Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 17584 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 17584 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 30/06/2025
Cartella di pagamento e art. 36-bis d.P.R. n. 600 del 1973
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4908/2022 R.G. proposto da: pro tempore,
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore rappresentata e difesa dal l’Avvocatura generale dello Stato ;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv . NOME COGNOME e NOME COGNOME
-controricorrente –
e nei confronti di RAGIONE_SOCIALE
-intimata –
avverso la sentenza della COMM. TRIB. REG. CAMPANIA, n. 6317/2021, depositata il 6/08/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17
giugno 2025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La RAGIONE_SOCIALE impugnava innanzi alla CTP di Napoli la cartella di pagamento n. 7120180017025581 con la quale, a seguito di controllo automatizzato, ex articolo 36bis d.P.R. n. 600 del 1973 e 54bis , d.P.R. n. 633 del 1972, le era stato richiesto il pagamento della somma complessiva di euro 43.250,03, con riferimento all’ anno d’imposta 2014 . L’Ufficio contestava omessi versamenti, oltre sanzioni e interessi (per euro 234,57) e tardivi versamenti Ires e Iva, oltre interessi (per euro 41.750,03).
La CTP rigettava il ricorso.
In pendenza dei termini per impugnare, la contribuente presentava domanda di definizione agevolata della lite ex art. 6 d.l. n. 119 del 2018 che veniva rigettata dall’Ufficio sul presupposto che la cartella non fosse tra gli atti passibili di definizione in quanto avente natura riscossiva e non impositiva.
La contribuente, pertanto, proponeva appello avverso la sentenza di primo grado, contestando, altresì, il provvedimento di diniego.
La CTR, con la sentenza di cui all’epigrafe, dichiarava l’estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere.
Rilevava che la cartella di pagamento impugnata era atto definibile secondo le modalità stabilite dall’art. 6 cit. in quanto «primo ed unico atto mediante il quale la pretesa fiscale è esercitata nei confronti del dichiarante» come ritenuto da consolidato orientamento giurisprudenziale.
Avverso detta sentenza l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione evocando in giudizio anche la società di riscossione, già parte dei giudizi di merito.
La società contribuente si è costituita con controricorso, mentre l’Ente di Riscossione non ha svolto attività difensiva.
La contribuente ha depositato memoria con la quale ha chiesto in via principale l’estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere, assumendo di aver aderito alla definizione agevolata di cui all’art. 1, commi da 186 a 202, legge n. 197 del 2022 e di aver pagato tutto quanto dovuto; in via subordinata ha insistito per il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo l’Agenzia delle entrate denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e la nullità della sentenza.
Censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha affermato che la cartella costituiva il primo ed unico atto con il quale era stata esercitata la pretesa tributaria e rileva che, invece, nella fattispecie, la cartella era stata preceduta dalla comunicazione di irregolarità. Aggiunge che tale circostanza era stata oggetto di esame da parte della CTP la quale -rispondendo alla censura con la quale il contribuente aveva denunciato l’omesso invio di detta comunicazione aveva rilevato che la medesima era stata regolarmente trasmessa a mezzo pec; che la questione era stata riproposta in appello; che la contribuente aveva insistito sul fatto che la comunicazione non era mai avvenuta; che l’Ufficio aveva ribadito la sua trasmissione. Evidenzia, per l’effetto, un vizio di omessa pronuncia della sentenza per non essersi pronunciata sulla relativa questione.
Con il secondo motivo, proposto in via subordinata, denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. la violazione
dell’art. d.l. 23 ottobre 2018, n. 119, convertito con modificazioni dalla legge 23 ottobre 2018, n. 146 e dell’art. 6 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546.
Ripropone la medesima questione facendo valere una violazione di legge ed assumendo che la cartella esattoriale non poteva essere considerata il primo ed unico atto con il quale era stata esercitata la pretesa tributaria in quanto preceduta dalla notifica della comunicazione di irregolarità.
Preliminarmente va disattesa l’istanza di estinzione del giudizio avanzata dalla società contribuente con la memoria ex art. 380-bis.1 cod. proc. civ. ai sensi dell’art. 1, commi da 186 a 202 , legge n. 197 del 2022.
La domanda di definizione in atti ha ad oggetto altro contezioso, ovvero giudizio pendente innanzi alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Campania iscritto al n. RG 145 del 2022 riferito ad un avviso di accertamento (TF503AC02436) per l’anno di imposta 2015 di cui al ricorso notificato in primo grado il 2 luglio 2021.
L’odierno giudizio, invece, si riferisce ad una cartella relativa ai redditi del 2014 oggetto di giudizio iscritto innanzi alla CTR della Campania al n. RG 4528 del 2020.
4. I motivi, da esaminarsi congiuntamente in quanto connessi, sono infondati.
4.1. In via preliminare, va disattesa l’eccezione di inammissibilità dei motivi sollevata dalla contribuente.
Quest’ultima assume che la CTR avrebbe accertato in fatto la mancanza della notificazione della comunicazione di irregolarità e che, pertanto, il primo motivo sarebbe inammissibile. Tuttavia, tale statuizione non è contenuta nella sentenza né la medesima può ritenersi oggetto di una statuizione implicita. La CTR ha risolto la questione in diritto ritenendo il giudizio -avente ad oggetto la cartella
emessa a seguito di procedura automatizzata -tra quelli definibili in via agevolata, non affrontando l ‘ulteriore questione posta dall’U fficio per il caso in cui la cartella fosse stata preceduta dall’avviso di irregolarità.
4.2. Nel merito, è noto che le Sezioni Unite della Corte, risolvendo il contrasto registrato sulla questione, hanno dato continuità all’indirizzo per il quale l’impugnazione della cartella di pagamento, con cui l’Amministrazione liquida le imposte calcolate sui dati forniti dallo stesso contribuente, dia origine ad una controversia definibile in forma agevolata, ai sensi dell’art. 6 d.l. n. 119 del 2018, in quanto detta cartella, essendo l’unico atto portato a conoscenza del contribuente con cui si rende nota la pretesa fiscale e non essendo preceduta da avviso di accertamento, è impugnabile non solo per vizi propri della stessa, ma anche per questioni che attengono direttamente al merito della pretesa fiscale ed ha, quindi, natura di atto impositivo (Cass., Sez. U., 25/06/2021, n. 18298). Si è precisato, infatti, che può attribuirsi alla cartella, proprio per la mancanza di un previo avviso di accertamento, natura di atto complesso, che, oltre a svolgere la funzione di un comune precetto, «impone» per la prima volta al contribuente una prestazione determinata nell’an e nel quantum ; che detto orientamento è coerente con il principio dell’emendabilità, da parte del contribuente, in sede contenziosa, della dichiarazione dei redditi, quale dichiarazione di scienza, nei termini affermati da queste Sezioni Unite (cfr. Cass., Sez. U., 30/06/2016, n. 13378).
4.3 . L’Agenzia delle entrate assume che – nella fattispecie in esame – la cartella era stata preceduta dalla comunicazione di irregolarità, sicché non poteva considerarsi il primo atto con il quale era stata resa nota ed azionata la pretesa fiscale e denuncia, per l’effetto, sia l’omessa pronuncia sulla specifica questione sia la violazione di legge.
Questa Corte, tuttavia, nella scia di quanto fissato dalle Sezioni Unite, ha precisato che la soluzione non è preclusa dalla circostanza che la cartella sia stata preceduta dalla notifica della dichiarazione di irregolarità (il c.d. avviso bonario). Infatti, l’impugnazione di quest’atto è meramente facoltativa, non rientrando il medesimo nel novero degli atti elencati nell’art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 sicché in caso di mancata impugnazione non può esservi la cristallizzazione della pretesa tr ibutaria e con l’impugnazione della successiva cartella possono proporsi anche motivi relativi al merito della pretesa (Cass. 23/05/2022, n. 16488).
4.4. Va ribadito, pertanto, il seguente principio di diritto: « I n tema di definizione agevolata, il giudizio avente ad oggetto l’impugnazione della cartella emessa in sede di controllo automatizzato ex art. 36-bis d.P.R. n. 600 del 1973, dà origine a una controversia suscettibile di definizione ex art. 6 d.l. n. 119 del 2018, convertito dalla legge n. 136 del 2018, anche qualora la predetta cartella sia stata preceduta dalla notificazione dell’avviso di irregolarità (cd. avviso bonario) ».
4.5. In ragione del principio sopra esposto resta esclusa la violazione di legge denunciata con il secondo motivo del ricorso.
Quanto, invece, alla omessa pronuncia, nel giudizio di legittimità, alla luce dei principi di economia processuale e della ragionevole durata del processo di cui all’art. 111 Cost., nonché di una lettura costituzionalmente orientata dell’attuale art. 384 cod. proc .civ., una volta verificata l’omessa pronuncia su un motivo di appello, la Corte di legittimità può evitare la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e decidere la causa nel merito sempre che si tratti di questione di diritto che non richiede ulteriori accertamenti di fatto (Cass. 16/06/2023 n.17416).
Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.
Alla soccombenza segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, che si liquidano nei sensi di cui in dispositivo.
Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere Amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, non si applica l’art. 13 comma 1quater , d.P.R., 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna l ‘ Agenzia delle entrate al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 200,00 per esborsi e in euro 4.500,00 per compensi, oltre il 15% a titolo di rimborso forfetario per spese generali, i.v.a. e c.p.a. come per legge.
Così deciso in Roma, il 17 giugno 2025.