Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 6056 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 6056 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 06/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 6536/2015 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, nella persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, presso i cui uffici è elettivamente domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO.
–
ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE, nella persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, anche in via disgiunta, unitamente all’AVV_NOTAIO, con domicilio eletto presso il suo studio sito in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO, giusta procura speciale alle liti conferita a margine del controricorso.
–
contro
ricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del VENETO n. 1665/01/2014, depositata in data 28 ottobre 2014, non notificata; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16 gennaio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
RILEVATO CHE
La Commissione Tributaria Regionale del Veneto, con la sentenza impugnata, in riforma della sentenza di primo grado, accogliendo l’appello principale della RAGIONE_SOCIALE contribuente e rigettando quello incidentale dell’Ufficio, ha annullato l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, con il quale si stabiliva il maggior ricavo da assoggettare a tassazione, per l’anno d’imposta 2004, in euro 20.000,00.
La Commissione tributaria regionale ha rilevato che l’avviso di accertamento in esame era basato esclusivamente sullo scostamento che l’Ufficio aveva rilevato rispetto alle risultanze RAGIONE_SOCIALE studio di settore, mentre era necessario il riscontro di ulteriori prove; peraltro, nel caso in esame, di tenuta regolare della contabilità, dove non era stata contestata una simile violazione, il ricorso all’accertamento induttivo di cui all’art. 39 del d.P.R. n. 600/1973 non poteva neppure giustificarsi; inoltre, la semplice presentazione di una memoria, con la quale la parte aveva anticipato di avere commesso degli errori nella compilazione di alcune parti della dichiarazione, non costituiva un vero e proprio contraddittorio, che aveva il fine di evitare il contenzioso e di trovare un accordo; il giudice di primo grado, in ultimo, non aveva illustrato il processo logico-giuridico con il quale aveva rideterminato i maggiori ricavi nella somma di euro 20.000,00, avendo soltanto affermato che il maggiore imponibile doveva essere quantificato non alla stregua dei maggiori ricavi, ma dal recupero a tassazione dei soli costi spesati da RAGIONE_SOCIALE nel corso del 2004, stabiliti nella somma di euro 20.000,00.
L’RAGIONE_SOCIALE, avverso la superiore sentenza, ha proposto ricorso per cassazione, con atto affidato a tre motivi.
La RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso e memoria.
Con ordinanza interlocutoria n. 32501 del 4 novembre 2022, questa Corte ha rinviato la causa a nuovo ruolo, disponendo la sospensione della controversia fino alla scadenza del termine di cui all’art. 5, comma 7, della legge 31 agosto 2022, n. 130.
CONSIDERATO CHE
Il primo mezzo deduce l’omesso esame di un fatto decisivo che era stato oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., e specificamente dell’inoltro dell’invito a dedurre e della specifica risposta allo stesso, con le memorie prodotte in data 12 novembre 2008, con le quali la RAGIONE_SOCIALE contribuente, che svolgeva attività di elaborazione e registrazione elettronica di dati, non soltanto aveva ammesso numerosi errori nella compilazione di quadri, ma aveva anche preso puntuale posizione sui rilievi fiscali contestati, in seguito ai quali l’Ufficio aveva rielaborato lo studio di settore (TG66U) e diminuito i maggiori ricavi da euro 36.628,00 ad euro 33.053,00.
Il secondo mezzo deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 62 sexies del decreto legge n. 331/1993 e dell’art. 39, comma 1, lett. d), del d.P.R. n. 600/1973, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., avendo la Commissione territoriale affermato che la semplice presentazione di una memoria non poteva avere il pregio di costituire un vero e proprio contraddittorio, rilevando anche sul punto un contrasto giurisprudenziale di cui era stata investita la Cassazione a Sezioni Unite con ordinanza n. 527 del 14 gennaio 2015.
Il terzo mezzo denuncia l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che era stato oggetto di discussione tra le parti, ai sensi
dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., avendo l’Ufficio fornito ampia dimostrazione analitica e giuridica della ricostruzione dei ricavi operati sulla base RAGIONE_SOCIALE ore lavorate e del valore normale RAGIONE_SOCIALE prestazioni gratuite eseguite a favore della RAGIONE_SOCIALE, evidenziando un’omessa fatturazione di corrispettivi, conforme allo scostamento determinato con gli studi di settore; l’Ufficio aveva pure preso in considerazione, nell’atto impositivo, l’importo dei ricavi che la RAGIONE_SOCIALE avrebbe dovuto dichiarare come riaddebito dei costi indebitamente dedotti a conto economico, avendo la RAGIONE_SOCIALE contribuente portato in deduzione i costi sostenuti per fronteggiare le prestazioni fornite alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, nonostante la mancata percezione di compensi; nell’appello incidentale si era dedotto puntualmente che era stata riscontrata una condotta antieconomica ed irragionevole della RAGIONE_SOCIALE accertata, che aveva sottoscritto con la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE un contratto gravoso in termini di costi, nonostante i margini di guadagno apparivano incerti ed eccessivamente aleatori; non era, dunque, vero quanto affermato dalla Commissione territoriale che l’atto impositivo si basava esclusivamente sul dato RAGIONE_SOCIALE scostamento dagli studi di settore.
4. In via preliminare va dato atto che la RAGIONE_SOCIALE dopo avere presentato istanza di sospensione ai sensi dell’art. 5, comma 10, della legge 31 agosto 2022, n. 130, in seguito alla quale questa Corte ha rinviato a nuovo ruolo la causa, con ordinanza n. 32501 del 4 novembre 2022, ha depositato (dopo una istanza di trattazione della causa in data 7 -8 marzo 2023), con modalità informatiche, in data 9 -10 ottobre 2023, istanza di estinzione del giudizio ai sensi dell’art. 1, comma 198, della legge n. 197 del 2022, allegando la domanda di definizione agevolata e la quietanza di ve rsamento dell’importo dovuto pari ad euro 2.839,00 .
4.1 Ai sensi dell’art. 1, commi 197 e 198, della legge n. 197 del 2022, come modificato dall’art. 20, comma 1, lett. c), del decreto legge n. 34
del 2023 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 56 del 2023, il contribuente che intende aderire alla definizione agevolata RAGIONE_SOCIALE controversie pendenti ha l’onere di depositare, entro il 10 ottobre 2023 , « presso l’organo giurisdizionale innanzi al quale pende la controversia, copia della domanda di definizione e del versamento degli importi dovuti o della prima rata » e, in tal caso, « il processo è dichiarato estinto con decreto del presidente della sezione o con ordinanza in camera di consiglio se è stata fissata la data della decisione. Le spese del processo restano a carico della parte che le ha anticipate ».
4.2 Ai sensi dei commi 200 e 201 dell’art. 1 della legge n. 197 del 2022 « L’eventuale diniego della definizione agevolata deve essere notificato entro il 31 luglio 2024 con le modalità previste per la notificazione degli atti processuali. Il diniego è impugnabile entro sessanta giorni dalla notificazione del medesimo dinanzi all’organo giurisdizionale presso il quale pende la controversia. Nel caso in cui la definizione della controversia è richiesta in pendenza del termine per impugnare, la pronuncia giurisdizionale può essere impugnata dal contribuente unitamente al diniego della definizione entro sessanta giorni dalla notifica di quest’ultimo ovvero dalla controparte nel medesimo termine » (comma 200) e « Per i processi dichiarati estinti ai sensi del comma 198, l’eventuale diniego della definizione è impugnabile dinanzi all’organo giurisdizionale che ha dichiarato l’estinzione. Il diniego della definizione è motivo di revocazione del provvedimento di estinzione pronunciato ai sensi del comma 198 e la revocazione è chiesta congiuntamente all’impugnazione del diniego. Il termine per impugnare il diniego della definizione e per chiedere la revocazione è di sessanta giorni dalla notificazione di cui al comma 200» (comma 201)».
Deve, pertanto, essere dichiarata l’estinzione del giudizio.
5.1 Le spese del giudizio estinto restano a carico di chi le ha anticipate.
5.2 L’adesione alla definizione agevolata comporta l’assenza dei presupposti per la condanna al doppio contributo unificato di cui all’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002 (cfr. Cass., 7 dicembre 2018, n. 31732).
P.Q.M.
La Corte dichiara estinto il giudizio. Le spese di lite restano a carico della parte che le ha anticipate. Così deciso in Roma, il 16 gennaio 2024.