LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Definizione agevolata: cartella come atto impositivo

Un contribuente, coobbligato in solido con una società, ha impugnato una cartella di pagamento non preceduta da un avviso di accertamento a lui notificato. La Corte di Cassazione ha stabilito che, in questo caso, la cartella costituisce il primo ‘atto impositivo’ e, pertanto, rientra nell’ambito della definizione agevolata, determinando l’estinzione del contenzioso tributario.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 30 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Definizione Agevolata: Quando la Cartella è Atto Impositivo

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha fornito un chiarimento fondamentale in materia di definizione agevolata delle liti fiscali. La decisione stabilisce un principio cruciale: una cartella di pagamento, se rappresenta il primo atto con cui un contribuente coobbligato viene a conoscenza della pretesa fiscale, deve essere considerata un ‘atto impositivo’ a tutti gli effetti. Questo la rende ammissibile alla procedura di sanatoria, con la conseguente estinzione del giudizio pendente.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un contribuente, ex amministratore di una società holding, che si è visto notificare una cartella di pagamento per IRES relativa a un consolidato fiscale. La pretesa derivava da un avviso di accertamento che, tuttavia, era stato notificato solo alla società e non personalmente al contribuente, chiamato a rispondere in qualità di coobbligato solidale.

Il contribuente ha impugnato la cartella, ottenendo l’annullamento in primo grado. L’Agenzia delle Entrate ha proposto appello, ma la Commissione Tributaria Regionale lo ha dichiarato inammissibile. Mentre il ricorso dell’Agenzia pendeva in Cassazione, il contribuente ha presentato istanza di definizione agevolata, che però è stata respinta dall’Ufficio. La controversia è così giunta dinanzi alla Suprema Corte per decidere sia sul ricorso principale che su quello contro il diniego della sanatoria.

La Cartella di Pagamento nella Definizione Agevolata

Il nodo centrale della questione era stabilire se la cartella di pagamento notificata al coobbligato potesse essere qualificata come ‘atto impositivo’ ai sensi della normativa sulla definizione agevolata. L’Agenzia delle Entrate sosteneva di no, ritenendo che l’atto impositivo originario fosse l’avviso di accertamento notificato alla società. Di conseguenza, la lite del coobbligato non sarebbe stata ‘definibile’.

La Corte di Cassazione ha rigettato questa interpretazione, abbracciando un principio di tutela sostanziale del contribuente. Ha chiarito che la natura di un atto deve essere valutata in relazione al destinatario della pretesa.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha affermato che, quando una cartella di pagamento non è preceduta dalla notifica di un avviso di accertamento al soggetto coobbligato, essa cessa di essere un mero atto di riscossione per assumere la natura di vero e proprio atto impositivo. È, infatti, il primo e unico atto attraverso cui la pretesa fiscale viene formalmente comunicata a quel specifico contribuente, consentendogli di contestarne il merito per la prima volta.

Secondo la giurisprudenza consolidata richiamata nell’ordinanza, la cartella in questi casi cumula in sé sia la funzione di atto di accertamento che di precetto. Di conseguenza, essa rientra a pieno titolo tra gli atti impugnabili e, per estensione, tra quelli ammissibili alla definizione agevolata.

La Corte ha inoltre precisato che è irrilevante il fatto che il ruolo da cui è scaturita la cartella fosse intestato anche ad altri soggetti (la società). Il contribuente ha il diritto di definire la propria posizione debitoria in modo autonomo, limitatamente alla pretesa esercitata nei suoi confronti. L’accoglimento del ricorso contro il diniego della sanatoria ha quindi comportato l’estinzione del giudizio principale per cessata materia del contendere.

Conclusioni

Questa ordinanza rafforza un importante principio di garanzia per il contribuente, in particolare per le figure dei coobbligati solidali (come amministratori o soci). La decisione chiarisce che il diritto di accedere a strumenti deflattivi del contenzioso, come la definizione agevolata, non può essere negato sulla base di un’interpretazione formalistica della natura degli atti. Ciò che conta è l’effetto sostanziale: se la cartella è il primo atto che porta la pretesa a conoscenza del destinatario, essa deve essere trattata come un atto impositivo, con tutte le conseguenze che ne derivano in termini di impugnabilità e di accesso a procedure di sanatoria.

Quando una cartella di pagamento può essere considerata un ‘atto impositivo’?
Secondo la Corte, una cartella di pagamento assume la natura di ‘atto impositivo’ quando è il primo atto attraverso il quale l’ente impositore porta a conoscenza del contribuente la propria pretesa, in particolare se non è stata preceduta dalla notificazione di un avviso di accertamento a quello specifico soggetto.

Un coobbligato solidale può accedere alla definizione agevolata anche se l’atto di accertamento è stato notificato solo alla società?
Sì. La Corte ha stabilito che per il coobbligato solidale, a cui non è stato notificato l’avviso di accertamento, la successiva cartella di pagamento costituisce il primo atto impositivo. Pertanto, la controversia nata dalla sua impugnazione può essere oggetto di definizione agevolata.

Qual è l’effetto dell’accoglimento della domanda di definizione agevolata sul giudizio in corso?
L’accoglimento del ricorso contro il diniego della definizione agevolata e il riconoscimento del diritto del contribuente a sanare la lite comportano l’estinzione del giudizio principale per intervenuta definizione della controversia.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati