Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5911 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5   Num. 5911  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 05/03/2025
Estinzione per definizione agevolata art. 1 commi 186 ss. Legge n.197/22- Diniego definizione-Istanza revocazioneOneri dell’RAGIONE_SOCIALE -Ricorso successivo contro il diniegoPrincipio di diritto
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 8229/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE,  in  persona  del  Direttore pro  tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del l.r.p.t., rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO,  in  forza  di  procura  speciale  allegata  al controricorso, elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’AVV_NOTAIO;
-controricorrente e ricorrente incidentalenonchè
COGNOME NOME, DI COGNOME NOME, COGNOME NOME
-intimati – avverso  la  sentenza  della  Commissione  tributaria  regionale  della Campania, sezione staccata di Salerno, n. 10142/2018 depositata in data 23/11/2018;
nonché
sul ricorso successivo proposto da
RAGIONE_SOCIALE, in persona del  l.r.p.t.,  COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, tutti rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO, in forza di  procura  speciale  allegata  al  ricorso,  elettivamente  domiciliati  in Roma alla INDIRIZZO;
-ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore ;
-intimataavverso il diniego di definizione agevolata emesso con provvedimento n. NUMERO_DOCUMENTO_1992, notificato a mezzo PEC in data 12.02.2024, e in pari data per i soci della Società con nn. AGEDP-AV_15088_2024_1992, AGEDP-AV_15092_2024_1992, AGEDP-AV_15091_2024_1992 e per la revocazione del decreto di estinzione n. 31000 del Presidente della sezione, pubblicato in data 7/11/2023; udita la relazione della causa tenuta nella pubblica udienza del 29/11/2024 dal consigliere AVV_NOTAIO NOME COGNOME; udito il AVV_NOTAIO che ha concluso per l’accoglimento dei ricorsi avverso il diniego di definizione agevolata, il rigetto del ricorso per revocazione contro il decreto di estinzione;
udito  l’AVV_NOTAIO  per  l’Avvocatura  Generale  dello Stato; udito l’AVV_NOTAIO per la parte contribuente.
FATTI DI CAUSA
Il giudizio ha origine ne ll’emissione, da parte dell’Ufficio, dell’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO a carico della società RAGIONE_SOCIALE per l’anno 2012 ai fini Irap e d egli avvisi nei confronti dei soci ai fini RAGIONE_SOCIALE imposte sui redditi per la corrispondente quota di partecipazione (recanti i nn. NUMERO_DOCUMENTO, NUMERO_DOCUMENTO, NUMERO_DOCUMENTO) per la medesima annualità; gli accertamenti erano fondati sui seguenti rilievi: a) riqualificazione RAGIONE_SOCIALE spese di pubblicità, totalmente deducibili, in spese di rappresentanza, deducibili solo in parte, per euro 45.025,70; b) non inerenza dei costi riportati nella fattura n. prot. 2/2013 emessa dalla società RAGIONE_SOCIALE, per mancanza di documentazione, per euro 9.680,00.
Contro tali avvisi i contribuenti proponevano distinti ricorsi che, previa riunione, erano accolti dalla Commissione tributaria provinciale (CTP) di Avellino.
 La  Commissione  tributaria  regionale  della  Campania,  sezione staccata di Salerno (CTR), rigettava l’appello erariale .
In particolare , rigettata l’originaria doglianza di nullità degli avvisi per difetto di delega del firmatario degli stessi, doglianza pure accolta dai primi giudici, i giudici d’appello nel merito evidenziavano che, per quanto riguardava le spese di pubblicità, l’appello conteneva nuove e quindi inammissibili motivazioni dell’accertamento (antieconomicità RAGIONE_SOCIALE spese sostenute anziché riqualificazione RAGIONE_SOCIALE spese di pubblicità quali spese di rappresentanza); per quanto riguardava invece la deducibilità del costo della prestazione fornita da RAGIONE_SOCIALE condividevano le argomentazioni dei primi giudici poiché erano stati
depositati  la  fattura  NUMERO_DOCUMENTO,  il  contratto,  la  programmazione pubblicitaria del 2012 e la pubblicità esposta nei carrelli della spesa dei cRAGIONE_SOCIALEi commerciali.
Contro tale decisione propone ricorso per cassazione l ‘ RAGIONE_SOCIALE, sulla base di due motivi.
La società resiste con controricorso e propone ricorso incidentale condizionato affidato a un motivo.
Sono  rimasti  intimati  NOME,  NOME  e  NOME  COGNOME.
In data 10/03/2023 l’RAGIONE_SOCIALE ha depositato istanza di trattazione evidenziando di aver emesso diniego avverso la domanda di definizione agevolata presentata ai sensi della legge n. 130 del 2022.
 In  data  4/09/2023  la  società  e  i  soci  hanno  depositato  le domande di definizione agevolata ai sensi dell’art. 1, commi 186 e ss. , della legge n. 197 del 2022, chiedendo l’estinzione del giudizio .
Con decreto del Presidente della sezione tributaria n. 31000/2023 è stata dichiarata l’estinzione del giudizio, in considerazione dell’inserimento della controversia nell’elenco previsto dall’art.  40 ,  comma  3, d.l.  n.  13  del  2023,  attestante  l’avvenuta presentazione della domanda di definizione agevolata ai sensi dell’art. 1, commi 186 e ss., della legge n. 197 del 2022 e l’assenza allo stato di diniego.
 In  data  12/04/2024 l’RAGIONE_SOCIALE  ha presentato «istanza  di  revocazione ex  lege 197/2022,  art.  1,  comma  201  del decreto  di  estinzione»,  sul  presupposto  che  in  data  12/02/2024  e 20/02/ 2024 l’Ufficio ha notificato il diniego della domanda di definizione agevolata.
 In  data  17/04/2024  i  contribuenti,  società  e  soci,  hanno depositato ricorso contro il diniego di definizione agevolata, notificato
in data 11/04/2024 all’RAGIONE_SOCIALE, la quale in relazione ad esso non ha svolto difese scritte.
La causa è stata rimessa alla pubblica udienza del 29/11/2024, per la quale è stata depositata memoria da parte dei contribuenti.
Il PM, in persona del AVV_NOTAIO,  ha  rassegnato  conclusioni  scritte  per l’accoglimento  del ricorso contro il diniego di definizione agevolata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il  ricorso principale dell’RAGIONE_SOCIALE è affidato a due motivi.
Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., si deduce vio lazione e falsa applicazione dell’art. 57 del d.lgs. n. 546 del 1992 ; l’RAGIONE_SOCIALE censura la statuizione della CTR che ha ritenuto che le argomentazioni dedotte in appello (antieconomicità RAGIONE_SOCIALE spese) configurassero motivi nuovi rispetto a quelli fondanti l’accertamento (la riqualificazione della spese di pubblicità in spese di rappresentanza, per mancanza di un nesso diretto di relazione tra lo sponsor e l’attività di impresa) e quindi inammissibili; deduce che non poteva in tal caso parlarsi di motivi nuovi in quanto si era limitata ad evidenziare che il proprio assunto era corroborato dallo scarso ritorno economico RAGIONE_SOCIALE spese stesse.
Con  il  secondo  motivo, proposto  ai  sensi  dell’a rt.  360,  primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la difesa erariale deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 109 del t.u.i.r. e dell’art. 2697 c od. civ. nonché dell’art. 115 c od. proc. civ.; nel censurare la statuizione relativa alla ripresa del costo con la RAGIONE_SOCIALE, evidenzia che la documentazione prodotta  (fattura  e  preventivo  sottoscritto)  non  sia idonea a provare l ‘ effettività e l ‘ inerenza del costo.
Il ricorso incidentale condizionato della società è affidato a un motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc.
civ., con cui si deduce la violazione dell’art. 42, comma 3, d.P.R. n. 600 del  1973,  e  si  censura  la  sentenza  della  CTR  laddove  ha  ritenuto fondato l’appello (e infondato il ricorso originario) in merito alla nullità degli avvisi firmati da funzionari in forza di deleghe impersonali, prive del nominativo del soggetto delegato.
Il ricorso contro il diniego di definizione agevolata è affidato a due motivi.
Con il primo motivo si deduce violazione o falsa applicazione degli artt. 1, comma 198, della legge n. 197 del 2022 e 391 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.; si chiede la cassazione dei dinieghi di definizione impugnati per violazione o falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE norme indicate in quanto, a seguito del deposito, in data 7/11/2023, del decreto di estinzione del giudizio e nonostante l’avvertimento di cui all’art. 391 cod. proc. civ. sulla facoltà della parte interess ata di chiedere la fissazione dell’udienza, l’RAGIONE_SOCIALE non si è avvalsa di tale facoltà, favorendo l’estinzione del processo a seguito del controllo della Corte: i ) sulla regolare presentazione dell’istanza di definizione agevolata della lite pendente; ii ) sul regolare e rituale versamento dell’importo dovuto per effetto della presentazione della predetta istanza (nel caso de quo in unica soluzione); iii ) sull’assenza di alcun diniego al perfezionamento della predetta istanza.
Con  il  secondo  motivo  si  deduce  violazione  o  falsa  applicazione dell’art. 1, commi 186 e 200 , della legge n. 197 del 2022, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.; i ricorrenti censurano i  dinieghi  di  definizione  opposti dall’Ufficio,  in  quanto  non  solo  la disciplina in esame non opera alcun riferimento, nemmeno indiretto, all’esclusione di istanze di definizione agevolata in relazione all’accertamento di condotte penalmente rilevanti dell’ organo
giudicante,  ma,  inoltre,  ricorrerebbe  la  evidente  inammissibilità  del ricorso per revocazione presentato dall’Ufficio.
Occorre per motivi di ordine logico esaminare prioritariamente il ricorso contro i dinieghi, affidato a due motivi.
La decisione sul diniego di condono si pone in «stretto rapporto di pregiudizialità» rispetto a quella concernente l’atto impositivo. Infatti, come è stato chiarito dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza 27/01/2016, n. 1518, il condono fiscale costituisce «una forma atipica di definizione del rapporto tributario, che prescinde da un’analisi RAGIONE_SOCIALE varie componenti ed esaurisce il rapporto stesso mediante definizione forfettaria e immediata» e, pertanto, la definizione agevolata, incidendo sul rapporto sostanziale e processuale tra il contribuente e il fisco, assume carattere logicamente prevalente su quest’ultimo».
Non conduce invero a conclusioni diverse la parzialmente differente regolamentazione propria della legge condonistica rilevante nel caso di specie, la legge n. 197/2022, alla luce RAGIONE_SOCIALE considerazioni che saranno sviluppate nell’esame del primo motivo del ricorso successivo contro il diniego e alla luce della espressa previsione dell’art. 1, comma 201, che attribuisce la cognizione sul diniego al giudice che ha pronunciato l’estinzione .
Ciò premesso il ricorso contro il diniego deve essere respinto.
4.1.  Con  il  primo  motivo i  ricorrenti  attribuiscono  all’A genzia  un comportamento  viziante  il  condono,  non  aver  presentato  istanza  ai sensi  dell’art.  391  cod.  proc.  civ.,  favorendo  l’estinzione  a  seguito dell’accertamento della Corte sulla sussistenza dei relativi presupposti; pertanto,  secondo  l’assunto  difensivo,  l’estinzione  sarebbe  ormai definitivamente perfezionata.
Il motivo è infondato.
4.1.1. L’art. 1, commi 186 e ss., della legge n. 197 del 2022, ha previsto  una  nuova  definizione  agevolata  RAGIONE_SOCIALE  controversie  fiscali,
introducendo una disciplina applicabile a tutti i giudizi in corso, siano essi pendenti nei gradi di merito quanto in sede di legittimità, e che non prevede differenze processuali significative a seconda del grado in cui penda la controversia, salvo quanto si dirà.
I commi 197 e 198, della legge n. 197 del 2022, come modificati dall’art. 20, comma 1, lett. c), d.l. n. 34 del 2023, dispongono che il contribuente che intende aderire alla definizione agevolata RAGIONE_SOCIALE controversie pendenti ha l’onere di depositare, RAGIONE_SOCIALEo il 10 ottobre 2023, «presso l’organo giurisdizionale innanzi al quale pende la controversia, copia della domanda di definizione e del versamento degli importi dovuti o della prima rata» e, in tal caso, «il processo è dichiarato estinto con decreto del presidente della sezione o con ordinanza in camera di consiglio se è stata fissata la data della decisione. Le spese del processo restano a carico della parte che le ha anticipate».
Ai sensi del comma 200 dell’art. 1 cit. «L’eventuale diniego della definizione agevolata deve essere notificato RAGIONE_SOCIALEo il 30 settembre 2024 con le modalità previste per la notificazione degli atti processuali. Il diniego è impugnabile RAGIONE_SOCIALEo sessanta giorni dalla notificazione del medesimo dinanzi all’organo giurisdizionale presso il quale pende la controversia. Nel caso in cui la definizione della controversia è richiesta in pendenza del termine per impugnare, la pronuncia giurisdizionale può essere impugnata dal contribuente unitamente al diniego della definizione RAGIONE_SOCIALEo sessanta giorni dalla notifica di quest’ultimo ovvero dalla controparte nel medesimo termine».
Ai limitati fini del giudizio di cassazione, peraltro, occorre evidenziare la previsione dell’art. 40, comma 3, del d.l. n. 13 del 2023, sopra  citato,  che  dispone  che  «Al  fine  di  conseguire  gli  obiettivi  di riduzione  del  numero  dei  giudizi  pendenti  dinnanzi  alla  Corte  di Cassazione di cui alla Riforma 1.7 “Giustizia tributaria” della Missione 1, Componente 1, Asse 2, del Piano nazionale di ripresa e resilienza
mediante la riduzione dei tempi per la dichiarazione di estinzione dei giudizi di legittimità ai sensi dell’articolo 1, comma 198, della legge 29 dicembre 2022 n. 197 e dell’articolo 391 del codice di procedura civile, l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, fermi restando gli oneri posti a carico del contribuente, provvede a depositare RAGIONE_SOCIALEo il 31 ottobre 2023 presso la cancelleria della Corte di cassazione un elenco RAGIONE_SOCIALE controversie per le quali è stata presentata domanda di definizione, con l’indicazione dei relativi versamenti previsti dal comma 197 del medesimo articolo 1».
Il comma 201, infine, prevede che «Per i processi dichiarati estinti ai sensi del comma 198, l’eventuale diniego della definizione è impugnabile dinanzi all’organo giurisdizionale che ha dichiarato l’estinzione. Il diniego della definizione è motivo di revocazione del provvedimento di estinzione pronunciato ai sensi del comma 198 e la revocazione è chiesta congiuntamente all’impugnazione del diniego. Il termine per impugnare il diniego della definizione e per chiedere la revocazione è di sessanta giorni dalla notificazione di cui al comma 200».
Questa Corte ha già chiarito che la definizione agevolata in esame, a differenza di quelle previste da  leggi  antecedenti,  determina l’estinzione del giudizio alla sola condizione del deposito della domanda di definizione agevolata e della prova del pagamento di quanto dovuto o della prima rata (Cass. 11/06/2024, n. 16240; Cass. 01/03/2024, n. 5534), senza dover attendere il termine assegnato all’RAGIONE_SOCIALE per la emissione e notificazione del diniego.
Le  precedenti  disposizioni  condonistiche,  invece,  subordinavano l’estinzione  del  processo  ad  una  comunicazione  dell’ente  impositore attestante la regolarità del condono o prevedevano (in tal senso per esempio  l’art.  6,  comma  10,  d.l.  n.  119  del  2018)  che  all’atto  del deposito  della  domanda  del  contribuente  iniziasse  a  decorrere  un periodo  di  sospensione  del  processo,  all’esito  del  quale  egli  poteva
vedersi definire la propria domanda tacitamente, ove nessuna parte avesse fatto istanza di trattazione RAGIONE_SOCIALEo il termine, salva la possibilità dell’amministrazione di emettere il diniego, con possibilità in tal caso del contribuente di impugnare il diniego.
La recentissima Corte Cost. n. 189 del 2024 ha ritenuto non fondate le questioni di legittimità costituzionale, sollevate, in riferimento agli artt. 3, 24, 53 e 111 Cost., dell’art. 1, comma 198, della legge n.197 del 2022, laddove dispone che il processo è dichiarato estinto in caso di deposito di copia della domanda di definizione agevolata e del versamento degli importi dovuti o della prima rata, in quanto frutto di una scelta non irragionevole nell’ottica di favorire l’immediata chiusura RAGIONE_SOCIALE controversie tributarie pendenti e di incentivare i pagamenti non ancora eseguiti, ed evidenziando che essa neppure comporta alcun effetto preclusivo del processo.
La legge condonistica ha però espressamente previsto (al comma 200) che  l’amministrazione  pote sse,  RAGIONE_SOCIALEo  il  30/09/2024,  emettere diniego di condono e che ciò costituisca motivo della «revocazione» del decreto di estinzione, revocazione cui il comma 201 attribuisce, cioè, gli effetti di rimozione del decreto di estinzione e di attivazione della prosecuzione del giudizio sul merito della lite.
Il  testo  del  comma 201 sul punto è inequivoco; nella sua prima proposizione esso prevede che, ove sia stato emesso provvedimento di estinzione,  l’eventuale  diniego  sia  impugnabile  davanti  allo  stesso organo giurisdizionale che l’ha pronunciata; successivam ente dispone che il «diniego è motivo di revocazione del provvedimento di estinzione e  la  revocazione  è  chiesta  congiuntamente  all’impugnazione  del diniego».
Nel  sistema  così  descritto  la  revocazione  condonistica,  pur  se rivolta contro un provvedimento idoneo a definire il processo, presenta caratteristiche peculiari in quanto trova il suo presupposto in un atto
emesso da una RAGIONE_SOCIALE parti del giudizio ed è rivolto nei confronti di un provvedimento immune da vizi o comunque adottato in presenza dei presupposti  che  la  legge  stessa  prevede;  essa  è  finalizzata  alla rimozione della dichiarazione di estinzione e a consentire la ripresa del giudizio di impugnazione dell’atto impositivo, ripresa resasi necessaria alla luce dell’intervenuto diniego della definizione agevolata.
Come evidenziato da Corte Cost. n. 189 del 2024, il tenore letterale peraltro non esclude che l’amministrazione finanziaria possa attivare il rimedio  della  revocazione  per  il  caso  di  diniego,  senza  attendere  le iniziative del contribuente.
La disposizione deve quindi essere letta nel senso che, premesso che il diniego è motivo di revocazione e che l’istanza di revocazione del decreto e l’impugnazione del diniego sono atti diversi, essa si limita a disporre che, ove sia il contribuente a voler contestare il diniego, questi debba proporre congiuntamente al ricorso contro il diniego anche l’istanza di revocazione; essa quindi, in primo luogo, configura il diniego come motivo di revocazione (suscettibile di essere fatto valere da RAGIONE_SOCIALEambe le parti in causa), e, in secondo luogo, prevede che, nel caso in cui ad agire sia il contribuente, l’istanza di revocazione e il ricorso contro il diniego siano proposti congiuntamente, al fine di evitare potenziali conflitti di giudicato e alla luce della stretta connessione esistente tra la domanda di definizione e la lite fiscale già pendente (connessione che è alla base della correlata disposizione che attribuisce al giudice del processo la cognizione anche sul diniego); in sintesi può dirsi che viene estesa la competenza del giudice del processo sul ricorso contro il diniego, già prevista per le altre forme condonistiche, anche al caso in cui tale processo sia stato definito, in virtù dell’innovativo meccanismo sopra descritto.
La  conclusione  della  legittimazione  dell’RAGIONE_SOCIALE  a proporre  l’istanza  di  revocazione  appare  confermata  dal  positivo
riscontro della sussistenza di un interesse della stessa a rimuovere il provvedimento  estintivo,  conseguente  alla  ricognizione  degli  effetti dell’estinzione prevista dal comma 198.
La stessa Corte Costituzionale ha infatti espressamente evidenziato che «se è il contribuente che ha interesse a dolersi del diniego della definizione agevolata, viceversa la revocazione del provvedimento di estinzione motivata con il diniego della definizione è esperibile dall’amministrazione finanziaria, la quale non voglia sentirsi più vincolata, dopo il sopravvenuto diniego della definizione agevolata, all’esecuzione di una conciliazione annullata, né privata della facoltà di ripristinare la sottostante controversia per far valere la propria originaria pretesa tributaria».
Come già evidenziato da questa Corte (Cass., Sez. U., 27/01/2016, n. 1518, richiamando diversi arresti della Corte costituzionale), l’effetto normale del condono è infatti quello di elidere la res litigiosa mediante un  pagamento  in  misura  predefinita  e  di  elidere  le  conseguenze sanzionatorie amministrative e penali.
Il condono fiscale, secondo Corte Cost. n. 172 del 1986, ha natura meramente procedurale e più esattamente, secondo Corte Cost. n. 321 del  1995,  costituisce  una  forma  atipica  di  definizione  del  rapporto tributario,  che  prescinde  da  un’analisi  RAGIONE_SOCIALE  varie  componenti  ed esaurisce il rapporto stesso mediante definizione forfettaria e immediata, nella prospettiva di recuperare risorse finanziarie e ridurre il contenzioso, e che esula dalla funzione dell’accertamento dell’imponibile.
Alla  luce  di  tale  impostazione  s’è  quindi  evidenziato  che  la conseguenza processuale del condono è la cessazione della materia del contendere.
Nel processo tributario di merito sia di primo grado che di appello (ex art. 61 d.lgs. n. 546 del 1992) la vicenda è quindi stata ricondotta
alla AVV_NOTAIO previsione dell’art. 46 d.lgs. n. 546 del 1992, che, sotto la  rubrica  «estinzione  del  giudizio  per  cessazione  della  materia  del contendere»,  stabilisce  che  «il  giudizio  si  estingue  […]  nei  casi  di definizione RAGIONE_SOCIALE pendenze tributarie previsti dalla legge e in ogni altro caso di cessazione della materia del contendere» e che «la cessazione della  materia  del  contendere  è  dichiarata  […]  con  decreto  del presidente o con sentenza della commissione».
Nel giudizio di legittimità l’effetto definitorio è normalmente ricondotto alla previsione dell’art. 391 cod. proc. civ. e all’estinzione del processo disposta per legge (Cass., Sez. U., 23/09/2014, n. 19980; Cass. 03/10/2018, n. 24083, anche per il caso in cui il legislatore non abbia testualmente previsto l’estinzione quale formula di definizione). Nel sistema condonistico in esame, peraltro, il richiamo all’art. 391 cod. proc. civ. è esplicitamente compiuto dallo stesso legislatore, con il su riportato art. 40, comma 3, d.l. n. 13 del 2023.
Si è quindi affermato che nel processo tributario, l’estinzione del giudizio di legittimità per cessata materia del contendere comporta conseguenze di ordine sostanziale sul contenuto RAGIONE_SOCIALE domande, determinando, in virtù della cassazione senza rinvio della sentenza impugnata, la caducazione di tutte le pronunce emanate nei precedenti gradi di giudizio e non passate in giudicato, in quanto non più attuali in ragione del venire meno del contrasto tra le parti (Cass. 13/07/2016, n. 14258). Viene, cioè, meno la regolazione della fattispecie operata dalle precedenti decisioni.
Il  comma  196  dell’art.  1 della  legge  n.  197  del  2022  prevede espressamente che gli effetti della definizione perfezionata prevalgono su  quelli  RAGIONE_SOCIALE  eventuali  pronunce  giurisdizionali  non  passate  in giudicato anteriormente alla data di RAGIONE_SOCIALEata in vigore della legge.
Si tratta peraltro di un fenomeno estintivo diverso – in ragione RAGIONE_SOCIALE peculiarità del processo tributario -sia da quello disciplinato dall’art.
310 cod. proc. civ., il cui secondo comma fa infatti salve le sentenze di merito pronunciate nel corso del giudizio (Cass. 22/04/2015, n. 8150), sia da quello analogo, dell’art. 338 cod. proc. civ., ed anche infine da quello, invece diverso dalle prime due ipotesi, previsto per il caso di estinzione del giudizio di rinvio (di cui all’art. 393 cod. proc. civ. unitamente, per il processo tributario, all’art. 63 d.lgs. n. 546/1992), cui segue invece il consolidamento della pretesa fiscale (vedi, per tale specifica ipotesi, Cass. 7/06/2023, n. 16002; Cass. 12/04/2017, n. 9521; Cass. 23/11/2016, n, 23922; Cass. 19/10/2015, n. 21143; Cass. 3/07/2013, n. 16689; Cass. 28/03/2012, n. 5044; Cass. 8/02/2008, n. 3040; secondo un percorso giurisprudenziale che risale fi no a Cass. 8/01/1980, n. 119, in riferimento all’ingiunzione fiscale) .
La stessa Corte costituzionale n. 189 del 2024 ha evidenziato «l’asimmetria e l’eterogeneità dei modelli dell’estinzione nel processo civile in quello tributario che hanno trovato costante conferma nella interpretazione dei diversi provvedimenti legislativi volti a favorire la definizione RAGIONE_SOCIALE liti fiscali pendenti nel senso che in questi casi la declaratoria di estinzione, accertativa della intervenuta definizione di una controversia tributaria, importa la caducazione di tutti i provvedimenti giurisdizionali resi nel processo relativo».
Tali  conclusioni  appaiono  da  confermare  anche  nella  definizione agevolata prevista dalla legge n. 197 del 2022.
La disciplina in esame ha la sua peculiarità nella previsione di un provvedimento di estinzione (con decreto presidenziale o con ordinanza collegiale, se la causa è già fissata per la trattazione davanti al collegio, ma che potrebbe essere anche sentenza, ove siano impugnati cumulativamente più avvisi di accertamento, solo alcuni dei quali definiti) che è anticipato rispetto alla verifica da parte dell’RAGIONE_SOCIALE della sussistenza dei presupposti per accedere alla definizione agevolata ed è subordinato al solo controllo giudiziale della
presentazione della domanda e del pagamento della prima o unica rata; tale scelta è stata ritenuta da Corte Cost. n. 189 del 2024, come visto, pienamente legittima, data l’ampia discrezionalità legislativa nella conformazione degli istituti processuali per cui l’estinzione immediata RAGIONE_SOCIALE liti fiscali definite anche con il pagamento della sola prima rata dell’importo dovuto è in armonia con gli obiettivi del legislatore di riduzione del numero dei giudizi tributari pendenti in attuazione degli impegni assunti nel PNRR.
Si tratta però di un effetto suscettibile di essere rimosso, in caso di emissione del diniego di condono , e che l’RAGIONE_SOCIALE, quindi, evidentemente  ha  l’interesse  a  rimuovere  ove  non  ne  sussistano  i presupposti sostanziali.
Tali considerazioni conducono quindi a ritenere che l’interesse del fisco  a  rimuovere  il  decreto  di  estinzione,  sul  presupposto  della successiva emissione del diniego, sia testuale (in quanto non escluso dal comma 201) e sistematico (in quanto necessario per rimuovere gli effetti  del  subRAGIONE_SOCIALEo  di  una  minore  e  diversa  pretesa  da  definizione agevolata alla originaria obbligazione tributaria).
Deve quindi respingersi il primo motivo in quanto, ai sensi RAGIONE_SOCIALE predette disposizioni, il decreto di estinzione di cui all’art. 1, comma 198, della legge n. 197 del 2022, postula la sola verifica dell’inserimento della lite nell’elenco RAGIONE_SOCIALE controversie di cui all’art. 40 del d.l. 13/2023 o la verifica della presentazione della domanda di definizione e del pagamento della prima o unica rata; esso però è espressamente qualificato come revocabile, ai sensi del comma 201, su istanza dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, sul presupposto che abbia emesso il dinego di condono, o del contribuente, che avrà l’onere di chiederne la revocazione unitamente al ricorso contro il diniego; la revocazione riattiva il giudizio sul merito dell ‘impugnazione dell’atto impositivo ; sul
diniego  di  condono,  infine,  vi  è  la  cognizione  del  giudice  che  ha pronunciato l’estinzione .
Nel caso di specie, quindi correttamente l’RAGIONE_SOCIALE ha presentato l’istanza di revocazione solo dopo aver emesso il diniego di definizione agevolata e sul presupposto di esso.
4.1.2.  Il  secondo  motivo  è  in  parte  inammissibile  e  in  parte infondato.
In  merito  a  tale  motivo,  occorre  in  primo  luogo  rilevare  che  i ricorrenti  hanno  depositato  un  solo  atto  di  diniego,  indirizzato  alla società,  che  però  è  riferito  ad  una  istanza  di  definizione  agevolata proposta ai sensi della legge n. 130 del 2022 e non a quella che ha condotto all’estinzione della lite, avvenuta ai sensi della legge n. 197 del 2022.
Anche a voler far riferimento ai dinieghi prodotti dall’RAGIONE_SOCIALE, occorre evidenziare che essi si fondano sulla considerazione che la sentenza oggetto di ricorso sia espressamente menzionata nel giudicato penale di condanna formatosi nel processo contro il Presidente della sezione; ciò premesso, l’RAGIONE_SOCIALE motivava in considerazione della impossibilità di quantificare il corretto importo da versare , sul rischio di abuso della definizione e sull’ interesse a proseguire l’azione, se non altro per u lteriori finalità risarcitorie (citando al riguardo Cass. n. 5682/2023 che ritiene indispensabile la previa revocazione straordinaria della sentenza corrotta prima di esperire un’azione risarcitoria ex art. 185 c.p.) ; ciò al fine di evitare che la stessa Corte tributaria di secondo grado chiamata a pronunciarsi sulla revocazione della sentenza corrotta dichiarasse con decreto l’estinzione del giudizio ai sensi dell’art. 1, comma 198, della legge 197/2022 ; l’RAGIONE_SOCIALE evidenziava altresì che il contribuente aveva già ricevuto comunicazione di diniego di definizione agevolata, prot. n. NUMERO_DOCUMENTO, ai sensi dell’art. 5 della legge 31 agosto 2022, n. 130 sul
medesimo  contesto  e  sulla  base  dei  medesimi  presupposti  e  il provvedimento non era stato impugnato dalla parte.
A fronte di ciò, il motivo dei contribuenti si fonda su tre asserzioni: a) l’assenza di una norma preclusiva al condono per casi del genere; infatti, la sola disciplina agevolativa che in passato espressamente prevedeva l’esclusione della definizione «per i soggetti nei cui confronti è stata esercitata l’azione penale per i reati previsti dal D. Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, di cui il contribuente ha avuto formale conoscenza RAGIONE_SOCIALEo la data di perfezionamento della definizione», era quella prevista dalla legge n. 289 del 2002 (art. 15, comma 1); b) il AVV_NOTAIO favor della Corte per il condono; c) l’assenza di strumentalità della lite , in base alla fondatezza RAGIONE_SOCIALE proprie tesi difensive.
Si deve necessariamente premettere che questa Corte (Cass. 16/07/2010, n. 16724/2010 e Cass. 5/10/2018, n. 24486) ha già affermato il principio per cui il diniego deve essere congruamente motivato e le ragioni esposte nel diniego vincolano l’amministrazione che non potrà, nel giudizio avverso il diniego, introdurre nuove ragioni; coerentemente però anche il giudizio contro il diniego ha natura di impugnazione e il giudice è vincolato ai motivi esposti dal ricorrente, non potendo annullare il diniego per motivi diversi. Tali considerazioni valgono anche per la definizione agevolata prevista dalla legge n. 197 del 2022, alla luce RAGIONE_SOCIALE considerazioni già esposte in precedenza.
In primo luogo, non può non rilevarsi che il secondo motivo esposto dai contribuenti nel ricorso, oltre ad essere reso incerto alla luce del predetto mancato deposito dei dinieghi, non si confronta propriamente con la motivazione erariale, sopra esposta.
La presenza della disciplina di cui all’art. 15, comma 1, della legge n. 289 del 2002, per quella forma condonistica, non ha infatti alcuna rilevanza  nel  caso  di  specie  laddove  la  tesi  erariale  evidentemente fonda sulla considerazione che alcuna legge di condono possa regolare
ex ante il caso che la sentenza relativa al carico tributario oggetto di definizione  possa  essere  oggetto  di  corruzione  in  atti  giudiziari;  del resto anche la disposizione citata aveva un’ altra finalità in quanto volta ad  escludere  dal  condono  coloro  che  fossero  destinatari  dell’azione penale in relazione agli stessi fatti fondanti la pretesa tributaria.
Né appaiono in alcun modo rilevare l’asserita fondatezza della tesi difensiva dei contribuenti, in quanto questione evidentemente attinente  al  merito  della  lite,  o  il  generico  assunto  del favor del legislatore per il condono.
Né,  infine,  incide  la  dedotta  inammissibilità  della  revocazione proposta dall’RAGIONE_SOCIALE contro la sentenza della CTR, questione che, pur non facendo parte dei motivi del ricorso, è pure richiamata all’inizio di esso, e che però appartiene all’esclusiva cognizione di qu el giudice; né risulta  allegato  il  passaggio  in  giudicato  della  sentenza  resa  sulla revocazione.
Pertanto, rigettato il ricorso contro il diniego, occorre esaminare il merito della lite, e quindi il ricorso erariale, proposto in via principale, e il ricorso della società, proposto in via incidentale.
Il primo motivo del ricorso erariale attiene alla decisione con cui la RAGIONE_SOCIALE, nell’esaminare le ragioni di appello, in merito alla prima ripresa, relativa  a  costi  di  sponsorizzazione/pubblicità,  li  ha  ritenuti  nuovi  e quindi inammissibili, in quanto la ripresa era fondata sulla qualificazione di tali costi e l’appello invece sulla loro antieconomicità.
5.1. Il motivo è ammissibile e fondato.
Il  motivo  è  ammissibile  in  quanto,  ove  si  tratti  di  questioni processuali, la Corte è anche giudice del fatto, con la conseguenza di non essere vincolato alla valutazione degli atti processuali compiuta dal giudice del merito (Cass. 17/01/2007,  n. 978; Cass., Sez. U., 14/05/2010, n. 11730), purchè il vizio processuale sia correttamente
dedotto, come avvenuto nel caso di specie, con chiara indicazione deli motivi di appello e del contenuto rilevante dell’avviso di accertamento.
Il motivo è altresì fondato in quanto dalla tras crizione dell’appello e  degl i  stralci  dell’avviso  di  accertamento  appare  evidente  che  la questione  della  cd.  antieconomicità  era  dedotta  dall’ufficio  solo  per evidenziare che la mancanza di aspettativa di ritorno commerciale era elemento funzionale a sostenere che si trattasse di spese di rappresentanza e non di pubblicità, il che era esattamente il proprium della ripresa fiscale.
Ha quindi errato la CTR a ritenere inammissibile l’appello perché fondato su nuove argomentazioni a sostegno dell’accertamento.
5.2. Il secondo motivo, attinente alla seconda e diversa ripresa, è invece inammissibile.
L’ufficio infatti  deduce l’assenza  di  documentazione  probatoria attestante l’effettività dell’attività svolta e la sua inerenza.
La  CTR  però  ha  espressamente  evidenziato  che il costo è documentato  dalla  fattura  NUMERO_DOCUMENTO.  NUMERO_DOCUMENTO  della  RAGIONE_SOCIALE,  dal contratto, dalla programmazione pubblicitaria e dalla pubblicità esposta  nei  carrelli  RAGIONE_SOCIALE  spese  dei  cRAGIONE_SOCIALEi  commerciali,  elementi  cui l’RAGIONE_SOCIALE non fa alcun riferimento.
6. Alla luce dell’accoglimento parziale del ricorso principale, occorre esaminare il ricorso incidentale condizionato, che si fonda su un solo motivo  relativo  alla  parte  della  decisione  con  cui  la  CTR  ha  accolto l’appello erariale in merito alla nullità dell’avviso per mancanza della indicazione nominativa del delegato alla firma dell’avviso di accertamento.
6.1. L’unico motivo del ricorso incidentale è infondato.
Questa Corte intende dare continuità all’orientamento, affermatosi già  da  alcuni  anni,  secondo  il  quale  la  delega  per  la  sottoscrizione dell’avviso di accertamento conferita dal dirigente ex art. 42, comma
1, del d.P.R. n. 600 del 1973, è una delega di firma e non di funzioni: poiché realizza un mero decRAGIONE_SOCIALEamento burocratico senza rilevanza esterna, restando l’atto firmato dal delegato imputabile all’organo delegante, con la conseguenza che, nell’ambito dell’organizzazione interna dell’ufficio, l’attuazione di detta delega di firma può avvenire anche mediante ordini di servizio, senza necessità di indicazione nominativa, essendo sufficiente l’individuazione della qualifica rivestita dall’impiegato delegato, la quale consente la successiva verifica della corrispondenza tra sottoscrittore e destinatario della delega stessa (Cass. 29/03/2019, n. 8814; Cass. 19/04/2019, n. 11013; Cass. 08/11/2019, n. 28850).
Con la delega di firma, dunque, il delegato non esercita alcun potere o competenza riservata al delegante, trovando titolo il suo agire nei poteri di ordine e direzione, coordinamento e controllo attribuiti al dirigente preposto all’ufficio (art. 11, comma 1, lett. c) e d) Statuto RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, approvato con delibera n. 6 del 2000; art. 14, comma 2, reg. amm. n. 4/2000), nell’ambito dello schema organizzativo della subordinazione gerarchica tra persone appartenenti al medesimo ufficio. Trattandosi di una delega per la sottoscrizione, pertanto, alla stessa non è applicabile la disciplina dettata per la delega di funzioni di cui all’art. 17, comma 1 -bis , del d.lgs. n. 165 del 2001, per cui non è richiesta né la sua temporaneità né una specifica motivazione (ancora di recente Cass. 19/02/2024, n. 4366).
Di tali principi ha dato retta applicazione la sentenza impugnata e quindi il ricorso incidentale va respinto.
 Pertanto,  e  in  conclusione,  il  ricorso  contro  il  diniego  di definizione agevolata deve essere respinto; il decreto di estinzione va pertanto  revocato,  con  conseguente  esame  nel  merito  dei  ricorsi, principale e incidentale; il ricorso principale dell’RAGIONE_SOCIALE
va accolto nel suo primo motivo, respinto il secondo, mRAGIONE_SOCIALEe il ricorso incidentale della parte contribuente va respinto.
La sentenza va cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla  Corte  di  giustizia  tributaria  di  secondo  grado  di  Napoli,  sezione staccata di Salerno, in diversa composizione, per nuovo esame, e alla quale si demanda di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte revoca il decreto di estinzione n. 31000 del 7/11/2023; rigetta il ricorso contro il diniego della definizione agevolata; rigetta il ricorso incidentale; accoglie il primo motivo del ricorso principale, rigettato il secondo; cassa, in relazione al motivo accolto, la sentenza impugnata; rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, sezione staccata di Salerno, in diversa composizione, cui demanda di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
Ai  sensi  dell’art.  13,  comma  1 -quater ,  del  d.P.R.  n.  115  del  2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza  dei  presupposti  processuali  per  il  versamento,  da  parte ricorrente  incidentale  e  successiva ,  dell’ulteriore  importo  a  titolo  di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, in data  29 novembre 2024.