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Definizione agevolata: estinzione del giudizio

Una società ha impugnato un avviso di accertamento per la tassa sui rifiuti (TARSU), sostenendo di non essere più detentrice dei locali. Tuttavia, aderendo a una definizione agevolata del debito, la Corte di Cassazione ha dichiarato l’estinzione del giudizio. La Corte ha stabilito che l’adesione alla sanatoria fiscale costituisce una rinuncia implicita al ricorso, terminando così la controversia legale.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Definizione Agevolata: Come Sancisce la Fine del Contenzioso Tributario

La scelta di aderire a una definizione agevolata dei debiti fiscali, comunemente nota come ‘pace fiscale’ o ‘rottamazione’, non è una decisione priva di conseguenze sul piano processuale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione chiarisce in modo inequivocabile che tale adesione implica una rinuncia al contenzioso pendente, portando all’estinzione del giudizio. Questo principio è stato applicato in un caso riguardante il mancato pagamento della TARSU (tassa sui rifiuti) da parte di una società.

I Fatti del Caso

Una società in accomandita semplice (S.a.s.) ha ricevuto un avviso di accertamento dal Comune di Acquaviva delle Fonti per il mancato pagamento della TARSU relativa agli anni dal 2007 al 2011. La società si è opposta, sostenendo di non essere più il soggetto passivo del tributo a partire dal maggio 2007, data in cui aveva concesso in affitto il proprio ramo d’azienda, comprensivo dei locali tassati, a un’altra società.

Nonostante il contratto di affitto, la società originaria non aveva mai presentato la prescritta ‘denuncia di cessazione’ della detenzione dei locali, un adempimento formale richiesto dalla normativa sulla TARSU. Inoltre, né la nuova società affittuaria né quella originaria avevano versato il tributo per gli anni in contestazione. Per questi motivi, la Commissione tributaria regionale aveva respinto l’appello della società, confermando la sua responsabilità per il pagamento.

La Scelta Strategica della Definizione Agevolata

Di fronte alla decisione sfavorevole, la società ha presentato ricorso in Corte di Cassazione. Tuttavia, durante il corso del giudizio di legittimità, ha compiuto una mossa decisiva: ha aderito alla definizione agevolata dei carichi iscritti a ruolo, prevista dal D.L. n. 119 del 2018. Ha quindi pagato le somme dovute secondo il piano di rateizzazione previsto dalla procedura e ha chiesto alla Corte di dichiarare l’estinzione del giudizio.

Questa scelta ha spostato il focus della controversia dal merito della pretesa tributaria (chi doveva pagare la TARSU?) alle conseguenze processuali della sanatoria fiscale.

le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2265/2024, ha accolto la richiesta della ricorrente, dichiarando l’estinzione del giudizio. Il ragionamento dei giudici si basa su un principio consolidato: la dichiarazione di adesione alla definizione agevolata contiene un impegno implicito ma inequivocabile del contribuente a rinunciare ai giudizi pendenti relativi ai carichi definiti.

In altre parole, presentando la domanda di ammissione alla procedura, il contribuente manifesta la volontà di chiudere ogni controversia con il Fisco su quel debito specifico. Questa manifestazione di volontà è incompatibile con la prosecuzione del processo. La Corte ha sottolineato che la pronuncia di estinzione è la conseguenza diretta della rinuncia, che a sua volta deriva dall’impegno assunto con l’adesione alla sanatoria.

Per quanto riguarda le spese legali, la Corte ha stabilito la compensazione tra le parti. Questo significa che, in caso di estinzione del giudizio per cessata materia del contendere a seguito di sanatoria, ogni parte si fa carico delle proprie spese legali sostenute fino a quel momento. Infine, la Corte ha chiarito che non sussistono i presupposti per il versamento del ‘doppio contributo unificato’, una sanzione prevista in caso di rigetto o inammissibilità dell’impugnazione, data la natura eccezionale di tale misura.

le conclusioni

Questa sentenza offre un importante insegnamento pratico per contribuenti e professionisti. L’adesione a una definizione agevolata è uno strumento efficace per risolvere i debiti fiscali, ma comporta la contestuale rinuncia a far valere le proprie ragioni in sede giudiziaria. È una scelta strategica che deve essere ponderata attentamente: da un lato si ottiene uno sconto su sanzioni e interessi, dall’altro si perde la possibilità di ottenere un annullamento totale del debito in tribunale. La decisione della Cassazione conferma che le due strade – quella del contenzioso e quella della sanatoria – sono mutualmente esclusive.

Cosa comporta l’adesione a una definizione agevolata per un processo tributario in corso?
L’adesione a una definizione agevolata comporta la rinuncia al ricorso pendente e, di conseguenza, l’estinzione del giudizio. La domanda di ammissione alla procedura è considerata una manifestazione inequivocabile della volontà di porre fine alla controversia legale.

Se un giudizio si estingue a causa di una definizione agevolata, chi paga le spese legali?
In caso di estinzione del giudizio per questa ragione, le spese legali vengono compensate tra le parti. Ciò significa che ogni parte sostiene i costi del proprio avvocato e le spese che ha anticipato durante il processo, come stabilito dall’art. 46, comma 3, del D.Lgs. n. 546/1992.

È dovuto il pagamento del doppio del contributo unificato se il ricorso viene dichiarato estinto per adesione a una sanatoria?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che, trattandosi di estinzione del giudizio e non di rigetto, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione, non ricorrono i presupposti per l’applicazione della sanzione processuale del versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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