Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7798 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7798 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME FILIPPO
Data pubblicazione: 22/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26739/2017 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (C.F. P_IVA), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO COGNOME (C.F.) e dall’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO (C.F.) in virtù di procura speciale a margine del ricorso, elettivamente domiciliato presso lo studio del primo in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (C.F. CODICE_FISCALE), in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente –
Oggetto: tributi definizione agevolata
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia -Romagna, n. 3474/09/16, depositata in data 5 dicembre 2016 Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio del 5 ottobre 2023.
RILEVATO CHE
La società contribuente RAGIONE_SOCIALE, esercente l’attività di compravendita di immobili, ha impugnato un avviso di accertamento relativo al periodo di imposta 2006 con cui -a seguito di richiesta di documentazione – venivano accertate maggiori IRES, IRAP e IVA per effetto del disconoscimento di maggiori costi, relativi questi (come risulta dalla sentenza impugnata) a quattro fornitori di cui tre erano risultati evasori totali, nonché dell’accertamento di maggiori ricavi, accertati questi ultimi in relazione a cinque compravendite immobiliare in base ad indagini specificamente indirizzate in relazione a tali cessioni immobiliari, nonché in relazione ad ulteriori dieci compravendite ma sulla base del prezzo medio indotto dalle indagini finanziarie.
La CTP di Forlì ha parzialmente accolto il ricorso in relazione ai costi e ai ricavi accertati in relazione alle ulteriori dieci compravendite.
La CTR dell’Emilia -Romagna, con sentenza in data 5 dicembre 2016 ha rigettato l’appello della società contribuente e ha parzialmente accolto l’appello incidentale dell’Ufficio . Ha ritenuto il giudice di appello, quanto ai costi indeducibili, che la società contribuente, in risposta alle richieste dell’Ufficio, ha prodotto solo le fatture , peraltro redatte genericamente senza indicazione della quantità delle prestazioni eseguite, nonché le relative registrazioni contabili, senza peraltro produrre i contratti e i rapporti giornalieri relativi alle prestazioni eseguite, osservando che la documentazione contrattuale successivamente prodotta non è fornita di data certa. Ha, poi, valorizzato il giudice di appello la circostanza che alcuni dei fornitori
sono risultati sconosciuti al l’anagrafe tributaria. Quanto alle prime cinque compravendite, il giudice di appello ha rilevato che per alcuni dei contratti, i relativi contratti preliminari recavano un prezzo di cessione maggiore rispetto al contratto definitivo, circostanza che era stata confermata dalle dichiarazioni degli acquirenti e risultava indirettamente confermata dagli importi dei finanziamenti bancari erogati agli acquirenti. E’, stato, infine, rigettato l’appello incidentale dell’Ufficio in relaz ione alle ulteriori compravendite.
Propone ricorso per cassazione la società contribuente affidato a due motivi , cui resiste con controricorso l’Ufficio , il quale propone a sua volta ricorso incidentale affidato a un unico motivo.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo del ricorso principale si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 109 d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), degli artt. 19 e 21 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, degli artt. 112 e 115 cod. proc. civ. e dell’art. 2697 cod. civ., nella parte in cui la sentenza impugnata ha accolto l’appello in relazione al disconosciment o dei costi qualificati come inesistenti. Osserva parte ricorrente come il giudice di appello sarebbe incorso un una erronea percezione della causa petendi , in quanto l’Ufficio si sarebbe limitato a contestare la non inerenza dei costi e non l’inesistenza oggettiva degli stessi e a tale propos ito trascrive l’avviso impugnato. L’accertamento compiuto dal giudice di appello sarebbe, pertanto, viziato da ultrapetizione, con conseguente nullità della sentenza. Sotto un altro profilo, il ricorrente deduce erronea ripartizione dell’onere probatorio, nella parte in cui il giudice di appello ha ritenuto di addossare al contribuente l’inerenza dei costi . Sotto un ulteriore profilo, il ricorrente deduce che sarebbe stato del tutto pretermesso l’esame di documentazione, dalla quale emergerebbe l’esistenza e l’inerenza dei costi.
Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 7 d. lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, nonché dell’art. 2697 cod. civ. come interpretati dalla sentenza della Corte costituzionale n. 18/2000, nella parte in cui il giudice di appello ha posto a fondamento dell’accertamento dei maggiori ricavi le dichiarazioni di terzi. Osserva parte ricorrente come il giudice di appello avrebbe erroneamente considerato le dichiarazioni dei terzi acquirenti come fonte di prova, al pari di confessioni stragiudiziali, idonee a fonare la legittimità dell’accertamento , laddove le stesse possono rivestire il ruolo di mero elemento indiziario. Sotto questo profilo, parte ricorrente contrappone le proprie prove addotte nel giudizio di merito, dalle quali risulterebbe che le dichiarazioni dei terzi acquirenti sarebbero prive di pregnanza indiziaria in quanto in contrasto con gli ulteriori elementi di prova addotti.
Con l’unico motivo del ricorso incidentale, l’Ufficio deduce in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 39, primo comma, lett. d) d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, nella parte in cui la sentenza impugnata ha rigettato l’appello principale dell’Ufficio relativo ai maggiori ricavi desunti dalle ulteriori dieci compravendite. Osserva parte ricorrente incidentale che l’affermazione del giudice di appello secondo cui in assenza di accertamento analitico e, quindi, per effetto di prova diretta, non sarebbe possibile presumere i maggiori ricavi costituisce disconoscimento del valore indiziario degli elementi presuntivi nel processo tributario.
Il ricorrente principale ha, tuttavia, depositato memoria, con la quale dà atto di avere aderito alla definizione agevolata di cui all’art. 6 d.l. 23 ottobre 2018, n. 119, producendo l’originaria ricevuta dell’avvenuta presentazione della domand a (doc. 1), nonché @mail
(doc. 2) , con la quale l’Ufficio controricorrente comunica in data 23 settembre 2023 che « la domanda di definizione lite presentata dalla società RAGIONE_SOCIALE è stata liquidata dall’Ufficio come regolare. Anche i pagamenti ad oggi (rata n. 18) risultano regolari ».
Il giudizio va, pertanto, dichiarato estinto per intervenuta cessazione della materia del contendere; le spese restano a carico delle parti che le hanno anticipate.
P. Q. M.
La Corte dichiara l’estinzione del giudizio. Così deciso in Roma, in data 5 ottobre 2023