Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 26651 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 26651 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore, legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, ex lege , dall’RAGIONE_SOCIALE, e domiciliata presso i suoi uffici, alla INDIRIZZO in Roma;
-ricorrente – contro
COGNOME NOME ;
Oggetto: Irpef 2009 – Diniego di condono -Richiesto in relazione a pretesa tributaria onorata.
-intimata –
avverso
la sentenza n. 4717, pronunciata dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio il 22.6.2023, e pubblicata il 2.8.2023;
ascoltata la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; la Corte osserva:
Fatti di causa
COGNOME NOME riceveva dall’Ente impositore la notificazione dell’avviso di liquidazione n. 2009 1T021828 000 con il quale era corretta, sulla base della dichiarazione dei redditi
presentata dalla contribuente, il valore di tre cessioni immobiliari, in relazione all’anno 2009. La contribuente pacificamente onorava il proprio debito fiscale.
Alla contribuente, e ad NOME COGNOME, era quindi notificato l’avviso di rettifica e liquidazione recante anch’esso n. 2009 1T021828 000, con il quale l’Amministrazione finanziaria rettificava i valori dichiarati dalle parti nell’atto di compravendita di una trattoria, e richiedeva il pagamento dei maggiori importi dovuti in base ai valori come rettificati.
I contribuenti impugnavano l’avviso di rettifica e liquidazione innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma proponendo plurime censure, procedimentali e di merito. La CTP riteneva infondate le difese proposte dai contribuenti, e rigettava il loro ricorso.
NOME COGNOME spiegava appello avverso la decisione sfavorevole conseguita nel primo grado del giudizio, innanzi alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, riproponendo le proprie censure (sent. Cgt Lazio, p. II). A seguito della pronuncia di primo grado la contribuente presentava anche domanda di definizione agevolata della controversia ai sensi dell’art. 11 del Dl n. 50 del 2017, come conv., indicando di voler definire un avviso di liquidazione, non di rettifica e liquidazione. L’RAGIONE_SOCIALE opponeva il proprio diniego, perché l’avviso di liquidazione non poteva essere definito mediante condono essendo già stato onorato dalla parte che aveva versato quanto dovuto. Neppure, del resto, l’istanza poteva essere ritenuta riferibile all’avviso di rettifica e liquidazione, perché gli importi non coincidevano. Peraltro la contribuente riteneva di avere versato quanto dovuto e, in relazione alla richiesta di definizione agevolata, non corrispondeva alcun importo. La contribuente contestava quindi, innanzi al giudice di secondo grado, anche il provvedimento di diniego che riteneva illegittimo.
La Cgt del Lazio accoglieva il ricorso scrivendo in dispositivo ‘per l’effetto dichiara valida e sussistente la richiesta di definizione agevolata sia nella forma che nella sostanza economica’ (sent. Cgt Lazio, p. III).
Avverso la decisione sfavorevole adottata dal giudice dell’appello ha proposto ricorso per cassazione l’Amministrazione finanziaria. La contribuente ha ricevuto la notificazione del ricorso presso il difensore costituito in grado di appello, mediante Pec consegnata il 29.2.2024, ma non ha svolto difese nel giudizio di legittimità.
Motivi della decisione
Con il suo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 4 e 5, cod. proc. civ., in conseguenza della violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., l’Amministrazione finanziaria contesta il travisamento della prova in cui è incorso il giudice del gravame avendo erroneamente affermato che la definizione agevolata fosse stata richiesta dalla RAGIONE_SOCIALE legittimamente e con riferimento all’avviso di rettifica e liquidazione oggetto di questo giudizio, mentre la richiesta poteva ritenersi riferibile solo a diverso atto impositivo, già onorato dalla contribuente, ed all’istanza di definizione agevolata è stato pertanto correttamente opposto il diniego.
La Cgt del Lazio ricorda che, nella tesi della contribuente, la definizione agevolata doveva ritenersi pienamente legittima, e con la stessa erano state liquidate esattamente le imposte dovute ‘come differenziale rispetto a quelle già pagate’ (sent. Cgt II, p. II). Ritiene quindi il giudice del gravame che ‘l’Ufficio abbia ingenerato confusione con il proprio provvedimento di diniego’, perché i due atti cui fa riferimento sono in realtà uno solo.
In conseguenza, sebbene l’Ufficio avesse dettagliatamente illustrato perché i dati contabili indicati nella domanda di definizione agevolata fossero senz’altro non riferibili all’atto oggetto del
giudizio ed esemplificando risultava tra l’altro dovuto un importo per la prima rata di Euro 7.350,72, mai versato – il giudice del gravame ha ritenuto di definire il giudizio affermando in dispositivo: ‘Dichiara valida e sussistente la richiesta di definizione agevolata sia nella forma che nella sostanza economica’ (sent. Cgt Lazio, p. III)
2.1. Nella singolare vicenda descritta, condivisa l’osservazione della Corte tributaria laziale secondo cui emettere due atti di imposizione tributaria recanti il medesimo numero può ingenerare confusione, appare almeno chiara la contestazione proposta dall’Amministrazione finanziaria. Nella prospettazione dell’Ente impositore la contribuente ha domandato la definizione agevolata in relazione a debito fiscale riportato in atto di liquidazione che aveva già onorato, ed in tal senso ha proposto un’istanza inammissibile.
Anche a voler interpretare la richiesta come relativa al diverso atto di rettifica e liquidazione, che è oggetto del presente giudizio, la richiesta rimarrebbe inammissibile, perché riporta cifre offerte per la definizione che non sono coerenti con la pretesa fiscale che la parte intenderebbe condonare.
Peraltro, la contribuente ha calcolato le cifre dovute in sede di condono in considerazione di quanto già versato, ma non emerge dagli atti di causa a disposizione di questa Corte di legittimità a quali cifre intenda operare riferimento, né come abbia provato di averle versate.
2.2. Anche l’impugnata pronuncia del giudice dell’appello non appare interamente comprensibile. La Corte tributaria regionale riporta la contestazione dell’Amministrazione finanziaria, invero rilevante ai fini dell’accesso alla definizione agevolata domandata, secondo cui i dati contabili indicati nella richiesta di condono non possono ritenersi compatibili con la pretesa fiscale da onorare in relazione a questo giudizio, ma non illustra perché la ritenga
infondata. Il giudice dell’appello afferma che l’atto oggetto di definizione agevolata è il medesimo che è oggetto di questo giudizio ma, a fronte del chiaro argomento proposto dall’Amministrazione finanziaria secondo cui i due atti sono diversi, il giudice non chiarisce su che cosa fondi la propria valutazione.
2.3. Del resto, il giudice del gravame ha ritenuto di definire la controversia, ma si è limitato a ritenere legittima l’istanza di condono, e nulla ha specificato circa la sorte del presente giudizio.
In definitiva il ricorso introdotto dall’RAGIONE_SOCIALE deve essere accolto, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lazio perché proceda a nuovo esame non mancando, se del caso, di esaminare le questioni proposte dalle parti e ritenute assorbite nella decisione impugnata, in ordine alle quali non debbano ritenersi maturate preclusioni o decadenze.
La Corte di Cassazione,
P.Q.M.
accoglie il ricorso proposto dall’ RAGIONE_SOCIALE , cassa la decisione impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio perché, in diversa composizione e nel rispetto dei principi esposti, proceda a nuovo giudizio, e provveda anche a regolare tra le parti le spese di lite del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 26 settembre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME