le sanzioni non potrebbe tenerne conto nel calcolo del dovuto e subirebbe trattamento peggiore di chi non ha pagato nulla, poiché entrambi sarebbero tenuti a pagare la stessa somma. La conseguenza palesemente iniqua induce ad escludere tale opzione ermeneutica, dovendosi scegliere la soluzione interpretativa che sia conforme ai canoni costituzionali, nel caso di specie quelli dell’art. 53 e 97 della Carta, specificazioni puntuali del generale principio di eguaglianza -formale e sostanzialedi cui all’art. 3.
Occorre appena precisare che il diniego non fonda sulla circostanza che il pagamento non sia avvenuto in pendenza di causa (dagli atti peraltro emergendo che il pagamento sia avvenuto quando spedito il ricorso) ma sulla circostanza che l’importo non era «più» in contestazione.
Il ricorso contro il diniego va quindi accolto con formulazione del seguente principio di diritto: «ai sensi dell’art . 1, comma 196, della legge n. 197 del 2022, dagli importi dovuti ai fini della definizione agevolata si scomputano quelli già versati a qualsiasi titolo in pendenza di giudizio, ivi compresi gli importi versati per la definizione delle sanzioni ai sensi dell’art. 17, comma 2, d.lgs. n. 472 del 1997 ».
4 . L’accoglimento dei primi due motivi del ricorso contro il diniego comporta l’assorbimento dei residui tre motivi .
Concludendo, revocato il decreto di estinzione, in ragione dell’intervenuto diniego, va accolto il ricorso contro quest’ultimo e, non essendovi ulteriori contestazioni sul punto, va dichiarata l’estinzione del processo per intervenuta definizione agevolata.
Le spese del processo di merito e di legittimità restano a carico delle parti che le hanno anticipate, in forza dell’art. 1, comma 197, della legge n. 197 del 2022.
Le spese del giudizio relativo al diniego di definizione agevolata sono poste a carico della soccombente Agenzia delle Entrate.
Non sussistono i presupposti processuali del raddoppio del contributo unificato sia in ragione della natura del ricorrente principale, parte pubblica difesa dall’Avvocatura dello Stato, sia in ragione dell’esito del giudizio (estinzione).
P.Q.M.
La Corte riunisce il ricorso iscritto al n. 8750/2024 al giudizio iscritto al n. 21846/2020; revoca il decreto n. 31735 del Presidente della sezione tributaria pubblicato in data 15/11/2023; accoglie il ricorso di
RAGIONE_SOCIALE contro il diniego di definizione agevolata notificato in data 7/02/2024; dichiara estinto il processo.
C ondanna l’Agenzia delle Entrate a pagare in favore di RAGIONE_SOCIALE le spese di lite del ricorso contro il diniego, liquidandole in euro 5.600,00 per compensi, spese forfettarie al 15 per cento, oltre 200,00 euro per esborsi ed accessori.
Così deciso in Roma, in data 29 novembre 2024.