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Definizione agevolata: cartella e cessione d’azienda

La Cassazione chiarisce che la cartella di pagamento notificata al cessionario di un ramo d’azienda, per debiti del cedente, è un atto impositivo. Pertanto, la controversia è ammissibile alla definizione agevolata. Il ricorso della società contro il diniego dell’Agenzia delle Entrate viene accolto e il giudizio dichiarato estinto.

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Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Definizione agevolata: Sì alla pace fiscale per la cartella notificata al cessionario d’azienda

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha stabilito un principio fondamentale in materia di definizione agevolata delle liti fiscali. Quando una società acquista un ramo d’azienda e riceve una cartella di pagamento per debiti tributari del venditore, tale cartella ha natura di atto impositivo e non di mera riscossione. Questo significa che la controversia che ne deriva può essere legittimamente inclusa nelle procedure di “pace fiscale”.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dalla notifica di una cartella di pagamento a una società (la cessionaria) che aveva acquisito un ramo d’azienda da un’altra impresa (la cedente). L’Agenzia delle Entrate riteneva la società cessionaria responsabile in solido per i debiti tributari della cedente, in applicazione delle norme sulla cessione d’azienda.

La società cessionaria ha impugnato la cartella, sostenendo che il debito tributario non fosse inerente al ramo d’azienda trasferito e che, pertanto, non potesse esserle addebitato. Le commissioni tributarie di primo e secondo grado hanno respinto le sue ragioni.

Mentre il caso era pendente in Cassazione, la società ha presentato domanda di definizione agevolata della lite, come previsto dalla normativa sulla “pace fiscale” (d.l. 119/2018). Tuttavia, l’Agenzia delle Entrate ha respinto la domanda, sostenendo che la cartella di pagamento fosse un semplice atto di riscossione e non un atto impositivo, e che quindi la controversia non rientrasse tra quelle definibili.

La società ha quindi presentato un secondo ricorso in Cassazione, questa volta contro il diniego di definizione agevolata.

La Questione Giuridica sulla Definizione Agevolata

Il nodo centrale della questione era stabilire la natura della cartella di pagamento notificata al cessionario del ramo d’azienda. È un semplice atto esecutivo, finalizzato a riscuotere un debito già accertato nei confronti di un altro soggetto (il cedente)? Oppure, nei confronti del cessionario, rappresenta il primo atto con cui l’Amministrazione manifesta la propria pretesa, assumendo quindi una natura impositiva?

La distinzione è cruciale: solo le controversie aventi ad oggetto atti impositivi possono accedere alla definizione agevolata.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso della società contro il diniego di condono, ritenendolo fondato e prioritario rispetto al ricorso principale. Gli Ermellini hanno affermato che la cartella di pagamento, in un contesto come quello analizzato, deve essere considerata un atto impositivo.

Di conseguenza, la controversia era pienamente ammissibile alla procedura di definizione agevolata. Avendo la società dimostrato di aver presentato la domanda e di aver versato la prima rata, la Corte ha dichiarato l’intero giudizio estinto.

Le Motivazioni

La Corte ha basato la sua decisione su un principio consolidato, espresso anche dalle Sezioni Unite. L’atto impositivo non è definito dalla sua forma, ma dalla sua funzione. Un atto è “impositivo” quando, per la prima volta, impone al contribuente una prestazione patrimoniale, determinata nell’ammontare e nella causa.

Nel caso specifico, la cartella di pagamento era il primo e unico atto con cui l’Amministrazione Finanziaria aveva comunicato alla società cessionaria la sua presunta responsabilità solidale. Prima di quel momento, la società non era formalmente a conoscenza della pretesa fiscale nei suoi confronti. La cartella, quindi, non si limitava a richiedere un pagamento, ma fondava una nuova obbligazione a carico di un soggetto terzo (il cessionario).

Inoltre, le contestazioni della società non riguardavano vizi formali della cartella, ma la fondatezza stessa della pretesa, ovvero la sussistenza della sua responsabilità. Questo conferma che l’oggetto del contendere era la legittimità dell’imposizione, non della mera riscossione.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre un’importante tutela per le imprese coinvolte in operazioni di cessione d’azienda. Stabilisce che il cessionario, chiamato a rispondere per debiti fiscali del cedente tramite una cartella di pagamento, ha il diritto di utilizzare gli strumenti di definizione agevolata per chiudere la controversia. La sentenza ribadisce un approccio sostanzialistico: ciò che conta è la funzione dell’atto, non il suo nome. Se un atto, qualunque esso sia, è il primo a portare una pretesa fiscale a conoscenza del contribuente, allora la lite che ne scaturisce è definibile, garantendo così una più ampia possibilità di accesso alla pace fiscale.

Una cartella di pagamento può essere oggetto di definizione agevolata?
Sì, secondo la Cassazione, una cartella di pagamento può essere oggetto di definizione agevolata quando costituisce il primo atto con cui la pretesa fiscale viene comunicata al contribuente (in questo caso, il cessionario di un ramo d’azienda), assumendo così la natura di atto impositivo.

Perché la cartella notificata al cessionario d’azienda è considerata un atto impositivo in questo caso?
Perché è il primo e unico atto attraverso cui l’Amministrazione finanziaria ha esercitato la pretesa fiscale nei confronti della società cessionaria, rendendola per la prima volta edotta della sua presunta responsabilità solidale per i debiti della società cedente.

Cosa succede se viene accolto il ricorso contro il diniego di definizione agevolata?
Se il contribuente ha correttamente presentato la domanda e pagato la prima rata, l’accoglimento del ricorso contro il diniego porta all’estinzione del giudizio tributario pendente, come avvenuto nel caso di specie.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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