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Definizione accelerata: ricorso estinto senza istanza

Una società immobiliare ha impugnato un avviso di accertamento. Dopo una vittoria in primo grado, la decisione è stata riformata in appello. La società ha quindi proposto ricorso in Cassazione. In questa sede, è stata avanzata una proposta di definizione accelerata del giudizio. Tuttavia, i ricorrenti non hanno presentato la necessaria istanza di decisione entro il termine di 40 giorni, presentando invece un diverso ricorso relativo a una definizione agevolata. La Corte di Cassazione ha dichiarato estinto il giudizio, chiarendo che l’altro ricorso non poteva valere come istanza di decisione, con conseguente condanna alle spese per i ricorrenti.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Definizione Accelerata: Ricorso Estinto Senza Istanza di Decisione

Nel complesso mondo del diritto processuale, il rispetto dei termini e delle formalità è cruciale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito questo principio nel contesto della definizione accelerata del giudizio, un istituto introdotto per snellire i tempi della giustizia. La mancata presentazione di un atto specifico, l’istanza di decisione, può avere conseguenze fatali per il ricorso, come dimostra il caso in esame.

I Fatti del Caso

La vicenda ha origine da un avviso di accertamento fiscale per l’anno 2014 notificato a una società immobiliare e ai suoi soci. Inizialmente, i contribuenti avevano ottenuto ragione, con l’accoglimento del loro ricorso da parte della Commissione Tributaria Provinciale. Tuttavia, l’Agenzia delle Entrate ha impugnato la decisione e la Commissione Tributaria Regionale ha ribaltato il verdetto, riformando la sentenza di primo grado.

Di fronte a questa sconfitta, i contribuenti hanno deciso di portare la questione dinanzi alla Corte di Cassazione. Durante il procedimento, però, è intervenuto un elemento che ha cambiato le sorti del giudizio.

La Proposta di Definizione Accelerata del Giudizio e le Conseguenze

Ai sensi dell’art. 380-bis del codice di procedura civile, è stata depositata una proposta di definizione accelerata del giudizio, evidenziando una potenziale criticità nel ricorso. Secondo la legge, una volta comunicata tale proposta, la parte ricorrente ha 40 giorni di tempo per depositare un’apposita ‘istanza di decisione’. Se non lo fa, il ricorso si intende rinunciato per legge (ope legis) e il processo si estingue.

In questo caso, i ricorrenti non hanno depositato tale istanza. Hanno invece presentato un altro ricorso, completamente distinto, contro il diniego dell’Agenzia a una loro richiesta di definizione agevolata (una sorta di condono fiscale). La questione centrale per la Corte era quindi stabilire se questo secondo ricorso potesse essere interpretato come una manifestazione implicita della volontà di proseguire il giudizio principale.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte ha risposto negativamente. Con una pronuncia netta, ha dichiarato l’estinzione del giudizio originario. I giudici hanno stabilito che l’istanza di decisione prevista dalla legge deve contenere un elemento volitivo inequivocabile: la richiesta di ottenere una pronuncia sul merito del ricorso nonostante la proposta di definizione accelerata. Un atto diverso, focalizzato su una questione differente come il diniego di un condono, non può in alcun modo sostituire questa specifica manifestazione di volontà.

Le Motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione sulla base di una rigorosa interpretazione della norma. L’istanza di decisione, pur non richiedendo formule sacramentali, deve avere un contenuto preciso: la richiesta di una decisione sul merito. Il ricorso avverso il diniego di definizione agevolata, al contrario, era incentrato esclusivamente sui presupposti per accedere a tale beneficio, ignorando completamente la proposta di definizione accelerata pendente nel giudizio principale. Pertanto, mancava di quell’impulso processuale necessario a impedire l’estinzione.

I giudici hanno richiamato un precedente (Cass. n. 2614/2024) in cui anche una semplice memoria illustrativa non era stata ritenuta sufficiente a integrare l’istanza di decisione. La conseguenza del decorso inutile del termine di quaranta giorni è automatica: la fattispecie è equiparata dalla legge a una rinuncia, e il giudizio deve essere dichiarato estinto.

Le Conclusioni

Le implicazioni pratiche di questa ordinanza sono significative. Chiunque si trovi di fronte a una proposta di definizione accelerata del giudizio deve agire con estrema cautela. Non è sufficiente compiere un qualsiasi atto processuale; è indispensabile depositare un’istanza che contenga chiaramente la volontà di sottoporre il ricorso a una decisione di merito. La mancata osservanza di questa formalità procedurale porta a una conseguenza drastica e irreversibile: l’estinzione del giudizio e la condanna al pagamento delle spese legali, senza che il merito della controversia venga mai esaminato.

Cosa succede se una parte non deposita l’istanza di decisione entro 40 giorni dalla proposta di definizione accelerata?
Il ricorso si considera rinunciato per legge (ope legis) e il giudizio viene dichiarato estinto dalla Corte.

Un altro atto processuale, come un ricorso su una questione connessa, può sostituire l’istanza di decisione?
No. La Corte ha chiarito che l’istanza di decisione deve contenere una richiesta esplicita di procedere con la valutazione di merito del ricorso. Un atto con finalità diverse non è idoneo a impedire l’estinzione del giudizio.

Chi paga le spese legali in caso di estinzione del giudizio per mancata presentazione dell’istanza di decisione?
Le spese sono poste a carico della parte ricorrente, la cui inattività ha causato l’estinzione. La regolamentazione delle spese segue le disposizioni dell’art. 391 del codice di procedura civile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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