Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 2901 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5   Num. 2901  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 31/01/2024
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
NOME COGNOME
Presidente
NOME COGNOME
Consigliere-COGNOME.
NOME COGNOME
Consigliere
COGNOME
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere
Oggetto:
IMPUGNAZIONE
DINIEGO
DI
CONDONO
CC. 23/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11734/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa per legge dall’Avvocatura Generale dello RAGIONE_SOCIALE, con domicilio legale presso quest’ultima in Roma, INDIRIZZO.
–
ricorrente –
contro
COGNOME NOME, domiciliato  in Roma, presso la cancelleria della Corte Suprema Di Cassazione, in INDIRIZZO, con l’AVV_NOTAIO , che lo rappresenta e difende in virtù di procura speciale ad litem .
–
contro
ricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania, 10793/48/2015, depositata in data 02.12.2015, non notificata. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23 gennaio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, avverso  la  sentenza  della  Commissione  tributaria  regionale  della  Campania  di  cui
all’epigrafe , che ha accolto l’ appello di NOME COGNOME contro la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Napoli, che aveva rigettato il ricorso del medesimo contribuente contro il provvedimento di diniego della definizione della lite pendente (ai sensi del d.l. n. 98 del 2011, con il quale l’Ufficio aveva rigettato l’istanza di definizione della lite relativa alla cartella di pagamento n°07120100151626047 (a sua volta impugnata con separato ricorso ), motivandolo (come risulta dall’attuale ricorso erariale) in relazione alla natura dell’atto (di mera riscossione e non impositivo, trattandosi di cartella emessa, ai sensi dell’art. 36bis del d.P.R. n. 600 del 1973, per il recupero degli omessi versamenti relativi alla dichiarazione dei redditi presentata per il 2006. Il contribuente si difende con controricorso.
Considerato che:
1. Con il primo motivo l ‘RAGIONE_SOCIALE d enunzia « Violazione del combinato disposto degli articoli 345 c.p.c. e 53 del D.lgs. n. 546/1992, in relazione all’art. 360, п. 3, c.p.c. », lamentando l’inammissibilità dell’appello del contribuente relativamente all’ ampliamento del thema decidendum , per effetto dell’ introduzione di eccezioni nuove ( «l’eccezione circa un preteso omesso invio della comunicazione di irregolarità afferente, appunto, la cartella di pagamento di cui si lamenta l’appellante a pagina 4 dell’atto di appello; così come ogni altra doglianza sempre afferente alla legittimità della stessa cartella»), di cui non vi sarebbe traccia nel ricorso introduttivo del giudizio e che, peraltro, afferiscono ad altra lite, ovvero quella pendente avverso la medesima cartella di pagamento per la quale è stato emesso il diniego de quo .
2. Con il secondo motivo l’RAGIONE_SOCIALE denunzia « Violazione dell’art, 324 c.p.c., in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c. Eccezione di giudicato interno. », deducendo che la lite afferente alla cartella di pagamento, per al quale è stata negata la definizione, è divenuta intangibile per cosa giudicata, essendosi conclusa con sentenza n°83/20/2013, depositata il 15/2/2013, con cui la CTP di Napoli ha rigettato il ricorso del contribuente, ritenendo, nel merito, legittima l’iscrizione a ruolo contestata.
3. Con il terzo motivo l’RAGIONE_SOCIALE denunzia « Violazione dell’art. 39, comma 3, del D.L. 98/2011, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c.», deducendo che l’operato dell’Ufficio sarebbe conforme alla norma di cui all’art.39 del d.l. n. 98 del 2011, in quanto la domanda di condono presentata dal ricorrente non era definibile, poiché la cartella di pagamento che ne era oggetto è stata emessa a seguito di liquidazione da parte dell’Ufficio della dichiarazione dei redditi presentata per l’anno 2006 ed a causa della
constatazione della mancanza o dell’insufficienza dei versamenti dovuti, assumendo, conseguentemente, valore di mero atto di riscossione e non di vero e proprio atto impositivo. Pertanto, la condonabilità della cartella dovrebbe ritenersi esclusa ai sensi dell’ art. 39,comma 12, del ridetto d.l. n. 98 del 2011, secondo il quale non sarebbero definibili le liti aventi ad oggetto i ruoli emessi per imposte e ritenute, indicate dai contribuenti come dovute e poi non versate, in virtù del rinvio operato dalla norma ni esame all’art.16 della legge n. 289 del 2002.
In tal senso, la ricorrente richiama alcuni precedenti di legittimità di questa Corte.
4. Con il quarto motivo l’RAGIONE_SOCIALE denunzia « Nullità della sentenza ex art. 360, n. 4, c.p.c., in relazione all’art. 132, c.p.c.», assumendo che la parte motiva della decisione impugnata sarebbe in contrasto con i dati fattuali in possesso dell’Amministrazione, quando  afferma  che  «  assume  rilievo  il  fatto  che  l’atto  di  diniego  impugnato  del 28.09.2012, prot. NUMERO_DOCUMENTO è privo di motivazione», ciò che sarebbe smentito dal provvedimento stesso.
Ove invece, espone la ricorrente, testualmente si legge: «la cartella è stata emessa perché il contribuente ha omesso i versamenti periodici contenuti nella dichiarazione annuale, pertanto, essa assume valore giuridico di mero atto di riscossione, e quindi non è ammessa la definizione agevolata».
È  opportuno  trattare  preliminarmente  il  terzo  motivo,  per  la  sua  potenziale capacità assorbente rispetto agli altri.
Il motivo è infondato.
Invero le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 18298 del 25 giugno 2021, hanno affermato il seguente principio « In tema di definizione agevolata, anche il giudizio avente ad oggetto l’impugnazione della cartella emessa in sede di controllo automatizzato ex art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973, con la quale l’Amministrazione finanziaria liquida le imposte calcolate sui dati forniti dallo stesso contribuente, dà origine a una controversia suscettibile di definizione ai sensi dell’art. 6 del d.l. n. 119 del 2018, conv. dalla l. n. 136 del 2018, qualora la predetta cartella costituisca il primo ed unico atto col quale la pretesa fiscale è comunicata al contribuente, essendo come tale impugnabile, ex art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, non solo per vizi propri, ma anche per motivi attinenti al merito della pretesa impositiva.».
La motivazione di tale arresto prende espressamente ed ampiamente in considerazione la medesima questione anche con riferimento alla fattispecie normativa qui in esame,
rilevando innanzitutto « come l’art. 6, comma 1, del d.l. 23 ottobre 2018, n. 119, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 136/2018 – laddove stabilisce che «e controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte l’RAGIONE_SOCIALE, aventi ad oggetto atti impositivi, pendenti in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello in Cassazione e anche a seguito di rinvio, possono essere definite, a domanda del soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio o di chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione, con il pagamento di un importo pari al valore della controversia», stabilito ai sensi dell’art. 12, comma 2, del d. lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 – si ponga, in termini di sostanziale continuità con le precedenti disposizioni di cui: all’art. 2 quinquies del d.l. 30 settembre 1994, n. 564, convertito, con modificazioni, dalla l. 30 novembre 1994, n. 656; all’art. 16 della l. 27 dicembre 2002, n. 289; all’art. 39, comma 12, del d.l. 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla I. 15 luglio 2011, n. 111.». Viene poi dato atto che «Tra le precedenti disposizioni, in particolare, pare utile ricordare il contenuto dell’art. 16, terzo comma, della l. n. 289/2002, al quale il c.d. minicondono del 2011 per le liti di valore fino a ventimila euro ha, salvo alcune specificazioni, fatto rinvio, trattandosi della norma in relazione alla quale si è, per lo più, affermato l’indirizzo in esame.
L’art. 16 della I. n. 289/2002, per quanto qui d’interesse, stabilisce, al terzo comma, che per lite fiscale pendente, in relazione al disposto del primo comma della stessa norma, s’intende quella in cui è parte l’amministrazione finanziaria dello RAGIONE_SOCIALE avente ad oggetto avvisi di accertamento, provvedimenti di irrogazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni e ogni altro atto di imposizione, per i quali, alla data di entrata in vigore di detta legge, è stato proposto l’atto introduttivo del giudizio. Nella vigenza del condono previsto dalla I. n. 289/2002, si è andato affermando l’indirizzo secondo cui «in tema di condono fiscale, l’art. 16 della I. n. 289/2002, consentendo la definizione agevolata RAGIONE_SOCIALE sole liti aventi ad oggetto un atto impositivo comunque denominato, non si applica alle controversie riguardanti la cartella, emessa ai sensi dell’art. 36 bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, con cui l’Amministrazione richiede il pagamento di versamenti omessi e RAGIONE_SOCIALE conseguenti sanzioni, derivando, per quanto attiene ai versamenti, da una mera liquidazione dei tributi già esposti dal contribuente e, con riferimento alle sanzioni, da un riscontro puramente formale dell’omissione, senza alcuna autonomia e discrezionalità da parte dell’Amministrazione» (cfr, tra le molte, Cass., sez. 5, 21 aprile 2011, n. 9194; Cass., sez. 5, ord. 24 maggio 2012, n. 9894; Cass., sez. 5, 11 aprile
2014, n. 8529; Cass., sez. 5, 28 gennaio 2015, n. 1571; Cass., sez. 6-5, ord. 2 novembre 2018, n. 28064, nonché Cass., sez. 5, 12 luglio 2013, n. 17252; Cass. sez. 5, 13 aprile 2016, n. 7279; Cass. sez. 6-5, ord. 8 giugno 2017, n. 14344; Cass. sez. 5, ord. 21 gennaio 2021, n. 1231, queste ultime in fattispecie relative all’art. 39, comma 12, del d.l. n. 98/2011).». Si aggiunge inoltre che « I documenti di prassi dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE secondo le diverse discipline in tema di condono sopra menzionate (da ultimo, riguardo all’art. 6 del d.l. n. 119/2018, si veda la circolare dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE n. 6/E del primo aprile 2019), riflettono l’orientamento sopra esposto. Ad esso si contrappone il diverso indirizzo che ritiene che il giudizio relativo all’impugnazione di cartella di pagamento ex art. 36 bis del d.P.R. n. 600/1973 possa formare oggetto di definizione agevolata se ed in quanto la cartella costituisca il primo atto con il quale il contribuente è messo a conoscenza dell’esistenza di una pretesa fiscale nei suoi confronti, trovando espressione il più RAGIONE_SOCIALE volte la massima in cui esso è esposto, con riferimento alle norme di cui all’art. 16 della I. n. 289/2002 o all’art. 39, comma 12, del d.l. n.98/2011 che alla prima, come si è detto, rinvia. Si è, dunque, affermato che «n tema di condono fiscale, rientrano nel concetto di lite pendente, con possibilità di definizione agevolata ai sensi dell’art. 39, comma 12, del d.l. n. 98 del 2011, conv. in I. n. 111 del 2011, le controversie relative a cartella esattoriale emessa ex art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973, non preceduta da precedente atto di accertamento, la quale, come tale, è impugnabile non solo per vizi propri, ma anche per motivi attinenti al merito della pretesa impositiva, trattandosi del primo e unico atto con cui la pretesa fiscale viene comunicata al contribuente» (in tal senso, tra le molte, più di recente, Cass., sez. 5, 27 settembre 2018, n. 23269; Cass., sez. 5, ord. 12 dicembre 2018, n. 32132; Cass. sez. 5, ord. 17 gennaio 2019, n. 1158; Cass., sez. 5, ord. 8 febbraio 2019,n. 3759; Cass., sez. 5, ord. Cass., sez. 5, ord. 24 settembre 2020, n. 20058; Cass., sez. 5, ord. 7 dicembre 2020, n. 27975, nonché, in precedenza, in relazione all’art. 16 della I. n. 289/2002, tra le altre, Cass., sez. 5, 20 marzo 2006, n. 6186; Cass., sez. 5, 2 luglio 2009, n. 15548; Cass., sez. 5, 16 aprile 2010, n. 16075; Cass., sez. 5, 7 luglio 2010, n. 16075). Da ultimo, con specifico riferimento alla definizione agevolata, ex art. 6, del d.l. n. 119/2018, Cass., sez. 5, ord. 26 gennaio 2021, n. 1590, ha ribadito come l’impugnazione della cartella di pagamento, con cui l’Amministrazione liquida le imposte calcolate sui dati forniti dallo stesso contribuente, dia origine ‘a d una controversia definibile in forma agevolata, ai sensi dell’art. 6 del d.l.
119/2018,  in  quanto  detta  cartella,  essendo  l’unico  atto  portato  a  conoscenza  del contribuente con cui si rende nota la pretesa fiscale e non essendo preceduta da avviso di  accertamento, è impugnabile non solo per vizi propri della stessa, ma anche per questioni  che  attengono  direttamente  al  merito  della  pretesa  fiscale  ed  ha,  quindi, natura di atto impositivo ‘ .
5.1. Nel prosieguo della motivazione della medesima decisione RAGIONE_SOCIALE Sezioni Unite, per le ragioni ivi ampiamente confermate, viene quindi confermato quest’ultimo orientamento, con la formulazione del già citato principio di diritto. La cui portata può estendersi anche al caso sub iudice , sia per la rilevata sostanziale continuità normativa, sul punto, dell’art. 16 della legge n. 289 del 2002 e dell’art. 39, comma 12, del d.l. n. 98 del 2011, che al primo rinvia, con l’art. 6 del d.l. n. 119 del 2018 ; sia per il diretto e ripetuto riferimento RAGIONE_SOCIALE argomentazioni esposte dalle Sezioni Unite, ai fini dell’illustrazione e della risoluzione del conflitto giurisprudenziale in materia, proprio ai contrapposti orientamenti aventi ad oggetto la disciplina dell’art. 39, comma 12, del d.l. n. 98 del 2011, oltre che dell’art. 16 della legge n. 289 del 2002, cui il primo rinvia.
Nel caso di specie, non risulta dedotto che la cartella de qua sia  stata preceduta da accertamento e non costituisca  il  primo  ed  unico  atto  col  quale  la  pretesa  fiscale  è comunicata al contribuente,
Va quindi rigettato il terzo motivo, sia pur dovendosi integrare la motivazione resa dalla CTR con quella appena esposta.
Tanto premesso, restano assorbiti gli ulteriori motivi di ricorso, ed in particolare il primo ed il quarto.
Invero, deve considerarsi che la pronuncia impugnata, pur facendo riferimento nella motivazione anche alla cartella di pagamento ed alla violazione lamentata dell’art. 25 del d.P.R. n. 600 del 1973, concentra tuttavia la decisione resa unicamente sul diniego di condono oggetto del ricorso introduttivo e dell’appello, affermando infatti, in conclusione, che si ritiene «valida la definizione di lite pendente sia perché la fattispecie era condonabile sia perché l’Ufficio non ha motivato il condono». Inoltre, l a stessa ricorrente ripetutamente sostiene nel ricorso che l’unico motivo sul quale era espressamente fondato il diniego era costituito dalla non condonabilità per la natura dell’atto tributario, rappresentato da una cartella emessa ex art. 36 -bis del d.P.R. n. 600 del 1973.
Il riconoscimento della condonabilità della cartella in esame, in considerazione della sua natura, esclude pertanto la persistenza di ogni rilevanza sia della fondatezza,  o meno, di ulteriori ragioni per le quali lo stesso diniego potrebbe considerarsi illegittimo; sia del preteso difetto della motivazione della sentenza impugnata, nella parte in cui illustra proprio tali ulteriori ragioni di illegittimità del medesimo diniego.
7. Il secondo motivo è inammissibile.
Invero, ribadito che l’oggetto di questo giudizio è l’illegittimità del diniego di definizione espresso dall’RAGIONE_SOCIALE e non la legittimità dell’atto condonabile, il mezzo è inammissibile perché non censura specificamente (come necessario: Cass. 10/08/2017, n. 19989), la ratio decidendi espressa sul punto dalla sentenza impugnata che, quanto alla circostanza del giudicato che si sarebbe formato sulla cartella in questione, argomenta che « la istanza di definizione della lite pendente fu formulata prima della emissione della sentenza della sentenza n.83/20/2013 da parte della CTP. Infatti, detta sentenza fu depositata in segreteria in data 15/2/2013.».
Il motivo in esame non attinge tale argomentazione, l’unica e quindi decisiva, con la quale la CTR ha risposto all’eccezione erariale sul punto.
Il motivo è inoltre anche infondato, non essendo documentato il passaggio in giudicato della sentenza de qua , prodotta in copia in atti.
Le spese seguono la soccombenza.
Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato,  pe r  essere  amministrazione  pubblica  difesa  dall’Avvocatura Generale dello RAGIONE_SOCIALE, non si applica l’art. 13 comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro.2.500,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito .
Così deciso in Roma, il 23 gennaio 2024.