Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 10200 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 10200 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: CORTESI NOME
Data pubblicazione: 17/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso n.r.g. 12932/2016, proposto da:
NOME COGNOME rappresentato e difeso, per procura speciale in calce al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la quale è domiciliata a ROMA, in INDIRIZZO
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 4879/2015 della Commissione tributaria regionale della Lombardia, depositata il 12 novembre 2015; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20 marzo 2025 dal consigliere dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
NOME COGNOME ha impugnato con ricorso per cassazione la sentenza in epigrafe, con la quale la C.T.R. della Lombardia ha accolto parzialmente il suo appello principale e l’appello incidentale dell’Agenzia delle entrate avverso la decisione resa dalla C.T.P. di Milano, in controversia per impugnazione di due avvisi di accertamento.
Con tali atti impositivi l’Amministrazione aveva ripreso a tassazione, a fini Irpef per gli anni 2007 e 2008, maggiori redditi accertati con metodo sintetico a carico del contribuente, in particolare rilevando la sussistenza di elementi sintomatici quali il costo per abitazioni principali e secondarie, le spese per il godimento di autoveicoli e il costo di mantenimento di un’imbarcazione a motore.
Il ricorso sviluppa cinque motivi. L’Amministrazione finanziaria ha depositato controricorso.
Considerato che:
Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 12, comma 3, 18, comma 3 e 53 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in relazione all’omesso rilievo di inammissibilità del gravame erariale, per non essere stato il relativo atto sottoscritto da persona munita del relativo potere.
Il secondo mezzo denunzia violazione dell’art. 38 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione alla mancata considerazione, da parte dei giudici d’appello, dei disinvestimenti effettuati dal
contribuente negli anni antecedenti al 2007 e dell’effettiva entità dei redditi dichiarati nel medesimo periodo.
Con il terzo motivo il ricorrente denunzia violazione degli artt. 112 e 115 cod. proc. civ. in relazione alla statuizione concernente il motivo di gravame con il quale egli aveva contestato il metodo di rideterminazione del reddito imponibile adottato dai giudici di primo grado.
Con il quarto motivo, denunziando violazione degli artt. 2697 e 2727 cod. civ. e dell’art. 38 del d.P.R. n. 600/1973, il ricorrente censura il punto della decisione oggetto del precedente mezzo di ricorso, evidenziandone altresì il contrasto con le disposizioni evocate.
Infine, con il quinto motivo, il ricorrente assume che la C.T.R. avrebbe reso, nel medesimo punto della decisione, una statuizione ultra petita , con conseguente violazione degli artt 112 e 115 cod. proc. civ.
Occorre preliminarmente rilevare che il 10 giugno 2019 il ricorrente ha depositato nota con la quale ha dato atto di aver presentato domanda di definizione agevolata della controversia relativamente ad entrambi gli avvisi impugnati, provvedendo al versamento degli importi dovuti, e contestualmente formulato istanza di sospensione del giudizio fino al 31 dicembre 2020, ai sensi dell’art. 6 del d.l. n. 119/2018.
L’istanza è stata corredata dalla copia della domanda datata 31 maggio 2019, relativa ad entrambi gli avvisi di accertamento -uno dei quali risulta identificato, per mero errore materiale, con il numero T9D013B05990 anziché con il numero corretto T9D01B045990, ma appare coincidere per il resto con l’atto impositivo effettivamente impugnato -e dalle copie del versamento degli importi dovuti.
A fronte di ciò, l’Ufficio non ha notificato (entro il 31 luglio 2020) il diniego della definizione di cui al comma 12 del citato art. 6, essendosi limitato a comunicare che la definizione della domanda -peraltro identificata rispetto a un solo atto impositivo, con numero completamente diverso e riferita a un giudizio di ‘revocazione’ della sentenza d’appello era stata oggetto di diniego.
Nessuna delle parti, poi, ha depositato, entro il 31 dicembre 2020, l’ istanza di trattazione , integrandosi così la condizione prevista dall’art. 6, comma 13, del d.l. n. 119/2018 per l’estinzione del giudizio.
Può, pertanto, dichiararsi l’estinzione del processo ai sensi dell’art. 6, comma 13, del d.l. 119/2018; le spese restano a carico delle parti che le hanno anticipate.
Non si fa luogo alla declaratoria di cessazione della materia del contendere in difetto della prova del pagamento di tutte le rate.
Non ricorrono, infine, i presupposti, ai sensi dell’articolo 13 comma 1quater del d.P.R. n. 115/2002, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, trattandosi di misura la cui natura eccezionale, in quanto sanzionatoria, impedisce ogni estensione interpretativa oltre i casi tipici del rigetto, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione (Cass. n. 23175/2015).
P.Q.M.
La Corte dichiara l’estinzione del giudizio. Spese a carico delle parti che le hanno anticipate. Così deciso in Roma, il 20 marzo 2025.