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Definizione agevolata: diniego e revoca estinzione

Una società contribuente, dopo aver vinto nei primi due gradi di giudizio contro l’Agenzia delle Entrate, ha aderito alla definizione agevolata delle liti pendenti, ottenendo un decreto di estinzione del processo in Cassazione. Successivamente, l’Agenzia ha emesso un diniego alla domanda di definizione e ha chiesto la revoca del decreto. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 5911/2025, ha stabilito che il meccanismo previsto dalla Legge 197/2022 consente all’Agenzia di chiedere la revoca dell’estinzione in caso di diniego. Di conseguenza, il processo riprende per l’esame del merito. La Corte ha quindi revocato l’estinzione e accolto parzialmente il ricorso dell’Agenzia, rinviando la causa al giudice d’appello.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Definizione Agevolata: La Cassazione Chiarisce il Percorso in Caso di Diniego

Introduzione: un meccanismo a due fasi

La definizione agevolata delle liti fiscali, introdotta dalla Legge n. 197/2022, rappresenta un’importante opportunità per i contribuenti di chiudere i contenziosi pendenti. Tuttavia, la procedura può nascondere insidie, specialmente quando, dopo la presentazione della domanda, interviene un diniego da parte dell’Agenzia delle Entrate. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 5911 del 5 marzo 2025, fa luce sul complesso iter procedurale, chiarendo che il decreto di estinzione del giudizio è un atto revocabile e che l’Amministrazione finanziaria ha pieno diritto di chiederne la rimozione per riattivare il processo sul merito.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine da un avviso di accertamento notificato a una società per l’anno 2012. L’Ufficio contestava principalmente due punti: la riqualificazione di costi per pubblicità in spese di rappresentanza (con deducibilità limitata) e la non inerenza di costi fatturati da un’altra società. La contribuente impugnava l’atto e otteneva ragione sia in primo grado (CTP) che in appello (CTR). L’Agenzia delle Entrate, non rassegnandosi, proponeva ricorso per Cassazione.

Durante la pendenza del giudizio di legittimità, la società presentava domanda di definizione agevolata ai sensi della Legge n. 197/2022. Di conseguenza, il Presidente della sezione tributaria dichiarava l’estinzione del giudizio. Tuttavia, la vicenda prendeva una piega inaspettata: l’Agenzia delle Entrate notificava un provvedimento di diniego della definizione agevolata e, contestualmente, presentava un’istanza per la revoca del decreto di estinzione. A questo punto, la Corte Suprema si è trovata a dover decidere non solo sulla legittimità del diniego, ma anche sul destino del processo originario.

La Definizione Agevolata e il suo Meccanismo di Revoca

Il cuore della pronuncia riguarda l’interpretazione del meccanismo introdotto dalla Legge n. 197/2022. La Corte ha prima di tutto respinto il ricorso del contribuente contro il diniego, per poi concentrarsi sulla procedura.

La legge prevede che, a seguito del deposito della domanda di definizione e del relativo pagamento, il processo venga dichiarato estinto. Questo, tuttavia, non è un punto di non ritorno. La normativa stessa (in particolare l’art. 1, comma 201) stabilisce un sistema peculiare: l’estinzione è subordinata a una condizione risolutiva, ovvero la mancata emissione di un diniego da parte dell’Agenzia entro un termine stabilito.

Se l’Agenzia emette un diniego, questo diventa motivo di “revocazione” del provvedimento di estinzione. La Corte chiarisce che tale istanza di revocazione può essere presentata legittimamente dall’Agenzia delle Entrate, la quale ha un interesse concreto a rimuovere il provvedimento estintivo per poter proseguire il giudizio e far valere la propria pretesa tributaria originaria. L’estinzione, quindi, è da considerarsi provvisoria fino a quando non sia spirato il termine per il diniego, o fino a quando un eventuale diniego non sia stato giudicato illegittimo.

La Decisione della Cassazione nel Merito della Causa Tributaria

Una volta revocato il decreto di estinzione, la Corte è passata ad esaminare i motivi del ricorso originario dell’Agenzia. Il primo motivo, relativo alla riqualificazione delle spese di pubblicità, è stato accolto. La CTR aveva erroneamente ritenuto che l’argomentazione dell’antieconomicità delle spese, usata dall’Ufficio in appello, costituisse un motivo nuovo e inammissibile. La Cassazione ha invece chiarito che tale argomento era funzionale a sostenere la tesi originaria (spese di rappresentanza e non di pubblicità) e non una nuova pretesa, rendendo l’appello dell’Agenzia ammissibile su quel punto.

Il secondo motivo del ricorso dell’Agenzia, relativo alla deducibilità di altri costi, è stato invece respinto, poiché la CTR aveva correttamente motivato sulla base della documentazione prodotta (fattura, contratto, prove della pubblicità).

Le Motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione sulla definizione agevolata evidenziando la specificità del sistema normativo della Legge 197/2022. A differenza di precedenti condoni, questa legge crea un meccanismo accelerato di estinzione, ma bilanciato da un potere di controllo successivo dell’Amministrazione. La “revocazione” non è un rimedio processuale classico, ma uno strumento ad hoc, finalizzato a ripristinare la lite originaria qualora vengano a mancare i presupposti per la definizione agevolata. La Corte Costituzionale (sent. n. 189/2024) aveva già confermato la legittimità di questo modello, riconoscendo l’interesse dell’Agenzia a non essere vincolata da un’estinzione basata su presupposti poi rivelatisi insussistenti. Sul merito tributario, la Corte ha ribadito il principio secondo cui l’introduzione di argomentazioni a supporto della tesi originaria non costituisce un inammissibile “motivo nuovo” in appello.

Conclusioni

La sentenza offre un fondamentale chiarimento per contribuenti e professionisti. L’adesione alla definizione agevolata e il conseguente decreto di estinzione non segnano la fine definitiva della controversia. L’estinzione è da considerarsi “sub iudice” fino alla scadenza del termine per il diniego da parte dell’Agenzia. In caso di diniego, il processo originario riprende vigore, e la controversia deve essere decisa nel merito. Questa pronuncia sottolinea l’importanza di una valutazione attenta dei presupposti per accedere a tali istituti, consapevoli che un esito negativo da parte dell’Ufficio comporta la piena riattivazione del contenzioso.

Cosa succede se, dopo aver chiesto la definizione agevolata e ottenuto l’estinzione del processo, l’Agenzia delle Entrate nega la domanda?
Secondo la Corte di Cassazione, il diniego è un valido motivo per la “revocazione” del decreto di estinzione. Di conseguenza, il processo che era stato dichiarato estinto viene riattivato e prosegue per l’esame del merito della controversia originaria.

L’Agenzia delle Entrate ha il diritto di chiedere la revoca del decreto di estinzione o spetta solo al contribuente?
La Corte ha stabilito che l’Agenzia delle Entrate ha pieno diritto e interesse a presentare l’istanza di revocazione del decreto di estinzione. Questo strumento le consente di rimuovere gli effetti dell’estinzione e riprendere il giudizio per far valere la pretesa fiscale originaria.

In un processo tributario, presentare in appello un’argomentazione a sostegno della pretesa originaria (come l’antieconomicità delle spese) costituisce un motivo nuovo e inammissibile?
No. La Corte ha chiarito che se un’argomentazione (come l’antieconomicità) è utilizzata per rafforzare la tesi originaria dell’accertamento (in questo caso, la riqualificazione di costi da pubblicità a rappresentanza), non si tratta di un motivo nuovo e inammissibile, ma di un legittimo sviluppo difensivo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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