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Definizione agevolata: estinzione del giudizio

La Corte di Cassazione ha dichiarato estinto un giudizio tributario relativo a un avviso di accertamento per redditi non dichiarati. Durante il processo, il contribuente ha presentato istanza di definizione agevolata ai sensi del D.L. 119/2018, provvedendo ai relativi versamenti. Poiché l’Amministrazione Finanziaria non ha notificato alcun diniego entro i termini di legge e nessuna parte ha chiesto la prosecuzione del giudizio, la Corte ha confermato il perfezionamento della procedura e la conseguente estinzione della controversia.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Definizione Agevolata: Quando il Silenzio del Fisco Estingue il Processo

La definizione agevolata delle liti pendenti, introdotta dal D.L. n. 119/2018, rappresenta uno strumento cruciale per cittadini e imprese che desiderano chiudere definitivamente i contenziosi con l’Amministrazione Finanziaria. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito l’efficacia di questa procedura, chiarendo come il silenzio dell’Ufficio, unito al corretto adempimento da parte del contribuente, porti inesorabilmente all’estinzione del giudizio. Analizziamo insieme questo importante caso.

I Fatti del Caso: Dall’Accertamento alla Cassazione

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento notificato a un professionista per l’anno d’imposta 1998. L’Agenzia Fiscale, sulla base di indagini bancarie, aveva rideterminato il reddito del contribuente, contestando maggiori introiti.

Il professionista aveva impugnato l’atto, ottenendo una prima vittoria in Commissione tributaria provinciale, che aveva ritenuto l’annualità coperta da un precedente condono. L’Amministrazione Finanziaria, tuttavia, non si era arresa e aveva proposto appello. La Commissione tributaria regionale, però, aveva dichiarato inammissibile il ricorso dell’Ufficio.

La controversia è così giunta dinanzi alla Corte di Cassazione, su ricorso dell’Agenzia.

La Svolta: L’Istanza di Definizione Agevolata

Nelle more del giudizio di legittimità, il contribuente ha colto l’opportunità offerta dalla normativa sulla pace fiscale, presentando domanda per la definizione agevolata della controversia. A tal fine, ha dimostrato di aver presentato la dichiarazione di definizione e, a seguito di un’ordinanza interlocutoria della stessa Corte, ha integrato la documentazione comprovante il versamento dell’intero importo richiesto dall’Ufficio per perfezionare la procedura.

Questo passaggio si è rivelato decisivo. Il contribuente ha adempiuto a tutti gli oneri previsti dalla legge per accedere al beneficio, ponendo le basi per l’estinzione del giudizio.

Le Motivazioni della Corte: Come la Definizione Agevolata Porta all’Estinzione del Processo

La Corte di Cassazione ha dichiarato estinto il giudizio, basando la sua decisione su una precisa sequenza logico-giuridica prevista dall’art. 6 del D.L. n. 119/2018.

I giudici hanno osservato che il contribuente aveva correttamente presentato la domanda e i relativi pagamenti. L’Amministrazione Finanziaria, dal canto suo, aveva una finestra temporale precisa, fino al 31 luglio 2020, per notificare un eventuale diniego della definizione. Tale diniego, nel caso di specie, non è mai stato comunicato.

La norma (comma 13 dell’art. 6) prevede inoltre che, in assenza di un’istanza di trattazione presentata da una delle parti entro il 31 dicembre 2020, il processo viene dichiarato estinto. Poiché nessuna delle parti si è attivata in tal senso, la Corte non ha potuto fare altro che prendere atto del perfezionamento della definizione agevolata e dichiarare la fine della controversia.

Il silenzio dell’Agenzia Fiscale, unito all’inerzia delle parti nel richiedere la prosecuzione del giudizio, ha assunto valore di assenso, rendendo la causa estinta di diritto. In merito alle spese legali, la Corte ha stabilito che, in caso di estinzione per questa causa, ciascuna parte sostiene le proprie.

Conclusioni

Questa ordinanza conferma la forza e l’efficacia della definizione agevolata come strumento per deflazionare il contenzioso tributario. La decisione sottolinea un principio fondamentale: una volta che il contribuente adempie correttamente agli obblighi previsti dalla legge per la sanatoria, l’inerzia dell’Amministrazione Finanziaria nel contestare la procedura entro i termini perentori stabiliti dal legislatore consolida gli effetti della definizione. Per i contribuenti, si tratta di una garanzia di certezza del diritto e di una via d’uscita concreta da liti che possono durare anni, a condizione di rispettare scrupolosamente i passaggi e le scadenze previste dalla normativa.

Cosa succede se un contribuente chiede la definizione agevolata e l’Agenzia delle Entrate non risponde entro i termini?
Se l’Amministrazione Finanziaria non notifica un provvedimento di diniego entro il termine previsto dalla legge (nel caso specifico, il 31 luglio 2020), la definizione si considera perfezionata, a condizione che il contribuente abbia adempiuto a tutti gli obblighi richiesti.

Chi paga le spese legali se il giudizio si estingue per definizione agevolata?
Secondo quanto stabilito dalla normativa e confermato dalla Corte, le spese del giudizio estinto restano a carico della parte che le ha anticipate. Non vi è una condanna alle spese per la parte soccombente.

Per evitare l’estinzione del processo, è sufficiente che l’Agenzia neghi la definizione agevolata?
No. Dopo la presentazione della domanda di definizione, se una parte vuole proseguire il giudizio, deve presentare un’apposita istanza di trattazione entro un termine specifico (in questo caso, il 31 dicembre 2020). In mancanza di tale istanza da parte di chiunque vi abbia interesse, il processo è dichiarato estinto, anche in presenza di un diniego.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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