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Definizione agevolata cartella: la Cassazione decide

Un contribuente ha impugnato una cartella di pagamento, chiedendo in appello la definizione agevolata della lite. La Commissione Tributaria Regionale ha respinto la richiesta, ma la Corte di Cassazione ha annullato tale decisione. La Suprema Corte ha stabilito che la definizione agevolata cartella è ammissibile anche se l’atto deriva da un controllo automatizzato, qualora rappresenti il primo atto con cui la pretesa fiscale viene comunicata al contribuente. Il caso è stato rinviato per una nuova valutazione.

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Pubblicato il 17 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Definizione Agevolata Cartella: Sì Anche per Controlli Automatizzati

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha chiarito un punto fondamentale per i contribuenti: la definizione agevolata cartella è accessibile anche quando l’atto deriva da un controllo automatizzato. Questa decisione consolida un orientamento favorevole al contribuente, specificando che se la cartella di pagamento è il primo atto con cui la pretesa fiscale viene resa nota, essa può essere oggetto di definizione agevolata.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dall’impugnazione di una cartella di pagamento relativa all’IVA dichiarata ma non versata per l’anno d’imposta 2010. Il contribuente lamentava, tra le altre cose, l’omesso invio dell’avviso bonario e la nullità della notifica della cartella stessa.

Inizialmente, la Commissione Tributaria Provinciale aveva accolto il ricorso del contribuente. Successivamente, durante il giudizio di appello, il contribuente ha presentato domanda di definizione agevolata della lite ai sensi dell’art. 6 del D.L. n. 119/2018, pagando la prima rata.

Tuttavia, la Commissione Tributaria Regionale ha ribaltato la decisione di primo grado, accogliendo l’appello dell’Agenzia delle Entrate Riscossione e respingendo la richiesta di sospensione del giudizio. La motivazione dei giudici d’appello si basava sull’idea che la cartella, essendo un atto meramente liquidativo di imposte già dichiarate e non un atto impositivo, non potesse rientrare nell’ambito della definizione agevolata.

Contro questa sentenza e contro il successivo provvedimento di diniego della definizione da parte dell’Agenzia, il contribuente ha proposto ricorso in Cassazione.

La Questione sulla Definizione Agevolata della Cartella

Il nodo centrale della controversia era stabilire se una cartella di pagamento, emessa a seguito di controllo automatizzato ex art. 36-bis d.P.R. 600/1973, potesse essere considerata un atto idoneo per accedere alla definizione agevolata delle liti pendenti.

Secondo la tesi della Commissione Tributaria Regionale, la natura “liquidativa” e non “impositiva” della cartella la escludeva da tale beneficio. Questo perché l’atto non introduceva una nuova pretesa fiscale, ma si limitava a richiedere il pagamento di quanto già esposto dal contribuente stesso nella propria dichiarazione.

Il contribuente, invece, sosteneva che la cartella, essendo il primo ed unico atto con cui veniva a conoscenza della pretesa, doveva essere considerata a tutti gli effetti impugnabile non solo per vizi propri, ma anche nel merito, e di conseguenza dovesse rientrare a pieno titolo nella procedura di definizione agevolata.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il primo motivo di ricorso del contribuente, ritenendo fondata la sua tesi. Richiamando un proprio orientamento consolidato (a partire dalla sentenza n. 18298 del 2021), la Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: anche un giudizio che ha per oggetto l’impugnazione di una cartella emessa a seguito di controllo automatizzato dà origine a una controversia suscettibile di definizione agevolata cartella.

La condizione essenziale, specificano i giudici, è che tale cartella costituisca “il primo ed unico atto col quale la pretesa fiscale è comunicata al contribuente”. In una simile circostanza, la cartella diventa impugnabile non solo per vizi formali o procedurali (come la mancata notifica), ma anche per motivi che attengono al merito della pretesa impositiva stessa.

Di conseguenza, la lite pendente avente ad oggetto tale atto rientra pienamente nel perimetro applicativo della definizione agevolata. La Corte ha quindi cassato la sentenza impugnata, affermando che il giudice di merito avrebbe dovuto sospendere il giudizio in attesa della definizione della procedura.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza rafforza la tutela del contribuente, garantendo il diritto di accedere agli strumenti deflattivi del contenzioso anche in relazione ad atti emessi tramite procedure automatizzate. La decisione chiarisce che la natura dell’atto non va valutata in astratto, ma in concreto, in base al suo ruolo nella sequenza procedimentale.

Se la cartella di pagamento è il primo atto che porta a conoscenza del contribuente la pretesa del Fisco, essa assume una valenza sostanzialmente impositiva e, pertanto, la lite che ne scaturisce può essere definita in modo agevolato. La Corte di Cassazione ha quindi rinviato la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sardegna, che dovrà riesaminare la questione attenendosi a questo principio di diritto e decidere sulla domanda di definizione.

Una cartella di pagamento emessa dopo un controllo automatizzato può rientrare nella definizione agevolata delle liti pendenti?
Sì, secondo la Corte di Cassazione, una cartella di pagamento emessa a seguito di controllo automatizzato può essere oggetto di definizione agevolata, a condizione che sia il primo e unico atto con cui la pretesa fiscale viene comunicata al contribuente.

Perché la Corte di Cassazione ha considerato la cartella di pagamento un atto impugnabile anche nel merito?
Perché, quando la cartella è il primo atto notificato, essa non si limita a liquidare un’imposta ma di fatto rende nota per la prima volta la pretesa dell’Amministrazione. Di conseguenza, il contribuente ha il diritto di contestarla non solo per vizi di forma, ma anche per ragioni sostanziali relative alla pretesa stessa, rendendola equiparabile a un atto impositivo ai fini dell’impugnazione e della definizione agevolata.

Cosa succede ora nel caso specifico dopo la decisione della Cassazione?
La sentenza della Commissione Tributaria Regionale è stata annullata (cassata). Il caso è stato rinviato alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sardegna, la quale dovrà riesaminare la vicenda e decidere sulla domanda di definizione del contribuente, applicando il principio di diritto stabilito dalla Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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