Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 30454 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 30454 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 18/11/2025
Art. 6 d.l. n. 119 del 2018 -Definizione agevolata innanzi alla Corte di Cassazione -Soccombenza nei gradi di merito -* Principio di diritto.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19063/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dal l’Avvocatura generale dello Stato ,
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO,
-controricorrente – avverso la sentenza della COMM. TRIB. REG. VENETO n. 156/2016, depositata il 26/01/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 9 ottobre 2025 dal consigliere NOME COGNOME.
E sul ricorso iscritto al medesimo n. 19063/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO,
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dal l’Avvocatura generale dello Stato, controricorrente –
Avverso il provvedimento di diniego di definizione agevolata di cui alla domanda n. NUMERO_DOCUMENTO protocollo telematico n. 0829842.20/05/2019.
FATTI DI CAUSA
L’RAGIONE_SOCIALE notificava alla RAGIONE_SOCIALE avviso di accertamento (n. NUMERO_DOCUMENTO) con il quale, per l’anno di imposta 2007, rettificava quanto dichiarato dalla stessa ai fini Ires ed Irap e procedeva a tre riprese fiscali: con la prima, riteneva parzialmente indeducibile, ai fini Ires, la quota del trattamento di fine mandato (t.f.m.) spettante agli amministratori, pari ad euro 328.593,00; con la seconda recuperava a tassazione, ai fini Ires ed Irap, costi per provvigioni, portati in deduzione, ritenuti non di competenza dell’esercizio , per un importo di euro 19.432,00; con la terza, re lativa alla sola Irap, recuperava a tassazione l’importo di euro 22.522,00.
La società impugnava l’atto impositivo innanzi alla C.t.p. di Vicenza la quale, in accoglimento parziale del ricorso, lo annullava relativamente alle prime due voci del recupero e riteneva legittimo il terzo.
La sentenza di primo grado veniva impugnata dalla sola RAGIONE_SOCIALE, soccombente con riferimento alle prime due riprese, mentre la società contribuente prestava acquiescenza al capo della sentenza a sé sfavorevole, relativo, come detto, alla terza ripresa, e provvedeva anche al pagamento di quanto dovuto in ragione di quest’ultima.
La RAGIONE_SOCIALE, pronunciandosi sull’appello dell’Amministrazione , lo rigettava con la sentenza di cui all’epigrafe.
L ‘RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso per cassazione , contestando la sentenza di secondo grado nella parte in cui aveva escluso la legittimità della sola prima ripresa, (quella relativa al t.f.m.), e la società contribuente si difendeva a mezzo controricorso.
Nel corso dell’odierno giudizio di c assazione la società avanzava domanda di definizione agevolata ai sensi dell’art. 6 d.l. n. 119 del 2018 e, sul presupposto che l’Ufficio, con riferimento a quanto ancora oggetto del contendere, ovvero la sola prima ripresa, fosse risultato soccombente in entrambi i gradi di merito, versava il 5 per cento del valore della controversia in ragione di quanto stabilito dall’art. 6, comma 2ter , d.l. cit.
L’RAGIONE_SOCIALE notificava il diniego della definizione agevolata di cui all’epigrafe nel quale affermava testualmente: «la Contribuente ai fini della definizione della lite non poteva versare il 5% del valore della controversia bensì avrebbe dovuto versare il 100% di quanto deciso a favore dell’Ufficio ed il 15% di q uanto deciso in proprio favore»; Riteneva, infatti, che ricorresse la fattispecie della soccombenza parziale e che dovesse trovare applicazione l’art. 6, comma 2bis, e non il comma 2ter, d.l. cit.
Avverso il diniego la società propone ricorso innanzi a questa Corte e l’RAGIONE_SOCIALE si difende a mezzo controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il ricorso avverso la sentenza resa dalla C.t.r. l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE propone un unico motivo con il quale denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. , violazione e falsa applicazione degli artt. 50 e 105 t.u.i.r., degli artt. 2120 e 2389 cod. civ. e degli artt. 115 e 115 cod. proc. civ.
Censura la sentenza impugnata per aver negato l’equiparabilità, ai fini della deduzione, del t.f.m. all’indennità di fine rapporto dei lavoratori dipendenti.
Con il ricorso avverso il diniego di definizione agevolata la società ricorrente propone un unico motivo con i l quale sostiene l’illegittimità del diniego, stante la validità dell a definizione agevolata e l’esattezza RAGIONE_SOCIALE somme versate.
Il ricorso avverso il diniego di definizione agevolata va esaminato in via preliminare, in quanto al suo accoglimento conseguirebbe -in mancanza di ulteriori cause ostative, nella fattispecie non dedotte -l’estinzione del giudizio .
Il ricorso è fondato.
3.1. Non è controverso in fatto che, sebbene l’originaria domanda avesse ad oggetto tre riprese fiscali, la questione pendente innanzi a questa Corte attiene solo alla prima di queste relativa al trattamento fiscale del t.f.m. Infatti, sulla seconda ripresa, pure oggetto di annullamento, l’RAGIONE_SOCIALE , ancorché soccombente in secondo grado, nulla ha dedotto in questa sede. Sulla terza ripresa per la quale, invece, già la sentenza di primo grado aveva confermato la legittimità, la contribuente aveva prestato acquiescenza non proponendo appello (eventualmente in via incidentale) e provvedendo anche all’integrale pagamento.
In altri termini, all’esito del giudizio di primo grado , si formava il giudicato favorevole all’Amministrazione sul terzo recupero; all’esito del giudizio di secondo grado, si formava il giudicato favorevole alla contribuente sul secondo recupero; l’odierno giudizio, in pendenza del quale la contribuente ha presentato domanda di definizione agevolata, ha ad oggetto solo il primo recupero.
3.2. La questione oggetto del contendere -in merito alla correttezza degli importi versati per la definizione agevolata -è come
debba determinarsi, in questa condizione di soccombenza parziale e reciproca nei gradi di merito, l’importo a corrispondersi.
Più precisamente, secondo l’ Amministrazione, poiché nei gradi merito era risultata parzialmente vittoriosa -in quanto la terza ripresa era stata ritenuta legittima in primo grado e sulla questione si era formato il giudicato, atteso che il relativo capo della sentenza non era stato impugnato -alla fattispecie dovrebbe applicarsi il disposto di cui all’art. 6, comma 2, lett. b) d.l. n. 119 del 2018 e, dunque, la definizione si perfezionerebbe con il pagamento di un importo pari al 15 per cento del valore della controversia; secondo la società, invece, poiché sull’unico recupero oggetto del giudizio per cassazione l’Amministrazione era risultata soccombente in entrambi i gradi, dovrebbe applicarsi l’art. 6, comma 2 -ter d.l. cit., ai sensi del quale il contribuente è tenuto al pagamento di un importo pari al 5 per cento del valore della controversia.
3.2.1. Il primo comma dell’art. 6 , delimita il perimetro RAGIONE_SOCIALE controversie definibili con riferimento a quelle «pendenti in ogni stato e grado del giudizio».
Il presupposto della «pendenza» va valutato, pertanto, avendo esclusivamente riguardo a quanto ancora oggetto del contendere, rispetto all’originario atto impositivo impugnato. Di conseguenza, se l’accertamento aveva ad oggetto più riprese come nella fattispecie in esame -e su di queste si è formato il giudicato, è pendente la sola controversia non ancora definita.
In questo senso si è espressa anche l’RAGIONE_SOCIALE con la circolare 1° aprile 2019, n. 6, la quale, al punto 3, precisa che rimangono esclusi dalla disciplina di cui all’art. 6 d.l. n. 119 del 2018 i rapporti esauriti alla data del 24 ottobre 2018, in quanto già regolati da pronunce divenute definitive per mancata impugnazione ovvero già regolati da sentenze emesse dalla Corte di cassazione, che non abbiano
disposto il rinvio al giudice di merito ed aggiunge, al punto 5, che la definizione avviene con il pagamento di determinati importi rapportati al valore della controversia e che, ai fini della determinazione dell’effettivo valore di quest’ultima , vanno comunque esclusi gli importi di cui all’atto impugnato che eventualmente non formano oggetto della materia del contendere, come avviene, in particolare, in caso di contestazione parziale dell’atto impugnato, di formazione di un giudicato interno, di conciliazione o mediazione perfezionate che non abbiano definito per intero la lite ovvero in caso di parziale annullamento dell’atto a seguito di esercizio del potere di autotutela da parte dell’Ufficio, formalizzato tramite l’emissione di apposito provvedimento.
3.2.2. I commi successivi dell’art. 6 cit. -che fissano gli importi, in rapporto al valore della controversia, da corrispondersi per la definizione, in ragione dei diversi possibili esiti del giudizio nei vari gradi -vanno interpretati tenendo conto del perimento fissato dal primo comma; pertanto, per l’individuazione della percentuale da versarsi per la definizione -in ragione RAGIONE_SOCIALE diverse ipotesi contemplate dai commi, 1, 2, 2bis, 2ter -deve aversi riguardo soltanto a quanto ancora oggetto del contendere. In altri termini, con specifico riferimento al giudizio di cassazione, la sussistenza della soccombenza nei gradi di merito, va valutata, in ragione RAGIONE_SOCIALE sole riprese ancora sub judice.
Viceversa, il recupero fiscale sul quale si è formato il giudicato interno è estraneo all’oggetto del giudizio e non rileva nemmeno ai fini della determinazione RAGIONE_SOCIALE percentuali in ragione RAGIONE_SOCIALE quali definire la lite. (In questo senso anche Cass. 24/11/2022, n. 34706).
3.3. Concludendo, la ricorrenza di un’ipotesi di soccombenza in uno o in entrambi i gradi di merito, e la percentuale dell’importo controverso da versare per accedere alla definizione agevolata vanno
valutate in ragione di quanto ancora oggetto del contendere; se il giudizio in cassazione verte su una sola ripresa, la controversia tributaria pendente ha ad oggetto solo la medesima sicché è rispetto a detta ultima che dovrà verificarsi se l’Ufficio è risultato soccombente nel primo grado, nel secondo o in entrambi.
3.4. Va, pertanto, affermato il seguente principio di diritto: « In tema di definizione agevolata di cui all’art. 6 d.l. n. 119 del 2018, le controversie tributarie pendenti innanzi alla Corte di Cassazione possono essere definite, ai sensi del comma 2-ter, con il pagamento di un importo pari al 5 per cento del valore della controversia, ove l’Amministrazione , con specifico riferimento alla ripresa ancora sub judice, sia risultata soccombente in entrambi i gradi del giudizio di merito ».
3.5. Nella fattispecie in esame, sul primo recupero, relativo al t.f.m. -l’unico ancora sub judice -l’Amministrazione è risultata soccombente in entrambi i gradi del giudizio in quanto la C.t.p. ha annullato la ripresa e la C.t.r. ha confermato la sentenza di primo grado.
A nulla rileva che il contribuente sia risultato soccombente in primo grado sulla terza ripresa, in quanto la stessa -stante l’acquiescenza prestata non essendo stata gravata, in parte qua, la sentenza -non è oggetto del giudizio a definirsi, sicché il relativo debito tributario si è consolidato, non in virtù della definizione agevolata, bensì in ragione dei principi generali in tema di giudicato e della sua incontrovertibilità. Le somme portate dalla prima ripresa, in altri termini, sono dovute per intero dal contribuente (che per altro nella fattispecie in esame le ha già corrisposte) in quanto su di esse è sceso il giudicato e non in virtù di quanto previsto dall’art. 6 cit.
Il provvedimento di diniego della definizione agevolata non si è attenuto a questi principi. L’Ufficio , infatti, ha ritenuto che ricorresse nella fattispecie un’ipotesi di soccombenza nel solo secondo grado di
giudizio in quanto, nel primo grado, era risultato vittorioso su una diversa ripresa , sebbene quest’ultima non fosse più oggetto del contendere atteso che il contribuente aveva prestato acquiescenza alla sentenza non impugnandola e pagando il dovuto.
In mancanza di prospettazione di ulteriori ragioni preclusive, e accertata la definibilità della lite, stante l’ illegittimità del provvedimento di diniego, deve dichiararsi l’estinzione del presente giudizio atteso che ex art. 6, comma 6, d.l. cit., la definizione si perfeziona con la presentazione della domanda di cui al comma 8 e con il pagamento degli importi dovuti ai sensi del detto articolo o della prima rata entro il 31 maggio 2019. Invece, la cessazione della materia del contendere può essere dichiarata solo qualora risulti, al momento della decisione, che il debitore abbia anche provveduto al pagamento integrale del debito rateizzato (cfr. Cass. 03/10/2018, n. 24083).
Non deve provvedersi sulle spese del giudizio di legittimità, che restano a carico della parte che le ha anticipate, in applicazione del principio di cui agli artt. 46 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, e 6, comma 13, d.l. n. 119 del 2018, e della considerazione che il contenuto della definizione agevolata assorbe il costo del processo pendente.
Le spese di giudizio relative all’impugnazione del diniego , invece, seguono la soccombenza.
Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13 comma 1quater , d.P.R., 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso avverso il diniego di definizione agevolata e dichiara estinto il giudizio; condanna l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE al pagamento in favore della società contribuente RAGIONE_SOCIALE spese del
giudizio relativo all’impugnazione del diniego che liquida in euro 200,00 per esborsi, euro 2.300,00 per compensi, oltre il 15 per cento per spese generali, i.v.a. e c.p.a. come per legge.
Così deciso in Roma, il 9 ottobre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME