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Definizione agevolata cartella: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha stabilito che una cartella di pagamento, emessa a seguito di controllo automatizzato, può essere oggetto di definizione agevolata se rappresenta il primo atto con cui la pretesa fiscale viene comunicata al contribuente. In un caso riguardante omessi versamenti Irap e Ires, una società aveva richiesto la definizione agevolata della lite pendente. L’Agenzia delle Entrate aveva negato la richiesta, sostenendo che la cartella fosse un mero atto di riscossione. La Suprema Corte ha invece accolto il ricorso del contribuente, qualificando tale cartella come atto impositivo e dichiarando estinto il giudizio.

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Pubblicato il 5 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Definizione Agevolata per Cartelle di Pagamento: La Cassazione Fa Chiarezza

L’istituto della definizione agevolata delle liti fiscali rappresenta un’importante opportunità per i contribuenti, ma la sua applicabilità a specifici atti, come le cartelle di pagamento emesse a seguito di controlli automatizzati, è spesso fonte di dibattito. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento fondamentale, stabilendo che anche queste cartelle possono rientrare nel perimetro della sanatoria, a determinate condizioni.

I Fatti: Il Contesto della Controversia Fiscale

Una società a responsabilità limitata si era vista notificare una cartella di pagamento per presunti omessi versamenti di Irap e Ires relativi all’anno d’imposta 2005. La cartella era stata emessa a seguito di una procedura di controllo automatizzato ai sensi dell’art. 36-bis del d.P.R. 600/1973.

La società contribuente aveva impugnato l’atto, sostenendo di aver già effettuato i pagamenti. L’Agenzia delle Entrate, tuttavia, aveva proceduto solo a uno sgravio parziale, imputando d’ufficio alcuni versamenti a un debito pregresso relativo a un’annualità differente (2004) e lasciando residuare un debito per la sola Irap. La controversia era proseguita attraverso i vari gradi di giudizio, fino ad approdare in Corte di Cassazione.

La Domanda di Definizione Agevolata e il Diniego dell’Agenzia

Nel corso del giudizio di legittimità, la società ha presentato istanza di definizione agevolata della lite, come previsto dall’art. 6 del d.l. n. 119 del 2018. Sorprendentemente, l’Agenzia delle Entrate ha notificato un atto di diniego, motivando la sua decisione sul presupposto che la cartella di pagamento impugnata fosse un atto di mera riscossione e non un atto impositivo, e come tale non rientrasse tra le controversie definibili in via agevolata.

Contro tale diniego, la società ha proposto un ulteriore ricorso in Cassazione, portando la questione all’attenzione della Suprema Corte, chiamata a decidere in via preliminare sulla possibilità di definire la lite prima di esaminare il merito della controversia originaria.

Le Motivazioni della Corte sulla Definizione Agevolata

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso della società contribuente, ritenendo illegittimo il diniego opposto dall’Ufficio. Il punto centrale della decisione risiede nella natura della cartella di pagamento emessa ai sensi dell’art. 36-bis.

I giudici hanno ribadito un principio già consolidato dalle Sezioni Unite (sent. n. 18298/2021): quando la cartella di pagamento non è preceduta da un avviso di accertamento e costituisce il primo e unico atto con cui la pretesa fiscale viene portata a conoscenza del debitore, essa non si limita a svolgere una funzione di precetto, ma assume la natura di un vero e proprio atto impositivo. In pratica, è l’atto che ‘impone’ per la prima volta al contribuente una prestazione, determinandola nell’ammontare (an e quantum).

Essendo un atto che, di fatto, esercita la pretesa impositiva, è impugnabile non solo per vizi propri, ma anche per questioni relative al merito del debito tributario. Di conseguenza, la controversia che ne scaturisce ha pieno titolo per essere ammessa alla definizione agevolata prevista dalla legge.

Le Conclusioni: Estinzione del Giudizio e Conseguenze Pratiche

Sulla base di queste motivazioni, la Corte ha dichiarato l’illegittimità del provvedimento di diniego e, accertata la regolarità dell’istanza di definizione agevolata, ha dichiarato l’estinzione del giudizio. La definizione, infatti, si perfeziona con la presentazione della domanda e il pagamento degli importi dovuti.

Questa ordinanza ha importanti implicazioni pratiche: conferma che i contribuenti che hanno impugnato cartelle di pagamento derivanti da controlli automatizzati (36-bis), le quali rappresentano il primo atto della pretesa fiscale, possono legittimamente accedere agli strumenti di definizione delle liti pendenti. La decisione rafforza la tutela del contribuente, equiparando, ai fini della sanatoria, la cartella ‘impositiva’ a un avviso di accertamento. Di conseguenza, l’Agenzia delle Entrate è stata condannata al pagamento delle spese legali relative al giudizio sul diniego.

Una cartella di pagamento emessa ex art. 36-bis d.P.R. 600/1973 può essere oggetto di definizione agevolata?
Sì, la Corte di Cassazione conferma che, qualora la cartella di pagamento non sia preceduta da un avviso di accertamento e rappresenti il primo atto con cui la pretesa fiscale viene comunicata al contribuente, essa acquisisce natura di atto impositivo e la relativa controversia è ammissibile alla definizione agevolata.

Perché l’Agenzia delle Entrate aveva negato la definizione agevolata?
L’Agenzia delle Entrate riteneva che la cartella impugnata fosse un atto di mera riscossione e non un atto impositivo, e che pertanto non rientrasse nell’ambito di applicazione della normativa sulla definizione agevolata delle liti pendenti.

Qual è la conseguenza dell’accoglimento del ricorso del contribuente sulla definizione agevolata?
L’accoglimento del ricorso comporta l’annullamento del diniego dell’Agenzia e, verificata la regolarità della domanda di sanatoria, la Corte dichiara l’estinzione dell’intero giudizio pendente. La lite si considera chiusa e il contribuente è tenuto a versare solo gli importi previsti dalla definizione agevolata. La Corte ha inoltre condannato l’Agenzia a pagare le spese legali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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