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Definizione agevolata e fine del processo tributario

Un contribuente, dopo aver ricevuto un avviso di accertamento e aver perso nei primi due gradi di giudizio, ricorre in Cassazione. Nel frattempo, aderisce alla definizione agevolata, pagando quanto dovuto. La Corte Suprema dichiara estinto il processo, stabilendo che la presentazione della domanda di definizione agevolata e della relativa documentazione equivale a una rinuncia implicita ma inequivocabile al ricorso pendente.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Definizione Agevolata: Quando Presentare la Domanda Estingue il Processo

La scelta di aderire a una definizione agevolata durante un contenzioso tributario ha conseguenze procedurali precise. Con l’ordinanza in esame, la Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: presentare la domanda di sanatoria e la relativa documentazione in giudizio equivale a una rinuncia implicita al ricorso, portando all’estinzione del processo. Analizziamo insieme questa importante decisione.

Il caso: dall’accertamento al ricorso in Cassazione

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento per maggiori redditi relativi all’annualità 2008, notificato a un contribuente. Quest’ultimo impugnava l’atto impositivo, ma il suo ricorso veniva respinto sia dalla Commissione Tributaria Provinciale (CTP) che dalla Commissione Tributaria Regionale (CTR).

Non arrendendosi, il contribuente proponeva ricorso per cassazione. Tuttavia, nelle more del giudizio di legittimità, decideva di avvalersi della procedura di definizione agevolata introdotta dal d.l. n. 148/2017. Depositava quindi in giudizio tutta la documentazione attestante l’avvenuta presentazione della domanda, i relativi pagamenti rateali e gli estratti di ruolo, chiedendo alla Corte di dichiarare l’estinzione del processo per cessazione della materia del contendere.

L’adesione alla definizione agevolata e l’estinzione del giudizio

La Corte di Cassazione ha accolto la richiesta del ricorrente, dichiarando estinto il giudizio. La decisione si fonda sull’interpretazione degli effetti che l’adesione a una sanatoria fiscale produce sul processo in corso. Secondo i giudici, il comportamento del contribuente è stato inequivocabile.

Presentando la domanda di definizione agevolata, procedendo ai pagamenti e depositando tutta la documentazione, il contribuente ha manifestato chiaramente la volontà di rinunciare alla lite. Questo atto, anche se comunicato dal difensore privo di una procura specifica per la rinuncia, è stato considerato sufficiente a integrare l’adempimento dell’impegno a rinunciare al giudizio, come previsto dalla normativa sulla definizione agevolata stessa.

Le motivazioni: la rinuncia implicita al ricorso

Il cuore della motivazione risiede nel valore attribuito alla presentazione della documentazione relativa alla definizione agevolata. La Corte, richiamando un suo precedente orientamento (Cass. n. 24083/2018), ha stabilito che tale condotta costituisce una manifestazione di volontà chiara e inequivocabile.

Non è necessaria una formale dichiarazione di rinuncia. La richiesta di dichiarare cessata la materia del contendere, supportata dalle prove dell’avvenuta adesione alla sanatoria, è sufficiente per considerare adempiuto l’obbligo di abbandonare il giudizio. L’adesione alla definizione agevolata e la prosecuzione del processo sono, infatti, due percorsi logicamente incompatibili.

Inoltre, la Corte ha specificato che, poiché l’estinzione del processo non deriva dal rigetto del ricorso ma da un motivo sopravvenuto (la legge di sanatoria), non si applica il raddoppio del contributo unificato. Si tratta di un aspetto importante, che evita un ulteriore onere economico per il contribuente che ha scelto la via della conciliazione.

Le conclusioni: implicazioni pratiche per i contribuenti

L’ordinanza offre due importanti indicazioni pratiche per i contribuenti e i loro difensori. In primo luogo, conferma che l’adesione a una definizione agevolata è un atto che chiude definitivamente la porta al contenzioso pendente. La presentazione della documentazione in giudizio non è una mera formalità, ma l’atto conclusivo che determina l’estinzione del processo. In secondo luogo, chiarisce che l’estinzione per questa causa non comporta sanzioni processuali, come il raddoppio del contributo unificato, incentivando di fatto il ricorso a strumenti deflattivi del contenzioso.

Presentare domanda di definizione agevolata equivale a rinunciare al ricorso?
Sì, secondo la Corte di Cassazione, la presentazione della domanda di definizione agevolata, unita ai relativi pagamenti e alla produzione della documentazione in giudizio, manifesta in modo inequivocabile la volontà di rinunciare al ricorso, adempiendo all’impegno assunto con la domanda stessa.

È necessaria una procura speciale all’avvocato per comunicare in giudizio l’avvenuta definizione agevolata?
No, la Corte ha ritenuto che la comunicazione da parte del difensore, anche se privo di un’apposita procura, sia sufficiente per attestare l’avvenuta definizione e chiedere la cessazione della materia del contendere, in quanto adempimento di un impegno già assunto dal contribuente con la domanda di sanatoria.

Se il processo si estingue per definizione agevolata, si deve pagare il doppio del contributo unificato?
No. La Corte ha chiarito che, poiché l’estinzione del giudizio dipende da motivi sopravvenuti (la legge di condono) e non dall’esito del ricorso introduttivo, non sussistono i presupposti per il pagamento del raddoppio del contributo unificato, previsto invece in caso di rigetto o inammissibilità dell’impugnazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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