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Definizione agevolata: estinzione del giudizio

Un contribuente, dopo aver perso nei primi due gradi di giudizio contro un accertamento fiscale basato su indagini finanziarie, ha aderito alla definizione agevolata durante il ricorso in Cassazione. La Corte ha dichiarato estinto il giudizio per cessata materia del contendere, escludendo il raddoppio del contributo unificato.

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Pubblicato il 18 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Definizione agevolata: La via per estinguere il contenzioso in Cassazione

L’adesione a una definizione agevolata rappresenta uno strumento cruciale per i contribuenti che intendono chiudere le pendenze con il Fisco. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce gli effetti di tale scelta sul processo tributario in corso, anche quando questo è giunto al suo ultimo grado di giudizio. Vediamo come la scelta di sanare la propria posizione possa portare all’estinzione del giudizio con importanti conseguenze su spese e sanzioni accessorie.

Il caso: dall’accertamento al ricorso in Cassazione

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento notificato dall’Agenzia delle Entrate a un contribuente per l’anno d’imposta 2005. L’atto impositivo si fondava su indagini finanziarie condotte sui conti correnti intestati al contribuente e a un suo familiare, dalle quali l’Ufficio desumeva, in via presuntiva, maggiori ricavi non dichiarati.

Il contribuente ha impugnato l’atto prima dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale e poi in appello presso la Commissione Tributaria Regionale. Entrambi i gradi di giudizio di merito si sono conclusi con un esito sfavorevole, confermando la legittimità dell’operato dell’amministrazione finanziaria. In particolare, i giudici regionali hanno ritenuto irrilevanti le contestazioni sulla presunta illegittimità delle indagini bancarie, affermando la validità dell’accertamento. Avverso tale decisione, il contribuente ha proposto ricorso per Cassazione.

La svolta: l’adesione alla definizione agevolata

Durante la pendenza del giudizio di legittimità, le parti hanno compiuto un passo decisivo. Con un’istanza congiunta, hanno comunicato alla Corte l’avvenuta adesione del contribuente alla definizione agevolata prevista dall’art. 6 del d.l. n. 193 del 2016, con il conseguente pagamento di quanto dovuto. Questa mossa ha cambiato radicalmente le sorti del processo, facendo venir meno l’oggetto stesso della contesa.

Le parti hanno quindi chiesto alla Corte di dichiarare l’estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha accolto la richiesta delle parti, dichiarando estinto il giudizio. Il ragionamento dei giudici si fonda sull’applicazione combinata dell’art. 6 del d.l. n. 193/2016 e dell’art. 46 del d.lgs. n. 546/1992, che disciplinano appunto la cessazione della materia del contendere nel processo tributario. L’adesione del contribuente alla sanatoria e il relativo pagamento hanno, di fatto, risolto la lite, rendendo inutile una pronuncia sul merito del ricorso.

La Corte ha poi affrontato due aspetti consequenziali di grande rilevanza pratica:

1. Spese di giudizio: In applicazione delle stesse norme sulla definizione agevolata, la Corte ha stabilito che le spese del giudizio di legittimità restano a carico della parte che le ha anticipate. Ciò significa che non vi è una condanna alle spese a carico di una delle parti, ma ciascuna sopporta i propri costi.

2. Raddoppio del Contributo Unificato: Aspetto ancora più significativo, i giudici hanno escluso l’applicabilità dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115/2002. Tale norma prevede l’obbligo per il ricorrente, in caso di rigetto, inammissibilità o improponibilità del ricorso, di versare un’ulteriore somma pari al contributo unificato già pagato. La Corte ha chiarito che, trattandosi di una pronuncia di estinzione e non di una delle ipotesi citate, e data la natura sanzionatoria e di stretta interpretazione della norma, l’obbligo di pagamento aggiuntivo non sussiste.

Le conclusioni

Questa ordinanza conferma un principio fondamentale: la definizione agevolata è uno strumento efficace non solo per sanare un debito fiscale, ma anche per porre fine a un contenzioso pendente a condizioni vantaggiose. L’estinzione del giudizio che ne consegue evita al contribuente sia il rischio di una decisione sfavorevole nel merito, sia l’onere di costi accessori significativi come la condanna alle spese legali e il raddoppio del contributo unificato. La decisione ribadisce che le norme sanzionatorie, come quella sul doppio contributo, devono essere interpretate restrittivamente e non possono essere estese a casi, come l’estinzione, non espressamente previsti dalla legge.

Se un contribuente aderisce a una definizione agevolata durante un ricorso in Cassazione, cosa succede al processo?
Il processo viene dichiarato estinto per “cessazione della materia del contendere”, poiché l’accordo tra il contribuente e l’amministrazione finanziaria fa venir meno l’oggetto della lite.

In caso di estinzione del giudizio per definizione agevolata, chi paga le spese legali?
Secondo la Corte, per effetto delle previsioni normative sulla definizione agevolata, le spese del giudizio di legittimità restano a carico della parte che le ha anticipate. In pratica, ogni parte paga le proprie.

Il ricorrente deve pagare il cosiddetto “raddoppio del contributo unificato” se il giudizio si estingue per definizione agevolata?
No. La Corte ha stabilito che l’obbligo di versare un’ulteriore somma pari al contributo unificato non si applica, perché la pronuncia è di estinzione e non di rigetto, inammissibilità o improponibilità del ricorso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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