Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9570 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9570 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 12/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10731/2023 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE e COGNOME NOME ‘ nella qualità di rappresentante legale della RAGIONE_SOCIALE (come da ricorso)
-intimati- e nei confronti di
ADER-AGENZIA DELLE ENTRATE RISCOSSIONE
intimata-
avverso SENTENZA di CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI SECONDO GRADO della PUGLIA-BARI-SEZ.DIST. TARANTO n. 2950/2022 depositata il 11/11/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
1. F.R.A.RAGIONE_SOCIALE. impugnava i seguenti estratti di ruolo:
NUMERO_CARTA,
NUMERO_CARTA,
10620100006375058,
NUMERO_CARTA,
NUMERO_CARTA,
10620120002124924,
NUMERO_CARTA,
NUMERO_CARTA, sostenendo, oltreché la mancata notifica delle sottese cartelle, l’imputabilità degli omessi versamenti delle relative imposte al commercialista incaricato.
La Commissione tributaria provinciale di Taranto, con la sentenza del 17 giugno 2016, n. 1409/03/2016, accoglieva parzialmente il ricorso: riteneva valida la notifica di tutte le cartelle; tuttavia – citasi dal ricorso per cassazione – ‘dopo aver precisato che la ricorrente riconosceva la debenza di tutti gli importi dovuti a titolo di imposte, ma contestava la debenza degli interessi e delle sanzioni «per non essere volontariamente responsabile del mancato pagamento delle imposte», statuiva che «la denuncia querela presentata dall’odierno ricorrente a carico del suo commercialista infedele costituisce atto formato per ottenere la conferma delle responsabilità di qualsiasi natura del
commercialista stesso e il contenuto del medesimo atto è dimostrativo sia della volontà della società di pagare le imposte dovute nei termini di legge (…) sia della inesistenza della responsabilità fiscale della società per il mancato pagamento dei tributi». Pertanto la Commissione di primo grado riteneva che «alla società non debbano essere comminate e caricate le sanzioni sugli importi delle imposte dovute e non debbano essere richiesti interessi sulle imposte»; concludeva quindi statuendo che «per tutti gli importi di imposte annotati e richiesti nei documenti oggi in esame (cartelle di pagamento) devono essere interamente annullate tutte le sanzioni e tutti gli interessi richiesti»; statuiva invece «la debenza della società di tutti gli importi per imposte annotati e richiesti nei documenti (cartelle di pagamento)»’.
‘In esecuzione di tale decisione’ – prosegue il ricorso – ‘ai sensi dell’articolo 68 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, l’Ufficio, il 20 giugno 2016, emetteva provvedimenti di sgravio parziale dei ruoli’.
L’Agenzia delle entrate proponeva appello.
Alla luce di quanto riferisce la sentenza in epigrafe, si costituiva la contribuente, chiedendo la declaratoria di cessazione della materia del contendere, in forza di adesione alla cd. ‘rottamazione delle cartelle’ di cui al d.l. n. 196 del 2016 conv. in l. n. 225 del 2016.
La CTG II della Puglia, con la sentenza n. 2950/22, in epigrafe, ‘prende atto dell’avvenuta definizione della lite’ e ‘dichiara l’estinzione del giudizio per cessata materia del contendere’, con integrale compensazione delle spese.
Propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate con cinque motivi; l’Agenzia delle entrate -Riscossione e la contribuente (in persona del l.r. COGNOME NOME) restano intimati.
Considerato che:
Il primo ed il quinto motivo, per sovrapponibilità di censure, possono essere scrutinati congiuntamente.
Primo motivo: ‘Violazione dell’articolo 112 del codice di procedura civile, con riguardo all’art. 19 del d.lgs. 546/92, in relazione all’articolo 360, primo comma, n. 4) del codice di procedura civile – omessa pronuncia’.
2.1. ‘La decisione del Collegio di appello si risolve in una presa d’atto dell’intervenuta definizione della lite ai sensi dell’articolo 6 del d.l. n. 193 del 2016. I Giudici del gravame hanno completamente omesso di esaminare i motivi di appello proposti dall’Ufficio delle entrate, con particolare riferimento alla contestata inammissibilità del ricorso introduttivo ex articolo 19 del d.lgs n. 546 del 1992, quale logica e legittima conseguenza della acclarata regolarità e tempestività della notifica delle otto cartelle di pagamento cui si riferivano gli estratti di ruolo impugnati’. ‘Nel caso di specie al Giudice di prime cure, una volta acclarata la validità della notifica delle cartelle di pagamento, era precluso l’esame di qualsiasi altro motivo di impugnazione proposto. Ne consegue che sulla richiesta di declaratoria di inammissibilità del ricorso formulata dall’Ufficio in sede di appello, il Collegio di appello avrebbe dovuto pronunciarsi prima di esaminare ogni altra questione’.
Quinto motivo: ‘Violazione e falsa applicazione dell’articolo 12, comma 4bis, del d.p.r. n. 602 del 1973 e dell’art. 100 c.p.c., in relazione all’articolo 360, primo comma, n. 3) del codice di procedura civile’.
3.1. ‘La CGT di II grado della Puglia ha dichiarato l’estinzione del giudizio per cessata materia del contendere sul presupposto che la società avesse aderito alla cosiddetta rottamazione dei ruoli di cui alla legge n. 225 del 2016. Il Collegio addiviene alla determinazione di estinzione del giudizio senza rilevare l’inammissibilità del ricorso introduttivo. Ai sensi dell’articolo 12,
comma 4bis, del d.P.R. n. 602 del 1973: «L’estratto di ruolo non è impugnabile »’. ‘La valida notifica delle cartelle di pagamento, accertata in primo grado, rendeva l’estratto di ruolo non impugnabile. È dunque palese la violazione dell’articolo 12, comma 4bis, del d.P.R. n. 602 del 1973 ‘.
Entrambi i motivi sono infondati.
4.1. Invero, l’esame delle contrapposte ragioni delle parti, anche qualora le stesse involgano questioni preliminari, resta precluso dall’adesione alla procedura di ‘definizione agevolata’ ex art. 6 d.l. n. 193 del 2016 . Siffatta conclusione si ricava, in particolare, dal comma 2, ove è statuito che, ‘ai fini della definizione di cui al comma 1, il debitore manifesta all’agente della riscossione la sua volontà di avvalersene, rendendo, entro il 31 marzo 2017, apposita dichiarazione indica altresì il numero di rate nel quale intende effettuare il pagamento, entro il limite massimo previsto dal comma 1, nonché la pendenza di giudizi aventi ad oggetto i carichi cui si riferisce la dichiarazione, e assume l’impegno a rinunciare agli stessi giudizi’. La rinuncia al giudizio, cui il debitore si impegna con la dichiarazione, fa venir meno il giudizio stesso, con tutte le questioni che vi si agitano.
I residui secondo, terzo e quarto motivo, per sovrapponibilità di censure, possono essere scrutinati congiuntamente.
6.. Secondo motivo: ‘Violazione e falsa applicazione dell’articolo 6 del decreto -legge 22 ottobre 2016, n. 193, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° dicembre 2016, n. 225, in relazione all’articolo 360, primo comma, n. 3), del codice di procedura civile’.
6.1. ‘Come ammesso dalla stessa società nelle controdeduzioni depositate nel grado di appello, solo sei delle otto cartelle impugnate avevano costituito oggetto di ‘rottamazione’; le ultime due cartelle (nn. NUMERO_CARTA e NUMERO_CARTA), infatti, con le quali erano stati iscritti a ruolo solo interessi e sanzioni, erano state oggetto di sgravio totale da parte dell’Ufficio
in esecuzione della sentenza di primo grado e, dunque, non avevano costituito oggetto di rottamazione’. ‘Va precisato che le cartelle di pagamento rottamate erano state, in esecuzione della sentenza di primo grado, oggetto di sgravio parziale, che aveva interessato le sanzioni e gli interessi iscritti a ruolo ex articolo 20 del d.P.R. n. 602 del 1973. L’Ufficio aveva impugnato proprio i capi della sentenza di primo grado con cui erano stati dichiarati non dovuti gli interessi e le sanzioni’. ‘Pertanto, considerato che gli atti impugnati portavano in sé anche gli interessi iscritti a ruolo, ai sensi del citato articolo 20 del d.P.R. n. 602 del 1973 e che gli interessi, unitamente alle sanzioni, erano stati oggetto di sgravio in ottemperanza alla sentenza di primo grado, i Giudici avrebbero dovuto rilevare, sulla scorta degli atti di causa, che le cartelle ‘rottamate’ non contenevano l’iscrizione a ruolo dei suddetti interessi e, di conseguenza, dichiarare non perfezionata la rottamazione’.
Terzo motivo: ‘Violazione e falsa applicazione dell’articolo 6 del decreto -legge 22 ottobre 2016, n. 193, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° dicembre 2016, n. 225 e dell’art. 20 del dpr 600/73, con riferimento all’art. 112 c.p.c. in relazione all’articolo 360, primo comma, n. 4), del codice di procedura civile’.
7.1. ‘Strettamente connessa al motivo che precede è il rilievo dell’ulteriore vizio della decisione impugnata che attiene all’omissione della pronunzia sul motivo di appello, sopra riportato, in merito alla legittimità della pretesa erariale relativa alla debenza degli interessi da ritardato versamento. Tali interessi, contenuti nel titolo, non erano affatto ricompresi nella definizione agevolata introdotta dall’art. 6 cit. la quale riguardava, oltre alle sanzioni, solo gli interessi di mora di cui all’articolo 30, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602’.
Quarto motivo: ‘Violazione e falsa applicazione dell’articolo 6 del decreto -legge 22 ottobre 2016, n. 193, convertito, con
modificazioni, dalla legge 1° dicembre 2016, n. 225 e dell’art. 20 del dpr 600/73, con riferimento all’art. 112 c.p.c. in relazione all’articolo 360, primo comma, n. 5), del codice di procedura civile’.
8.1. ‘Sotto altro profilo, la decisione va censurata per omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti. Nelle controdeduzioni depositate nel grado di appello, solo sei delle otto cartelle impugnate avevano costituito oggetto di ‘rottamazione’; le ultime due cartelle (nn. NUMERO_CARTA e NUMERO_CARTA) infatti, con le quali erano stati iscritti a ruolo solo interessi e sanzioni, erano state oggetto di sgravio totale da parte dell’Ufficio in esecuzione della sentenza di primo grado e, dunque, non avevano costituito oggetto di rottamazione . Di tale fatto storico la CGT di II grado non ha affatto tenuto conto’.
Fondati, ai sensi e nei limiti della motivazione a seguire, sono il secondo ed il terzo motivo, con assorbimento del quarto.
La definizione agevolata -che in ricorso non si assume essere rimasta inottemperata -ha riguardato esclusivamente una parte della complessiva ‘res litigiosa’, siccome introdotta in primo grado dalla contribuente e coltivata in secondo grado dalla parte pubblica.
La contribuente, infatti, ha definito in via agevolata solo a sei delle otto cartelle costituenti l’interezza della pretesa imposta per le prime sei e sanzioni ed interessi per le restanti due -parallelamente al fatto che, ‘medio tempore’, in ottemperanza alla sentenza di primo grado, che aveva dichiarato non dovuti sanzioni ed interessi, le ultime due cartelle sono state sgravate ex art. 68 D.Lgs. n. 546 del 1992.
In appello, la ‘res litigiosa’ s’è nuovamente radicata sulla debenza anche di sanzioni ed interessi, avendo sul punto la parte pubblica impugnato la sentenza di primo grado: talché la pacifica esclusione delle ultime due cartelle della definizione agevolata ha ristretto gli effetti di quest’ultima soltanto all’imposta, mentre il
giudizio seguitava a pendere per il resto, in punto cioè di sanzioni ed interessi.
Nondimeno, a mente del comma 1 dell’art. 5 d.l. n. 193 del 2016, ‘ i debitori possono estinguere il debito senza corrispondere le sanzioni comprese in tali carichi, gli interessi di mora di cui all’articolo 30, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, ovvero le sanzioni e le somme aggiuntive di cui all’articolo 27, comma 1, del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, provvedendo al pagamento integrale delle somme di cui alle lettere a) e b), dilazionato in rate sulle quali sono dovuti, a decorrere dal 1º agosto 2017, gli interessi nella misura di cui all’articolo 21, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973 ‘. Talché, per effetto della definizione agevolata, pur devoluta al giudice d’appello la debenza ‘tout court’ di sanzioni ed interessi, siffatta devoluzione s’è ‘ex lege’ ridimensionata, con espunzione delle sanzioni e degli interessi di mora ex art. 30, comma 1, DPR n. 602 del 1973.
Ne consegue, in definitiva, che entro siffatti limiti, circoscriventi l’attuale ‘res controversa’, l’appello agenziale avrebbe dovuto essere delibato, con conseguente pronuncia sul merito della residua pretesa della parte pubblica e conseguentemente sulle spese; mentre invece non lo è stato.
10. Un tanto impone la cassazione ‘in parte qua’ della sentenza impugnata, con rinvio per nuovo esame e per le spese, comprese quelle del presente grado di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie, ai sensi e nei limiti di cui in motivazione, il secondo ed il terzo motivo di ricorso, assorbito il quarto e rigettati il primo ed il quinto.
Per l’effetto, in relazione ai motivi accolti, cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di giustizia di secondo grado della
Puglia, in diversa composizione, per nuovo esame e per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso a Roma, lì 13 febbraio 2025.