Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18701 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 18701 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 25114/2016 proposto da:
NOME COGNOME e COGNOME, in qualità di ex soci della società RAGIONE_SOCIALE di COGNOME RAGIONE_SOCIALE, nonché NOME COGNOME a titolo personale, rappresentanti e difesi, come da procura speciale a margine del ricorso per cassazione, dall’Avv. NOME COGNOME con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME, in Roma, INDIRIZZO
Pec:EMAIL;
Pec:EMAIL
-ricorrenti –
contro
Agenzia delle Entrate, nella persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i
cui uffici è elettivamente domiciliata, in Roma, INDIRIZZO
12 . Pec: EMAIL
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del VENETO, n. 445/2016, depositata in data 24 marzo 2016, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24 giugno 2025 dalla Presidente relatrice NOME COGNOME
RITENUTO CHE
L’Agenzia delle Entrate emetteva tre avvisi di accertamento nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE COGNOME Maurizio RAGIONE_SOCIALE (società cessata il 19 dicembre 2012), per le annualità 2005, 2006 e 2007, in seguito a fatture relative a operazioni oggettivamente inesistenti emesse dalle società RAGIONE_SOCIALE COGNOME Paola e RAGIONE_SOCIALE COGNOME Paolo ed altrettanti avvisi, per trasparenza, nei confronti dei due soci COGNOME Maurizio e COGNOME NOME.
I soci, sia in proprio che per la società, in seguito al rigetto del ricorso da parte dei giudici di primo grado, proponevano appello e la CTR, con la sentenza impugnata, in parziale riforma della sentenza di primo grado, annullava gli avvisi di accertamento impugnati fatta salva la parte riguardante l’Iva relativa agli anni d’imposta 2005 e 2006.
NOME Maurizio e COGNOME in qualità di ex soci della società RAGIONE_SOCIALE di NOME RAGIONE_SOCIALE, nonché NOME Maurizio a titolo personale, hanno proposto ricorso per cassazione con atto affidato a sette motivi.
L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
CONSIDERATO CHE
Col primo motivo si deduce il vizio di extra petitio , rispetto alla motivazione, sulla pretesa cristallizzata negli avvisi di accertamento; violazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990, dell’art. 56 del d.P.R. n. 633 del 1972, nonché dell’art. 112 c.p.c. (art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.). La CTR aveva violata il principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, stabilendo che tutte le operazioni contestate del 2005 e del 2006 erano soggettivamente inesistenti.
Col secondo motivo si deduce la nullità della sentenza e del procedimento per violazione dell’art. 112 c.p.c. per mutatio libelli. L’Agenzia delle entrate nelle controdeduzioni in primo grado aveva fornito una motivazione della pretesa diversa da quella degli avvisi di accertamento e, sul punto, la sentenza della CTR, che per tutte le operazioni aveva affermato la soggettiva inesistenza, era viziata.
Col terzo motivo deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 10 Costituzione, in relazione alla violazione della giurisprudenza UE e dei principi comunitari Iva (art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.). I giudici di secondo grado erano giunti alla conclusione di qualificare le prestazioni ricevuta dalla RAGIONE_SOCIALE come soggettivamente inesistenti senza vagliare minimamente se, nel caso specifico, sussistevano in capo ad essa, i presupposti dell’elemento soggettivo, così come individuati nella giurisprudenza della Corte di Giustizia UE prima e nella giurisprudenza nazionale.
Col quarto motivo deduce il difetto di motivazione degli avvisi per la mancata considerazione delle osservazioni al PVC ex art. 12 della legge n. 212 del 2000; la violazione dell’art. 7 e dell’art. 12 della legge n. 212 del 2000, dell’art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973, dell’art. 56 del d.P.R. n. 633 del 1972 e dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990. L’Ufficio si era rifiutato di prendere in considerazione le osservazioni al PVC perché elementi che provenivano dal procedimento penale.
Col quinto motivo deduce la violazione del diritto di difesa della socia della cessata società e del previo contraddittorio e la violazione dell’art. 24 Cost. e dell’art. 12 della legge n. 212 del 2000. Nelle fasi anteriori alla emissione dell’avviso di acce rtamento era stata completamente ignorata la socia, NOME COGNOME a cui non era stata data la possibilità di confrontarsi con i verificatori durante le fasi di verifica e formulare, entro 60 giorni dalla notifica del PVC, le osservazioni previste dalla norma.
Col sesto motivo deduce la violazione degli artt. 7 e 10 della legge n. 212 del 2000, dell’art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 56 del d.P.R. n. 633 del 1972, per la mancata notifica del PVC alla socia della cessata società e per la mancata allegazione del medesimo PVC all’avviso di accertamento notificato alla medesima (art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.).
Col settimo motivo deduce la violazione dell’art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 57 del d.P.R. n. 633 del 1972 (art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.). Le notizie di reato, per tutti gli anni, erano del 2013 e la prescrizione si era ampiamente verificata, con la conseguenza che se i reati erano prescritti, l’Ufficio non poteva usufruire dal raddoppio.
8 . In via preliminare va rilevato che i ricorrenti hanno depositato, con modalità telematiche, in data 9-10 giugno 2025, istanza di estinzione del giudizio, rappresentando di avere presentato, in data 16 gennaio 2023, domanda di definizione agevolata della presente controversia ai sensi dell’art. 5 della legge 31 agosto 2022, n. 130 ed allegando le domande di definizione agevolata per gli anni 2005 e 2006 e le quietanze di versamento degli importi dovuti (€ 1.820,00 per l’anno 2005 ed € 2.093,00 per l’anno 2006, versati in data 16 gennaio 2023, oltre € 387,00 per l’anno 2005 ed € 445,00 per l’anno 2006, versati sempre in data 16 gennaio 2023).
Tanto premesso, l’art. 5, comma 7, legge citata, recita che la definizione si perfeziona con la presentazione della domanda di cui al comma 8 entro « centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge » e con il pagamento degli importi dovuti. Qualora non ci siano importi da versare, la definizione si perfeziona con la sola presentazione della domanda. I commi 11 e 12 dell’art. 5 della legge n. 130 del 2022, prevedono, poi, che: « 11. L’eventuale diniego della definizione va notificato entro trenta giorni con le modalità previste per la notificazione degli atti processuali. Il diniego è impugnabile entro sessanta giorni dinanzi alla Corte di cassazione. 12. In mancanza di istanza di trattazione presentata dalla parte interessata, entro due mesi decorrenti dalla scadenza del termine di cui al comma 7, il processo è dichiarato estinto, con decreto del presidente. L’impugnazione del diniego vale anche come istanza di trattazione».
Ciò posto, dalla documentazione prodotta risulta che sono state presentate, in data 16 gennaio 2023, le domande di definizione agevolata per gli anni d’imposta 2005 e 2006, oggetto della controversia; sono stati eseguiti i versamenti dovuti e non è stato notificato alcun diniego da parte dell’Agenzia delle Entrate entro il termine di trenta giorni previsto dall’art. 5, comma 11, della citata legge.
Deve, quindi, dichiararsi l’estinzione del giudizio ai sensi dell’art. 5, comma 12, della legge n. 130 del 2022 (cfr. Cass., 28 settembre 2023, n. 27529; Cass., 20 ottobre 2023, n. 29218; Cass., 22 marzo 2024, n. 787120; Cass., 20 marzo 2025, n. 7496).
11.1 Le spese giudiziali restano a carico di chi le ha anticipate ex art. 5, comma 5, della legge 31 agosto 2022, n. 130.
11.2 L’adesione alla definizione agevolata comporta l’assenza dei presupposti per la condanna al doppio contributo unificato di cui all’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002 (cfr., tra le tante, Cass., 7 settembre 2023, n. 26073; Cass., 17 giugno 2022, n. 19559;
Cass., 9 marzo 2021, n. 6400; Cass., 28 maggio 2020, n. 10140; Cass., 7 dicembre 2018, n. 31732).
P.Q.M.
La Corte dichiara estinto il giudizio.
Le spese di lite restano a carico della parte che le ha anticipate.
Così deciso in Roma, in data 24 giugno 2025.