Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15945 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 15945 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 14/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25589/2022 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, con gli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME
-ricorrente-
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato
-controricorrente-
avverso la Sentenza della Commissione Tributaria di II Grado di Bolzano n. 9/2022 depositata il 18/03/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’Agenzia delle entrate – Direzione Provinciale di Bolzano, Ufficio Controlli, notificava alla Società RAGIONE_SOCIALE l’avviso di accertamento n. TBA03T100004CODICE_FISCALE per l’anno 2012, contestando alla Società, con formale sede legale in Austria, di avere in Italia la reale residenza fiscale, ex art. 73, co. 3, del Tuir e precisamente presso la sede della Società italiana “RAGIONE_SOCIALE” a Bressanone (BZ) – con conseguente soggezione alle obbligazioni tributarie nazionali.
Avverso il suddetto avviso di accertamento la RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso innanzi alla Commissione Tributaria di primo grado di Bolzano, notificato in data 14.12.2018 e depositato in pari data.
In data 31.05.2019, la Soc. RAGIONE_SOCIALE presentava domanda di definizione agevolata delle controversie tributarie pendenti ai sensi dell’art. 6 del d.l. 23 ottobre 2018, n. 119, e provvedeva contestualmente al pagamento della prima rata del dovuto.
In data 23.06.2020, l’Agenzia delle Entrate notificava diniego con la seguente motivazione: «La domanda di definizione agevolata riguarda un ricorso presentato in data 14/12/2018 quindi dopo il 23/10/2018, limite temporale previsto dalla normativa di riferimento. Inoltre, la domanda è stata anche presentata oltre il termine previsto del 31/05/2019».
Avverso il provvedimento di diniego la società ricorreva avanti alla Commissione Tributaria di primo grado di Bolzano, deducendo: i) di avere rispettato il termine per la presentazione della domanda di definizione agevolata posto al 31 maggio 2019 avendo la stessa presentato domanda cartacea allo sportello dell’Agenzia competente e offrendo prova documentale di tale circostanza; ii) che la controversia era definibile in quanto il ricorso era stato notificato entro la data di entrata in vigore della Legge di conversione, sulla base di un emendamento adottato successivamente alla promulgazione del Decreto legge.
L’Agenzia delle Entrate resisteva, affermando che aveva ricevuto in via telematica la domanda di definizione il giorno 12/06/2019, quindi in data successiva al termine di legge del 31 maggio 2019, e che, pertanto, la stessa era da ritenersi tardiva.
Nel merito deduceva che il limite temporale posto dal d.l. n. 119/2018 non aveva subito modifiche da parte della legge di conversione, la quale aveva modificato soltanto la percentuale dell’importo da assolvere per ottenere la definizione agevolata della
contro
versia, sicché il giudizio instaurato dalla RAGIONE_SOCIALE non era definibile.
I giudici di primo grado rigettavano il ricorso della società contribuente, sull’assunto che il comma 1 bis dell’art. 6 DL 119/2018, inserito dalla legge di conversione abbia soltanto introdotto, ad integrazione del comma 1, una percentuale più favorevole da pagare in caso di definizione di vertenze pendenti in primo grado e che l’ Ufficio, pertanto, ha correttamente respinto la domanda di definizione agevolata, in difetto del presupposto della pendenza della lite al 23 ottobre 2018, data di entrata in vigore del d.l. n. 119/2018.
La CTP di II Grado di Bolzano, con la sentenza indicata in epigrafe, rigettava quindi l’appello della contribuente, sulla base delle medesime argomentazioni spese dai primi giudici.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso la RAGIONE_SOCIALE sorretto da unico motivo e ha resistito, con controricorso, l’Amministrazione finanziaria.
Infine, la ricorrente ha depositato ‘istanza per la cessazione della materia del contendere’ con la quale ha dato atto che: i) con documento n. AT-NUMERO_CARTA (prodotto sub 1 in allegato) , l’Agenzia delle Entrate – Riscossione ha comunicato alla soc. RAGIONE_SOCIALE le somme dovute, in merito alla sua dichiarazione di adesione alla definizione agevolata ex art. 1, co. 231, L. 197/2022 (‘rottamazione quater’) presentata l’08.02.2023; ii) che, in data 31 ottobre 2023, la Soc. RAGIONE_SOCIALE ha interamente pagato le somme comunicate dall’Agenzia delle Entrate per la definizione agevolata dei carichi, come da ricevuta di pagamento (prodotta sub doc. 2).
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente, deve rigettarsi l’eccezione di inammissibilità del ricorso perché proposto tardivamente, sollevata dall’Agenzia delle entrate. A fronte della pubblicazione della sentenza di appello,
avvenuta in data 18/03/2022, il ricorso è stato notificato in data 19/10/2022, e dunque l’ultimo giorno utile, computandosi il periodo di 31 giorni di sospensione feriale, del termine semestrale previsto dall’art. 327, primo comma, c.p.c.
Ancora in via preliminare, la richiesta di dichiarazione della cessata materia del contendere non può essere accolta, rilevandosi che la presente causa ha ad oggetto il diniego della definizione agevolata ex art. 6 L. 119/2018 del giudizio di impugnazione dell’avviso di accertamento n. TBA03T100004CODICE_FISCALE per l’anno 2012, ritenuto legittimo dai giudici di merito e qui contestato con il ricorso in esame.
La definizione dei carichi pendenti ex art. 1, co. 231, L. 197/2022 (‘rottamazione quater’) invocata con l’istanza in questione ha ad oggetto la cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA senza alcun riferimento agli atti impositivi portati in esecuzione, riportando l’apposita casella del ‘ prospetto di sintesi’ contenuta nella comunicazione di Agenzia delle entrate -Riscossione la dicitura ‘non specificato’.
Deve pertanto procedersi all’esame del ricorso.
Con l’unico motivo di gravame la società ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. la «Violazione e/falsa applicazione dell’art. 6 comma 1 bis del decreto legge 23/10/2018 n. 119 come convertito in legge, con modificazione, dalla legge 17/12/2018 n. 136».
4.1. La società ricorrente assume che i giudici di appello, confermando la statuizione già assunta in primo grado, avrebbero erroneamente ritenuto che, a causa della mancata modifica del comma 4 del d.l. n. 119/2918, la data determinante per la pendenza dei giudizi definibili sarebbe rimasta ferma al 24 ottobre 2018 e che la modifica apportata in sede di conversione in legge abbia esclusivamente interessato la percentuale di imposta da versarsi per definire i giudizi pendenti in primo grado.
4.2. Sostiene la ricorrente che, al contrario, tutti i ricorsi pendenti alla data di vigenza della legge di conversione sarebbero definibili ai sensi dell’art. 6 comma 1 bis dell’art. 6 del decreto legge 119/2018, in ragione della modifica implicitamente apportata dagli emendamenti modificativi, e dunque, i ricorsi iscritti a ruolo sino alla data del 19/12/2019, come nel caso di specie.
4.3. Tale tesi, deduce la società, sarebbe supportata per analogia dalla lettura combinata dell’art. 41 bis del ‘ Decreto Aiuti bis ‘ (d.l. n. 115/2022), introdotto dalla Legge di conversione n. 142 del 21/09/2022, che ha modificato la data di pendenza delle liti definibili prevista dall’art. 5 della L. 31/8/2022 n. 130, recante ‘Disposizioni in materia di giustizia e di processo tributari’ , spostandola dal 15 luglio 2022 al 16 settembre 2022, data di entrata in vigore della L. n. 130/2022.
Il motivo è infondato.
5.1. L ‘articolo 6 , comma 4, del d.l. 23 ottobre 2018, n. 119 richiede che la lite fiscale sia pendente, anche a seguito di rinvio, alla data di entrata in vigore del «presente decreto», ossia che al 24 ottobre 2018 il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado sia stato notificato alla controparte. È inoltre necessario che, alla data di presentazione della domanda, il processo non si sia concluso con pronuncia definitiva.
In sostanza, la definizione delle liti può riguardare soltanto i rapporti pendenti alla data del 24 ottobre 2018 e, comunque, non esauriti alla data di presentazione della domanda.
Al contrario, non possono ritenersi definibili le cosiddette ‘liti potenziali’, riconducibili a quelle situazioni in cui il ricorso di primo grado non sia stato notificato alla data del 24 ottobre 2018, pur essendo pendenti, alla medesima data, i termini di impugnazione di un atto impositivo notificato al contribuente. In tal caso, peraltro il contribuente destinatario di un avviso di accertamento poteva accedere, purché ancora nei termini, alla definizione agevolata di
cui all’articolo 2 del medesimo d.l. n. 119 del 2018, rubricato ‘Definizione agevolata degli atti del procedimento di accertamento’ (in tal senso, v. anche la Circ. N. 6/E del 1° aprile 2019).
5.2. Correttamente, poi, il Collegio di secondo grado, confermando la sentenza dei primi giudici, ha rilevato come il comma 4 dell’art. 6 del D.l. 119/2018 non abbia subito modifiche e che quindi l’ambito applicativo rimanga quello dallo stesso comma 4 individuato, ossia con riferimento «alle controversie in cui il ricorso in primo grado è stato notificato alla controparte entro la data di entrata in vigore del presente decreto e per le quali alla data della presentazione della domanda di cui al comma 1 il processo non si sia concluso con pronuncia definitiva».
Il tenore letterale della norma e il fatto che non sia stato oggetto di modifiche in sede di conversione non lascia, infatti, spazio a dubbi interpretativi. A nulla vale infatti che la legge di conversione abbia aggiunto nel corpo dell’articolo 6 cit. il nuovo comma 1 bis, riducendo il ‘ costo ‘ della definizione delle liti pendenti in primo grado, posto che la pendenza è rimasta -espressamente ancorata al momento della notificazione del ricorso, da effettuarsi entro il 24 ottobre 2018.
5.3. Ancora, alcun conforto può trarre la tesi di parte ricorrente d all’invocata interpretazione analogica ricavata dalla disciplina della definizione agevolate di cui alla L. n. 130/2022.
In primo luogo, è dirimente la considerazione per cui, stante la natura eccezionale delle norme di natura premiale, esse non possono essere oggetto di interpretazione analogica.
In aggiunta si osserva, come d’altro canto la stessa ricorrente riporta, in sede di conversione del d.l. n. 115/2022 la modifica del termine temporale entro il quale i ricorsi pendenti potevano essere definiti con la procedura prevista dalla L. 31/8/2022 n. 130 è stata disposta espressamente, a differenza di quanto è avvenuto in
riferimento al d.l. 119/2022, ove è stata invece tenuta ferma la, altrettanto espressa, previsione originaria del decreto legge.
6. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna della ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M .
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 2.300,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 15/04/2025 e, a seguito di riconvocazione, il