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Definizione agevolata cartella: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha stabilito che una cartella di pagamento, emessa a seguito di controllo automatizzato, può rientrare nella definizione agevolata. Se la cartella è il primo atto con cui si comunica la pretesa fiscale, essa assume natura di atto impositivo, rendendo legittima l’istanza di condono da parte del contribuente. La sentenza respinge il ricorso dell’Amministrazione Finanziaria, confermando che la lite non era fittizia e la cartella era definibile.

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Pubblicato il 14 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Definizione agevolata cartella: La Cassazione apre ai condoni per atti da controllo automatizzato

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha consolidato un principio fondamentale per i contribuenti, confermando la possibilità di accedere alla definizione agevolata per la cartella di pagamento emessa a seguito di un controllo automatizzato. Questa decisione chiarisce che, a determinate condizioni, anche un atto formalmente di riscossione può essere considerato un vero e proprio atto impositivo, aprendo così le porte a strumenti di condono altrimenti preclusi. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante pronuncia.

I Fatti di Causa: Il Contenzioso sulla Cartella di Pagamento

Il caso ha origine dall’impugnazione di una cartella di pagamento relativa a IRPEF e contributo per l’Europa per l’anno d’imposta 1996, emessa ai sensi dell’art. 36-bis del D.P.R. 600/1973. Successivamente, il contribuente contestava il diniego opposto dall’Amministrazione finanziaria alla sua richiesta di definizione agevolata (il cosiddetto ‘condono’) prevista dalla legge n. 289 del 2002.

Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale avevano dato ragione al contribuente. In particolare, i giudici di secondo grado avevano ritenuto che la lite sulla cartella fosse una controversia effettiva e non meramente apparente, anche in virtù di una plausibile eccezione di decadenza sollevata dal contribuente. L’Agenzia delle Entrate, non accettando la decisione, proponeva ricorso per Cassazione, sostenendo che la cartella, essendo un atto di mera riscossione e non impositivo, non potesse rientrare nell’ambito di applicazione della specifica definizione agevolata richiesta.

La Decisione della Corte e la definizione agevolata della cartella

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso dell’Agenzia delle Entrate. I giudici hanno esaminato congiuntamente i motivi di ricorso, centrati sulla natura della cartella di pagamento e sulla sua suscettibilità a essere definita in via agevolata.

La questione cruciale era stabilire se una cartella emessa ex art. 36-bis potesse essere considerata un ‘atto dell’imposizione’ ai fini della legge sul condono. La risposta della Corte è stata affermativa, basandosi su un orientamento ormai consolidato delle Sezioni Unite.

Le Motivazioni: Perché la Cartella può essere un Atto Impositivo

La Corte ha richiamato una sua precedente pronuncia a Sezioni Unite (n. 18298/2021), che, sebbene relativa a una più recente forma di definizione agevolata, ha stabilito un principio di portata generale. Le Sezioni Unite avevano chiarito che una cartella di pagamento, emessa a seguito di controllo automatizzato, quando costituisce il primo e unico atto con cui la pretesa fiscale viene comunicata al contribuente, assume la natura di atto impositivo.

In questi casi, la cartella non è un mero atto di riscossione di un debito già accertato, ma è il provvedimento che porta a conoscenza del contribuente la pretesa stessa. Di conseguenza, essa può essere impugnata non solo per vizi propri (es. errori di notifica), ma anche per contestare il merito della pretesa tributaria. Questa duplice natura la qualifica a tutti gli effetti come atto suscettibile di definizione agevolata, analogamente a un avviso di accertamento. I giudici hanno specificato che tale principio è pienamente applicabile, per analogia, anche alla definizione prevista dalla legge n. 289 del 2002, oggetto della controversia.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per i Contribuenti

La decisione consolida un importante baluardo a tutela del contribuente. Viene confermato che la sostanza dell’atto prevale sulla sua forma. Una cartella di pagamento che, di fatto, funge da primo atto di accertamento, non può essere esclusa dai benefici di un condono solo per il suo ‘nomen iuris’. Questo significa che i contribuenti che ricevono una cartella di questo tipo, senza aver mai ricevuto un avviso bonario o altro atto precedente, hanno il diritto di accedere alle procedure di definizione agevolata previste dalla legge, qualora ne ricorrano i presupposti. La sentenza rafforza il diritto di difesa e garantisce un’applicazione più equa e sostanziale delle normative sui condoni fiscali.

Una cartella di pagamento emessa dopo un controllo automatizzato (ex art. 36-bis) può essere oggetto di definizione agevolata?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, se la cartella di pagamento è il primo e unico atto con cui l’Amministrazione finanziaria comunica la pretesa fiscale al contribuente, essa è suscettibile di definizione agevolata ai sensi dell’art. 16 della legge n. 289 del 2002.

Perché la cartella di pagamento viene considerata un atto impositivo in questi casi?
Perché non si limita a richiedere il pagamento di un debito già noto, ma costituisce il primo atto con cui la pretesa fiscale viene formalmente comunicata. Pertanto, può essere impugnata sia per vizi propri sia per contestare nel merito il debito tributario, assumendo così la natura di un atto impositivo.

Il principio stabilito per le definizioni agevolate più recenti si applica anche a quelle precedenti, come quella della legge 289/2002?
Sì. La Corte ha chiarito che il principio secondo cui la cartella-primo atto è un atto impositivo, già affermato per la definizione agevolata del 2018, è pacificamente applicabile per analogia anche alla definizione prevista dall’art. 16 della legge n. 289 del 2002.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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