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Definizione agevolata: estinzione del giudizio

Un contribuente, a seguito di avvisi di accertamento per Irpef, Iva e Irap, ha aderito alla definizione agevolata delle liti pendenti mentre il caso era in Cassazione. La Corte, verificato il corretto perfezionamento della procedura e il mancato diniego da parte dell’Agenzia delle Entrate, ha dichiarato l’estinzione del giudizio senza entrare nel merito della pretesa fiscale.

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Pubblicato il 7 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Definizione Agevolata: Come Estingue il Processo Tributario

La definizione agevolata rappresenta uno strumento cruciale per i contribuenti coinvolti in un contenzioso tributario. Questa procedura, spesso definita ‘pace fiscale’, permette di chiudere le liti pendenti con il Fisco a condizioni vantaggiose. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione illustra perfettamente come l’adesione a questa misura possa portare all’estinzione del giudizio, indipendentemente dal merito della controversia. Analizziamo il caso per comprendere il meccanismo e le sue implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso: Dagli Accertamenti Fiscali al Ricorso in Cassazione

Tutto ha origine da indagini finanziarie nei confronti di una società edile, durante le quali vengono scoperti dodici assegni bancari emessi a favore del titolare di un’impresa individuale di impianti idraulico-sanitari. L’Agenzia delle Entrate, verificando che tali assegni non erano stati registrati nella contabilità del professionista, emetteva avvisi di accertamento per gli anni 2008 e 2009, contestando maggiori ricavi e richiedendo il pagamento di maggiori imposte (Irpef, Iva e Irap).

Il contribuente si difendeva sostenendo che gli assegni non costituivano ricavi non dichiarati, ma erano parte di un accordo di reciproco sostegno finanziario con l’altra impresa, formalizzato da una scrittura privata. Sia la Commissione Tributaria Provinciale che la Commissione Tributaria Regionale accoglievano le ragioni del contribuente, annullando gli atti impositivi. L’Agenzia delle Entrate, non soddisfatta, proponeva ricorso per cassazione.

La Svolta: L’Adesione alla Definizione Agevolata

Mentre il processo pendeva davanti alla Corte di Cassazione, il contribuente decideva di avvalersi della definizione agevolata prevista dall’art. 6 del D.L. n. 119 del 2018. Presentava quindi formale istanza all’Amministrazione finanziaria per chiudere la controversia e provvedeva al pagamento della prima rata richiesta dalla normativa. L’Agenzia delle Entrate riceveva la domanda e l’attestazione di pagamento il 28 maggio 2019.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione non è entrata nel merito della questione, ovvero non ha stabilito se gli assegni costituissero o meno ricavi imponibili. L’attenzione dei giudici si è concentrata esclusivamente sugli effetti procedurali dell’adesione alla definizione agevolata.

La normativa (art. 6, commi 12 e 13, del D.L. 119/2018) stabilisce termini precisi. L’Agenzia delle Entrate aveva tempo fino al 31 luglio 2020 per notificare un eventuale diniego alla definizione. Questo termine è trascorso senza che l’Amministrazione finanziaria comunicasse alcun rigetto. Inoltre, nessuna delle parti ha presentato un’istanza di trattazione del giudizio entro il 31 dicembre 2020.

Al verificarsi di queste condizioni – presentazione della domanda, pagamento degli importi dovuti e mancato diniego dell’Agenzia entro i termini – la legge prevede espressamente l’estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere. La Corte non ha potuto fare altro che prenderne atto e dichiarare formalmente chiuso il processo.

Le Conclusioni: L’Impatto della Definizione Agevolata sul Contenzioso

Questa ordinanza conferma la potenza dello strumento della definizione agevolata. Essa offre al contribuente una via d’uscita certa dal contenzioso, trasformando una lite dall’esito incerto in una procedura amministrativa con regole e scadenze chiare. Una volta che la procedura si perfeziona correttamente, il processo si estingue automaticamente, precludendo ai giudici qualsiasi valutazione sul merito della pretesa fiscale originaria. Per il Fisco, rappresenta un modo per incassare somme in tempi rapidi e ridurre il carico di lavoro degli uffici e dei tribunali. Infine, la decisione stabilisce che, in caso di estinzione, le spese legali restano a carico di chi le ha anticipate, senza alcuna condanna per la controparte.

Cosa succede al processo se un contribuente aderisce alla definizione agevolata e l’Agenzia delle Entrate non risponde entro i termini?
Se l’Agenzia delle Entrate non notifica un provvedimento di diniego entro i termini stabiliti dalla legge (nel caso specifico, il 31 luglio 2020), e non viene presentata istanza di trattazione, il processo si estingue per cessazione della materia del contendere, come previsto dall’art. 6, comma 13, del d.l. n. 119 del 2018.

La Corte di Cassazione ha esaminato se gli accertamenti fiscali fossero corretti nel merito?
No, la Corte non ha esaminato il merito della controversia. L’adesione del contribuente alla definizione agevolata e il conseguente perfezionamento della procedura hanno reso superfluo l’esame dei motivi di ricorso, portando direttamente alla dichiarazione di estinzione del giudizio.

Chi paga le spese legali in caso di estinzione del giudizio per definizione agevolata?
Secondo l’art. 6, comma 13, del d.l. n. 119 del 2018, le spese del giudizio estinto restano a carico della parte che le ha anticipate. Non vi è una condanna alle spese per la parte che sarebbe risultata soccombente nel merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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