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Definizione agevolata: cartella 36-bis è condonabile

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 2901/2024, ha stabilito che una cartella di pagamento emessa a seguito di controllo automatizzato (ex art. 36-bis d.P.R. 600/1973) è ammissibile alla definizione agevolata. La Corte ha chiarito che, qualora tale cartella sia il primo atto con cui il contribuente viene a conoscenza della pretesa fiscale, essa assume natura di atto impositivo e non di mera riscossione. Di conseguenza, il diniego dell’Agenzia delle Entrate alla richiesta di condono è stato ritenuto illegittimo, confermando un principio fondamentale per la tutela del contribuente.

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Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Definizione Agevolata: la Cassazione Apre alle Cartelle da Controllo Automatizzato

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cruciale in materia di definizione agevolata delle liti fiscali. La decisione chiarisce che anche le cartelle di pagamento emesse a seguito di controlli automatizzati (ex art. 36-bis) possono essere oggetto di condono, a patto che rappresentino il primo atto con cui la pretesa fiscale viene portata a conoscenza del contribuente. Vediamo nel dettaglio i fatti e le motivazioni di questa importante pronuncia.

I Fatti del Caso

La vicenda nasce dal ricorso di un contribuente contro un provvedimento di diniego emesso dall’Agenzia delle Entrate. Il cittadino aveva richiesto di aderire alla definizione agevolata per una lite pendente relativa a una cartella di pagamento, originata da un controllo automatizzato della sua dichiarazione dei redditi per l’anno 2006.

L’Amministrazione Finanziaria aveva respinto la richiesta, sostenendo che la cartella in questione fosse un mero atto di riscossione e non un atto impositivo, e che quindi non rientrasse tra le controversie ‘condonabili’ secondo la normativa di riferimento (D.L. n. 98 del 2011).

La Commissione Tributaria Regionale aveva dato ragione al contribuente, accogliendo il suo appello. L’Agenzia delle Entrate, non soddisfatta, ha quindi proposto ricorso per Cassazione.

La Questione Giuridica: Atto di Riscossione o Atto Impositivo?

Il cuore della controversia risiede nella natura della cartella di pagamento emessa ai sensi dell’art. 36-bis del d.P.R. n. 600/1973. L’Agenzia delle Entrate la considera un semplice strumento per recuperare somme già dovute (perché indicate dal contribuente in dichiarazione ma non versate), quindi un atto non impositivo e non suscettibile di definizione agevolata.

Il contribuente, invece, sosteneva che, non avendo ricevuto alcun altro avviso prima della cartella, quest’ultima rappresentava il primo e unico atto con cui l’Amministrazione manifestava la sua pretesa. In quanto tale, essa assumeva una natura impositiva, potendo essere impugnata non solo per vizi formali ma anche nel merito, e di conseguenza doveva essere ammessa al condono.

L’Intervento Decisivo della Cassazione sulla Definizione Agevolata

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, confermando la decisione dei giudici di merito. I giudici supremi hanno richiamato un principio consolidato, già espresso dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 18298 del 2021.

Secondo tale orientamento, una controversia è suscettibile di definizione agevolata quando ha per oggetto un atto impositivo. La cartella di pagamento emessa in sede di controllo automatizzato, qualora costituisca il primo atto con cui la pretesa fiscale è comunicata al contribuente, deve essere considerata a tutti gli effetti un atto impositivo.

Le Motivazioni

La Corte ha spiegato che, quando la cartella non è preceduta da un avviso di accertamento o da una comunicazione di irregolarità, essa concentra in sé sia la funzione di accertamento della pretesa che quella di intimazione al pagamento. In questo scenario, il contribuente può contestare non solo i vizi propri della cartella (es. notifica), ma anche l’esistenza stessa del debito tributario.

Di conseguenza, la lite che ne scaturisce ha natura impositiva e rientra a pieno titolo nell’ambito di applicazione delle norme sulla definizione agevolata. La tesi dell’Agenzia, che vorrebbe escludere tali atti dal condono, è stata ritenuta infondata. Il riconoscimento della natura ‘condonabile’ della cartella assorbe e rende irrilevanti le altre doglianze mosse dall’Agenzia, come il presunto difetto di motivazione della sentenza impugnata.

Le Conclusioni

Questa ordinanza consolida un importante principio di diritto a favore del contribuente. Stabilisce chiaramente che il diritto di accedere a strumenti come la definizione agevolata non dipende dal ‘nome’ dell’atto (cartella di pagamento), ma dalla sua sostanza. Se un atto è il primo a portare una pretesa fiscale a conoscenza del cittadino, esso è impugnabile nel merito e la lite relativa è definibile in via agevolata. Questa interpretazione garantisce una maggiore coerenza del sistema e tutela il diritto di difesa del contribuente di fronte a pretese fiscali manifestate per la prima volta tramite cartella esattoriale.

Una cartella di pagamento emessa da controllo automatizzato (art. 36-bis) può essere oggetto di definizione agevolata?
Sì, secondo la Corte di Cassazione è ammissibile alla definizione agevolata a condizione che sia il primo e unico atto con cui la pretesa fiscale viene comunicata al contribuente.

Perché una cartella di pagamento può essere considerata un atto impositivo?
Quando non è preceduta da un avviso di accertamento o da altre comunicazioni, la cartella di pagamento non si limita a richiedere un pagamento, ma di fatto accerta la pretesa fiscale. Per questo motivo, assume natura di atto impositivo e può essere contestata anche nel merito.

Cosa succede se la cartella di pagamento è preceduta da un avviso di accertamento?
In quel caso, la cartella di pagamento ha natura di mero atto di riscossione, poiché la pretesa impositiva è già stata formalizzata con l’atto precedente (l’avviso di accertamento). La lite sulla cartella, in questo scenario, non sarebbe quindi ammissibile alla definizione agevolata se la normativa la limita agli atti impositivi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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