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Definizione agevolata: estinzione del processo

Un professionista, sotto accertamento fiscale per maggiori redditi derivanti da indagini bancarie, ha ottenuto l’estinzione del giudizio in Cassazione aderendo alla definizione agevolata. La Corte ha stabilito che il silenzio dell’Agenzia delle Entrate, dopo la presentazione della domanda di definizione e della relativa documentazione, equivale a un’accettazione della correttezza della procedura, portando alla chiusura definitiva del contenzioso.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Definizione agevolata: quando il silenzio del Fisco chiude la lite

La definizione agevolata delle liti fiscali, nota anche come “pace fiscale”, rappresenta uno strumento cruciale per i contribuenti che desiderano chiudere i contenziosi pendenti con l’Amministrazione Finanziaria. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha chiarito un aspetto fondamentale di questa procedura: il valore del silenzio dell’Agenzia delle Entrate a seguito della presentazione della domanda da parte del contribuente. Vediamo come questo principio ha portato all’estinzione di un processo tributario.

I Fatti del Caso: Dall’Accertamento alla Cassazione

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento notificato a un avvocato, con cui l’Agenzia delle Entrate rideterminava il suo reddito per l’anno 2000. L’accertamento si basava su indagini bancarie che avevano rivelato maggiori introiti rispetto a quelli dichiarati. Il professionista impugnava l’atto, ottenendo una prima vittoria davanti alla Commissione Tributaria Provinciale, la quale riteneva l’annualità coperta da un precedente condono tombale.

L’Agenzia delle Entrate proponeva appello, ma la Commissione Tributaria Regionale lo rigettava, spingendo l’Ufficio a ricorrere per Cassazione. Proprio durante lo svolgimento di questo giudizio di legittimità, il contribuente decideva di avvalersi della definizione agevolata prevista dal D.L. n. 119/2018.

La Procedura di Definizione Agevolata e il Silenzio dell’Ufficio

Il contribuente presentava formale istanza per estinguere il giudizio, dimostrando di aver aderito alla procedura speciale. La Corte, per verificare la corretta finalizzazione della pratica, emetteva un’ordinanza interlocutoria con cui richiedeva la documentazione attestante il pagamento dell’intero importo dovuto.

A seguito di tale richiesta, l’Agenzia delle Entrate non presentava alcuna osservazione o contestazione. Questo silenzio è stato l’elemento decisivo per la risoluzione della controversia. La Corte ha infatti applicato un principio consolidato, secondo cui l’inerzia dell’Amministrazione Finanziaria di fronte alla documentazione prodotta dal contribuente per la definizione della lite deve essere interpretata come un’implicita ammissione della correttezza e completezza della procedura.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato estinto il giudizio basandosi su una chiara interpretazione della normativa sulla definizione agevolata. L’art. 6 del D.L. n. 119/2018 stabilisce precise scadenze: l’eventuale diniego della definizione doveva essere notificato al contribuente entro il 31 luglio 2020. Inoltre, in assenza di un’istanza di trattazione della causa presentata da una delle parti entro il 31 dicembre 2020, il processo si estingue automaticamente.

Nel caso specifico, nessuna di queste condizioni si è verificata. Non è stato notificato alcun atto di diniego e nessuna parte ha chiesto la prosecuzione del giudizio. Pertanto, la Corte ha concluso che la procedura di definizione doveva considerarsi perfezionata e la causa estinta. I giudici hanno inoltre precisato che le spese del giudizio restano a carico della parte che le ha anticipate, e che non sussistono i presupposti per il pagamento del cosiddetto “doppio” del contributo unificato, poiché la causa dell’estinzione è sopravvenuta rispetto alla proposizione del ricorso.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione

Questa ordinanza offre importanti spunti pratici per contribuenti e professionisti. In primo luogo, conferma che la definizione agevolata è un percorso efficace per chiudere definitivamente le pendenze fiscali, anche quando il contenzioso è arrivato all’ultimo grado di giudizio. In secondo luogo, e ancora più importante, cristallizza il principio del “silenzio-assenso” dell’Amministrazione Finanziaria in questo contesto. Se il Fisco, una volta ricevuta la domanda e la documentazione di pagamento, non si oppone entro i termini previsti dalla legge, la sua inerzia vale come un’accettazione, consolidando gli effetti della definizione e portando all’estinzione del processo. Si tratta di una garanzia di certezza per il contribuente che decide di avvalersi di questi strumenti deflattivi del contenzioso.

Cosa succede se l’Agenzia delle Entrate non contesta la domanda di definizione agevolata presentata dal contribuente?
Secondo la Corte di Cassazione, il silenzio dell’Amministrazione Finanziaria, a seguito della presentazione della documentazione che prova l’adesione alla definizione, viene interpretato come una conferma della correttezza della procedura, portando al suo perfezionamento.

Quali sono i termini chiave previsti dal D.L. 119/2018 per l’estinzione del giudizio?
La normativa prevedeva due scadenze fondamentali: il 31 luglio 2020, termine ultimo per la notifica di un eventuale diniego da parte dell’Agenzia, e il 31 dicembre 2020, termine entro cui una delle parti avrebbe dovuto chiedere la prosecuzione del processo per evitarne l’estinzione.

In caso di estinzione del giudizio per definizione agevolata, chi paga le spese legali?
Come stabilito dall’ordinanza, in caso di estinzione del giudizio per adesione a una definizione agevolata, le spese processuali restano a carico della parte che le ha sostenute fino a quel momento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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