Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3452 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 3452 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 11/02/2025
NOME
-intimato- per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia n. 2575/2020 depositata in data 25/11/2020, non notificata;
udita la relazione tenuta nell’adunanza camerale del 16 gennaio 2025 dal consigliere dott. NOME COGNOME
RAGIONE_SOCIALE – Reddito di partecipazione del socio – Definizione agevolata della società – Insussistenza presupposto impositivo nei confronti del socio- Esclusione
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15324/2021 R.G. proposto da AGENZIA DELLE RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato ed elettivamente domiciliata presso la sede della medesima in Roma alla INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME impugnava davanti alla CTP di Taranto l’avviso di accertamento con il quale l’Agenzia delle Entrate di Taranto aveva accertato nei suoi confronti maggior imposta Irpef per l’anno 2002 in conseguenza della distribuzione degli utili, in misura del 50%, accertati nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE con distinto avviso di accertamento.
La CTP di Taranto accoglieva il ricorso in considerazione della sentenza emessa dalla stessa Commissione con la quale era stato accolto il ricorso della società.
L’Agenzia delle Entrate appellava la sentenza e la CTR, nella contumacia del contribuente, rigettava l’appello evidenziando che con decreto 20/09/2013 il Presidente della CTR, in relazione all’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate contro la sentenza resa in merito all’avviso di accertamento della società, su conforme richiesta dell’ufficio, aveva dichiarato estinto il giudizio per cessata materia del contendere in quanto la società aveva presentato regolare istanza di definizione di lite pendente ai sensi dell’art. 39, comma 12, del d.l. n. 98 del 2011 effettuando il pagamento integrale di quanto dovuto; pertanto, non sussistendo un valido accertamento nei confronti della società, andava confermata l’impugnata sentenza avente ad oggetto l’accertamento nei confronti del socio.
Contro tale decisione propone ricorso l’ Agenzia delle entrate sulla base di due motivi.
Il contribuente, cui il ricorso è stato notificato a mezzo posta, con atto ritirato in data 25/06/2021, non svolge attività difensiva.
Il giudizio è stato fissato per l’adunanza camerale del 16/01/2025.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Occorre premettere che del ricorso è stata tentata la notifica in data 25/05/2021 all’indirizzo di residenza del contribuente indicato
negli atti di causa, tentativo di notifica non andato a buon fine, per irreperibilità del destinatario, di cui alla distinta del 5/06/2021; per cui l’Agenzia ha rinnovato la notifica, sempre a mezzo del servizio postale, in data 18/06/2021, presso la residenza del contribuente, notificazione conclusasi con ritiro dell’atto in data 25/06/2021.
La notificazione deve considerarsi quindi validamente effettuata in virtù del principio espresso da Cass., Sez. U., 15/07/2016, n. 14594 secondo cui in caso di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, questi, appreso dell’esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria deve riattivare il processo notificatorio con immediatezza e svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento ossia senza superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati all’art. 325 cod. proc. civ. salvo circostanze eccezionali di cui stata prova rigorosa; il richiedente, dunque, ha il preciso onere di riprendere il procedimento notificatorio nella metà dei termini di cui a tale ultima disposizione ossia per quanto concerne il ricorso per cassazione in 30 giorni, il che è nel caso di specie avvenuto.
Con il primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., l’Agenzia delle entrate deduce la violazione e falsa applicazione dell’articolo 39, comma 12, del decretolegge n. 98 del 2011, avendo la CTR errato laddove ha ritenuto che l’adesione da parte della società alla definizione agevolata comportasse il venir meno del presupposto impositivo per la rettifica del reddito di partecipazione nei confronti del socio, non essendo la definizione agevolata né una forma di autotutela amministrativa né una modalità di annullamento dell’atto, potendo quindi i fatti portati a fondamento dell’accertamento societario continuare a fondare l’accertamento rivolto verso il socio, in applicazione della presunzione di distribuzione degli utili extracontabili.
2.1. Il motivo è fondato, avendo la CTR deciso in difformità rispetto a quanto espresso più volte da questa Corte e riconducibile al principio in forza del quale « l’ adesione alla definizione agevolata da parte della società a ristretta base non determina la cessazione del presupposto impositivo dell’accertamento nei confronti dei soci, cui l’amministrazione abbia ritenuto distribuiti gli utili ».
Giova in generale rammentare che con le (plurime ipotesi di) disposizioni condonistiche fiscali dettate dal legislatore – integranti sistemi compiuti di natura eccezionale, derogatori dei principi generali in materia – si incide sui debiti tributari dei contribuenti attraverso una forma atipica di definizione del rapporto tributario, «nella prospettiva di recuperare risorse finanziarie e di ridurre il contenzioso, non già in quella di accertamento dell’imponibile», risiedendo dunque l’elemento di atipicità dei condoni nella regolazione della obbligazione tributaria a prescindere dall’accertamento dell’imponibile, per finalità deflattive e di bilancio (così Cass., Sez. U., 06/07/2017, n. 16692).
Se la definizione della lite non spiega rilevanza sull’accertamento dell’imponibile, essa non comporta altresì alcuna preclusione all’esercizio del potere-dovere di accertamento dell’amministrazione finanziaria nei confronti del socio, titolare di una distinta ed autonoma soggettività fiscale rispetto all’ente collettivo: poiché l’adesione al beneficio condonistico costituisce esercizio di libera determinazione dei contribuenti, rimessa al personale apprezzamento di ciascuno di essi, va dunque affermata l’irrilevanza, ai fini IRPEF, del condono fruito dalla società rispetto ai soci che abbiano scelto di non avvalersi di esso, sicché l’Ufficio non è tenuto ad adeguare il reddito da partecipazione dei soci a quello – rideterminato in base al condono – della società.
Sono principi ben presenti nell’elaborazione della giurisprudenza di legittimità, limpidamente affermati da Cass. 15/07/2020, n. 15076, riferita a società di persone: «l’avviso di accertamento emesso nei
confronti della società e quello conseguenziale emesso nei confronti dei soci mantengono la propria autonomia; e, con riferimento all’autonomo avviso di accertamento emesso ai fini IRPEF nei confronti del socio, non è consentito invocare la sussistenza del presupposto, costituito dalla richiesta di definizione agevolazione della lite fatta dalla società, atteso che, nonostante il modello unitario di rettifica, la pretesa tributaria si esplica nella specie con una duplicità di avvisi, diretti a soggetti diversi (società e soci) e per imposte differenti, sì che il condono fiscale ottenuto da una società di persone non estende automaticamente i suoi effetti nei confronti dei singoli soci, riguardo ai quali l’ufficio conserva il potere di procedere ad accertamento; e sono i singoli soci tenuti a presentare eventuali autonome istanze per potersi avvalere del beneficio del condono fiscale» (nello stesso senso, Cass. 20/07/2016, n. 14858; Cass. 26/03/2014, n. 7134; Cass. 23/01/2002, n. 757).
Tali principi sono altresì operanti ed applicabili anche a vicende (analoghe a quella dedotta in controversia) relative a società di capitali a ristretta base azionaria, come espressamente chiarito da Cass. 13/01/2016, n. 386 e da Cass. 24/12/2020, n. 29503 secondo cui la presunzione di attribuzione pro quota ai soci, nel corso dello stesso esercizio annuale, degli utili extra bilancio prodotti da società di capitali a ristretta base azionaria non viene meno in ipotesi di presentazione di domanda di condono da parte della società, essendo questa ed il socio titolari di posizioni fiscali distinte e indipendenti.
Non sussiste, in tale circostanza, dunque alcun rapporto di pregiudizialità necessaria tra accertamento a carico del socio ed a carico della società, ben potendo dunque notificarsi avviso di accertamento del maggior reddito da partecipazione nei confronti del socio di società di capitali a ristretta base, anche in caso di condono della società, i cui effetti preclusivi non si estendono ai soci, stante la distinta soggettività e posizione fiscale di questi ultimi. Le risultanze
della verifica nei confronti della società potranno dunque ben essere poste a fondamento dell’accertamento nei confronti dei soci, in relazione alla rideterminazione del relativo reddito da partecipazione.
Pure in tal caso opererà dunque la presunzione di distribuzione di utili e l’eventuale maggior reddito accertato a carico dell’ente collettivo, ripercuotendosi sul reddito da partecipazione del socio, comporterà per costui l’onere di contestare non solo la presunzione, ma pure le risultanze della verifica e la rideterminazione del reddito della società effettuato dall’Ufficio.
Il motivo è quindi fondato a va quindi accolto.
Il secondo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., con cui l’Agenzia deduce violazione e falsa applicazione degli articoli 2697, 2727 e 2729 cod. civ, e degli articoli 44 e 45 t.u.i.r., è espressamente proposto come subordinato e può essere quindi dichiarato assorbito , alla luce dell’accoglimento del primo motivo.
Accolto il ricorso, la sentenza va quindi cassata.
La causa va rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, in diversa composizione, che dovrà decidere secondo il principio per cui « l’ adesione alla definizione agevolata da parte della società a ristretta base , ai sensi dell’art. 39 , comma 12, del d.l. n. 98 del 2011, conv. dalla l. n. 111 del 2011, non determina la cessazione del presupposto impositivo dell’accertamento nei confronti dei soci, cui l’amministrazione abbia ritenuto distribuiti gli utili ».
Alla Corte di giustizia si demanda altresì di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo del ricorso, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata, rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo
grado della Puglia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma in data 16 gennaio 2025.