Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 2193 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 2193 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/01/2024
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
ha pronunciato la seguente sul ricorso n. 2251/2016 proposto da:
COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, giusta procura in calce al ricorso per cassazione, con domicilio eletto presso lo studio RAGIONE_SOCIALE, in Roma, alla INDIRIZZO.
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, nella persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, presso i cui uffici è elettivamente domiciliata, in Roma, INDIRIZZO.
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della CAMPANIA, n. 5713/15, depositata in data 12 giugno 2015, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17 gennaio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO CHE
COGNOME NOME , titolare di un’impresa di vendita al dettaglio di carburante per autotrazione con stazione di servizio, aveva proposto ricorso avverso l’avviso di accertamento, relativo all’anno 2006, con il quale l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE aveva calcolato , ai sensi dell’art. 39, comma primo, lett. d), del d.P.R. n. 600 del 1973, i ricavi, applicando al costo della merce venduta una percentuale di ricarico del 4,49% (rispetto a quella applicata pari al 2,91%), con conseguente rideterminazione del reddito complessivo ai fini Irpef ed Irap e un maggior volume d’affari ai fini Iva .
La Commissione tributaria provinciale di Salerno, con sentenza n. 146/6/12 del 10 maggio 2012, aveva accolto parzialmente il ricorso, rideterminando i ricavi applicando il ricarico al 3,50%, da ritenersi equo e congruo in base agli sconti praticati ad alcuni clienti.
La Commissione tributaria regionale, adita da entrambe le parti, ha rigettato l’appello principale della contribuente ed ha accolto l’appello incidentale dell’Ufficio, con conseguente conferma dell’avviso di accertamento impugnato.
I giudici di secondo grado, in particolare, hanno affermato la legittimità dell’accertamento posto in essere dall’Ufficio e il comportamento antieconomico della contribuente desunta dalla obiettiva irrisorietà della percentuale di ricarico applicata dalla contribuente (pari al 2,91%), confermato anche dallo stesso assunto difensivo che aveva messo in evidenza l’aumento del fatturato e
l’esigenza di salvaguardare la posizione lavorativa dell’unico dipendente ; né l’onere probatorio che incombeva sulla contribuente poteva ritenersi assolto con la mera evocazione di una pratica complessiva e generalizzata degli sconti, perché prospettiva di carattere RAGIONE_SOCIALE e comunque non documentata sotto il profilo quantitativo, atteso che le singole misure di sconto non apparivano idonee a giustificare il complessivo abbattimento della percentuale di ricarico applicata; inoltre, la riduzione meramente equitativa della percentuale di ricarico, operata dai giudici di primo grado era ingiustificata, atteso il riferimento a talune ipotesi di sconto praticate a favore di alcuni clienti, pratica di per sé diffusa e sempre ricorrente e, in ogni caso, insufficiente da sola a giustificare il significativo scostamento dalle precedenti annualità (nel 2002 pari a 4,49%, nel 2003 pari a 5,85%, nel 2004 pari a 5,71 %).
NOME ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato a tre motivi.
L’RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
CONSIDERATO CHE
1. Il primo mezzo deduce , in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 39, comma 1, lett. d), del d.P.R. n 600 del 1973 e dell’art. 54 del d.P.R. n. 633 del 1972. La Commissione tributaria regionale, nell’affermare che l’ applicazione della percentuale di ricarico del 4,49% induceva a determinare ricavi accertati in euro 1.287.656,00 e maggiori ricavi in euro 20.191,00, era incorso in errore, in quanto l’ ammontare complessivo del fatturato per un distributore di carburanti era determinato dal costo della materia prima che, per i prodotti petroliferi, soggiaceva alla valutazione del mercato mondiale del greggio. Il Giudice dell’appello aveva dato prova di non aver bene
compreso le regole del mercato, ed in particolare, di quello petrolifero tanto da giungere a conclusioni abnormi.
Il secondo mezzo deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 39, comma 1, lett. d), del d.P.R. n 600 del 1973 e dell’art. 54 del d.P.R. n. 633 del 1972. La Commissione tributaria regionale aveva ritenuto legittimo l’accertamento sul presupposto che sarebbe risultato inverosimile che, pur in presenza di obiettive difficoltà economiche, il dipendente, per di più cognato, potesse guadagnare più dell’azienda stessa. La prova dell’antieconomicità veniva proprio dalla chiusura del distributore e dalla circostanza più volte rappresentata che la ricorrente, per le sue necessità familiari, poteva fare fronte anche con il reddito del marito, a cui si era aggiunto quello, seppur diminuito, dell’impresa dalla stessa gestita. 3. Il terzo mezzo deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., dell’art. 39, comma 1, lett. d), del d.P.R. n 600 del 1973 e dell’art. 54 del d.P.R. n. 633 del 1972, anche in relazione all’art. 116 cod. proc. civ. La ricorrente avev a prodotto una serie di dichiarazioni sostitutive di atti di notorietà di alcuni clienti i quali avevano dichiarato di aver ricevuto sconti sul prezzo notoriamente consigliato dalle compagnie petrolifere; il giudice dell’appello aveva commesso un errore di valutazione RAGIONE_SOCIALE prove fornite, in quanto le dichiarazioni rappresentavano, fino a querela di falso, la prova RAGIONE_SOCIALE sconto praticato e per la generalità della clientela e non solo per alcuni, con conseguente onere della prova
contraria a carico dell’RAGIONE_SOCIALE.
In via preliminare va dato atto che la ricorrente ha depositato, con modalità informatiche, memoria, con la quale ha chiesto dichiararsi l’improcedibilità del ricorso e/o l’estinzione del giudizio per sopravvenuta carenza di interesse, con spese compensate, e, in via subordinata, l’accoglimento del ricorso, con l’annullamento
dell’avviso di accertamento impugnato, rappresentando che l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Entrata aveva iscritto a ruolo gli importi accertati dalla sentenza di secondo grado e la società RAGIONE_SOCIALE aveva emesso un’unica cartella esattoriale n . NUMERO_CARTA, sia con riferimento all’avviso di accertamento oggetto del ricorso n. 2251 del 2016 (relativo all’anno 2006), sia con riferimento all’avviso di accertamento oggetto del ricorso n. 2253 del 2016 (relativo all’anno 2005); la ricorrente aveva presentato domanda di agevolazione ai sensi del decreto legge n. 193 del 2016, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 225 del 2016, e la società RAGIONE_SOCIALE, con nota prot. n. AT 10090201702380014101, aveva accordat o l’agevolazione comunicando il debito oggetto di definizione e gli importi rateizzati da pagare, tutti regolarmente corrisposti, giusta n. 5 ricevute di pagamento ed interrogazione dell’11 gennaio 2004, in atti (cfr., nota rif. AT 10090201702380014101 di RAGIONE_SOCIALE; interrogazione RAGIONE_SOCIALE dell’11 gennaio 2024; n. 5 ricevute di pagamento; cartella esattoriale n. NUMERO_CARTA, in allegato).
4.1 Questa Corte ha ritenuto che in presenza della dichiarazione del debitore di avvalersi della definizione agevolata, con impegno a rinunciare al giudizio, ai sensi dell’art. 6 del decreto legge n. 193 del 2016, questo deve essere dichiarato estinto, ex art. 391 cod. proc. civ., rispettivamente per rinuncia del debitore, qualora egli sia ricorrente, anche ove questi non abbia poi espressamente rinunciato al giudizio pendente, in quanto l’attestazione di ammissione alla procedura di cui all’art. 6 del decreto legge n. 193 del 2016, costituisce inequivoca rinuncia al ricorso (in tal senso, Cass., 23 giugno 2021, n. 17915), oppure perché ricorre un caso
di estinzione ex lege, qualora egli sia resistente o intimato (Cass., 7 aprile 2023, n. 9535).
4.2 Deve essere, pertanto, dichiarata l’estinzione del giudizio in quanto la ricorrente ha aderito alla definizione agevolata di cui all’art. 6 del decreto legge n. 193 del 2016 e si è impegnata a rinunciare ai giudizi pendenti, come attestato nell’istanza di estinzione datata 11 gennaio 2024.
4.3 Le spese dell’intero giudizio vanno poste a carico della parte che le ha anticipate, come disposto dall’art. 46, comma 3, del decreto legislativo n. 546/1992 (Cass., 31 marzo 2023, n. 9088).
4.4 L’adesione alla definizione agevolata comporta l’assenza dei presupposti per la condanna al doppio contributo unificato di cui all’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002 (cfr. Cass., 7 dicembre 2018, n. 31732).
P.Q.M.
La Corte dichiara estinto il giudizio ai sensi dell’art. 6 del decreto legge n. 193 del 2016, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 225 del 2016.
Spese a carico della parte che le ha anticipate. Così deciso in Roma, in data 17 gennaio 2024.