Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4310 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5   Num. 4310  Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/02/2024
NOME COGNOME
Presidente – COGNOME.
TANIA COGNOME
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere
Ud. 1/13/02/2024 C.C. PU R.G. 13056/2016 –
Cron. 17987/2019
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
ha pronunciato la seguente sul ricorso n. 13056/2016 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, nella persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, giusta procura speciale alle liti autenticata dal AVV_NOTAIO, in data 11 maggio 2016, n. rep. 3709, in calce al  ricorso  per  cassazione,  dagli  AVV_NOTAIO  NOME  COGNOME  ed  NOME COGNOME,  con  domicilio  eletto  presso  lo  studio  dell’AVV_NOTAIO, in Roma, INDIRIZZO.
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE,  nella  persona  del  Direttore pro  tempore , rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, presso i cui uffici è elettivamente domiciliata, in Roma, INDIRIZZO.
– resistente –
R.G.N. 17987/2019
avverso  la  sentenza  della  Commissione  tributaria  regionale  della EMILIA ROMAGNA, n. 2375/01/15, depositata in data 16 novembre 2015, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13 febbraio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO CHE
La Commissione tributaria provinciale di Rimini, con sentenza n. 23/01/12, depositata il 17 gennaio 2012, aveva accolto il ricorso presentato dalla società RAGIONE_SOCIALE, risultante dalla fusione per incorporazione della società RAGIONE_SOCIALE, avverso la cartella di pagamento n. 137 2011 0003142619000, che, rilevata l’omissione da parte del contribuente della presentazione della dichiarazione annuale IVA per il 2006 (ModNUMERO_DOCUMENTO per il periodo d’imposta 2006), imponeva il pagamento di complessivi euro 155.361,23, dei quali euro 111.281 a titolo di minore credito d’imposta; euro 33.384,30 a titolo di sanzioni ed euro 10.695,73 a titolo di interessi.
La Commissione tributaria regionale ha accolto l’appello proposto dall’Ufficio relativamente alla parte della cartella riguardante le sanzioni (nelle more del giudizio era stata confermata l’esistenza del credito Iva in contestazione), dichiarando legittima la cartella di pagamento limitatamente alle sanzioni irrogate e ritenendo che, in mancanza della dichiarazione annuale ai fini Iva, il contribuente perdeva la facoltà di portare in detrazione il credito di imposta nell’anno successivo, ma non perdeva il diritto al credito maturato, che doveva essere richiesto nei limiti e con le forme previste per la relativa istanza e che, nel caso in esame, la società contribuente, avrebbe dovuto eseguire i dovuti versamenti d’imposta in quanto il credito Iva dell’anno precedente non esisteva, con la conseguenza che l’omissione di versamento era stata
sanzionata legittimamente ai sensi dell’art. 13 del decreto legislativo n. 471 del 1997.
La società RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato a tre motivi.
LRAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE si è costituita al fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa ai sensi dell’art. 370, primo comma, cod. proc. civ..
CONSIDERATO CHE
Il primo motivo deduce l’ illegittimità della sentenza impugnata per violazione  dell’art. 57  del  decreto  legislativo  n. 546/1992,  in relazione  all’art.  360,  primo  comma,  n.  3,  cod.  proc.  civ.,  per  la illegittima  introduzione  da  parte  dell’Ufficio,  soltanto  in  grado  di appello, della  domanda subordinata di autonoma sopravvivenza della sanzione, nonostante l’avvenuto riconoscimento del credito d’imposta in contestazione.
Il secondo motivo deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 13 del decreto legislativo n. 471/1997 e degli artt. 3 e 5 del decreto legislativo n. 472/1997, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., sul riconoscimento della debenza della sanzione nonostante l’avvenuto riconoscimento da parte dell’ufficio del credito di imposta in contestazione. La Commissione tributaria regionale aveva violato l’art. 13 del decreto legislativo n. 471/1997, che circoscriveva l’applicazione della sanzione al caso in cui vi fossero effettivamente somme da versare all’Erario (ritardati od omessi versamenti diretti) e, sotto altro profilo, aveva esteso l’applicazione dell’art. 13 citato anche all’ipotesi in cui nessun versamento dovesse essere effettuato, violando i principi di legalità e di colpevolezza previsti rispettivamente dagli artt. 3 e 5 del decreto legislativo n. 472/1997.
Il terzo motivo deduce l’illegittimità della sentenza per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. e specificamente sulla circostanza che nessun versamento diretto di imposta era stato omesso dalla ricorrente, trattandosi nella fattispecie di «minor credito» d’imposta, e che, anche se il credito d’imposta non fosse stato spettante, non si sarebbe dovuto effettuare alcun «versamento diretto» perché la società si sarebbe trovata «a credito», seppure per minori importi. La società ricorrente ha depositato, in data 5 febbraio 2024, giusta ricevuta di avvenuta consegna in atti, nota con allegata la domanda di definizione agevolata presentata ai sensi della legge n. 197/2022, dalla quale emerge che la definizione si è perfezionata con la sola
presentazione della domanda, non risultando importi da versare.
4.1 Ai sensi dell’art. 1, commi 197 e 198, della legge n. 197 del 2022, come modificato dall’art. 20, comma 1, lett. c), del decreto legge n. 34 del 2023 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 56 del 2023, il contribuente che intende aderire alla definizione agevolata RAGIONE_SOCIALE controversie pendenti ha l’onere di depositare, entro il 10 ottobre 2023 , « presso l’organo giurisdizionale innanzi al quale pende la controversia, copia della domanda di definizione e del versamento degli importi dovuti o della prima rata » e, in tal caso, « il processo è dichiarato estinto con decreto del presidente della sezione o con ordinanza in camera di consiglio se è stata fissata la data della decisione. Le spese del processo restano a carico della parte che le ha anticipate ».
4.2 Ai sensi dei commi 200 e 201 dell’art. 1 della legge n. 197 del 2022 « L’eventuale diniego della definizione agevolata deve essere notificato entro il 31 luglio 2024 con le modalità previste per la notificazione degli atti processuali. Il diniego è impugnabile entro sessanta giorni dalla notificazione del medesimo dinanzi all’organo giurisdizionale presso il quale pende la controversia. Nel caso in cui la definizione della controversia è richiesta in pendenza del termine per impugnare, la
pronuncia giurisdizionale può essere impugnata dal contribuente unitamente al diniego della definizione entro sessanta giorni dalla notifica di quest’ultimo ovvero dalla controparte nel medesimo termine » (comma 200) e « Per i processi dichiarati estinti ai sensi del comma 198, l’eventuale diniego della definizione è impugnabile dinanzi all’organo giurisdizionale che ha dichiarato l’estinzione. Il diniego della definizione è motivo di revocazione del provvedimento di estinzione pronunciato ai sensi del comma 198 e la revocazione è chiesta congiuntamente all’impugnazione del diniego. Il termine per impugnare il diniego della definizione e per chiedere la revocazione è di sessanta giorni dalla notificazione di cui al comma 200» (comma 201)».
Deve, pertanto, essere dichiarata l’estinzione del giudizio .
5.1 Le spese del giudizio estinto restano a carico di chi le ha anticipate.
5.2 L’adesione  alla  definizione  agevolata  comporta  l’assenza  dei presupposti per la condanna al doppio contributo unificato di cui all’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002 (cfr. Cass., 7 dicembre 2018, n. 31732).
P.Q.M.
La Corte dichiara estinto il giudizio. Le spese di lite restano a carico della parte che le ha anticipate.
Così deciso in Roma, in data 13 febbraio 2024.