Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8001 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 8001 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 26/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME, sedente in Milano, in persona del legale rappresentante pro tempore, nonché dai soci NOME e NOME COGNOME, rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME;
– ricorrenti
–
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato ; – controricorrente –
Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, n. 2272/13/2022 depositata il 30 maggio 2022.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20 febbraio 2025 dal consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
1.I contribuenti impugnavano avviso di accertamento inerente all’anno d’imposta 2014. La CTP accoglieva il ricorso, ma la CTR, adìta in sede d’appello dall’Agenzia, riformava la pronuncia di primo grado.
I contribuenti, quindi, notificavano all’Agenzia ricorso in cassazione affidato a tre motivi.
PDA
L’Agenzia resisteva a mezzo di controricorso.
In data 18 settembre 2024 veniva depositata proposta di definizione accelerata del giudizio a mente dell’art. 380 -bis, c.p.c., rilevando in particolare il mancato deposito del ricorso in cassazione ai sensi dell’art. 369 c.p.c.
La proposta veniva quindi comunicata alle parti il 9 dicembre 2024 quanto ai ricorrenti (posto che della precedente notifica del 26 settembre 2024 si ha solo l’accettazione della p.e.c.) e il 19 settembre 2024 quanto all’amministrazione controricorrente.
Precedentemente, in data 15 ottobre 2024, il solo NOME COGNOME proponeva ricorso avverso il provvedimento di diniego adottato dall’Agenzia nei confronti dell’istanza di definizione agevolata spiegata dal medesimo e depositata il 27 settembre 2023.
Avverso tale ultimo ricorso l’Agenzia depositava apposito controricorso.
CONSIDERATO CHE
1.Risulta pregiudiziale l’esame dell’eccezione formulata dalla difesa erariale in ordine all’estinzione del giudizio per difetto di istanza di decisione.
In proposito, come noto, il sub-procedimento instaurato con la proposta di definizione accelerata, previsto dall’art. 380 -bis c.p.c. prevede che nel termine di quaranta giorni dalla comunicazione della proposta la parte proponga istanza di decisione, dovendosi in mancanza il ricorso intendere come rinunciato ai sensi dell’art. 391 c.p.c.
Tale istanza, pur non dovendo essere caratterizzata da formule speciali, deve avere l’immancabile contenuto della richiesta di decisione.
Pertanto, essa non può certo essere identificata nel ricorso depositato dal ricorrente (peraltro solo da NOME COGNOME in data 15 ottobre 2024.
Quest’ultimo infatti pur essendo spiegato a giorno della proposta (visto che la relativa comunicazione, allegata sub 3, viene citata a dimostrazione della ‘pendenza’ della lite) è incentrato esclusivamente sul diniego di definizione agevolata, ma ignora totalmente la proposta di definizione accelerata, e pertanto al ricorso in parola non può riconoscersi il contenuto di istanza di decisione ai sensi dell’art. 380 -bis, secondo comma, c.p.c.
Invero, difetta nel ricorso suddetto ogni valutazione, sia pure implicita, circa il possibile e ventilato esito infausto del ricorso, con il conseguente elemento volitivo del ricorrente circa la richiesta di decisione del merito nonostante la presenza di una proposta di definizione accelerata, che compete a questa Corte, secondo lo schema della citata disposizione processuale, come modificata dal d.lgs. n. 149/2022, ma appunto contenendo solo la ben distinta richiesta di accertamento degli speciali presupposti per l’accesso alla definizione agevolata delle liti pendenti ai sensi della l. n. 197/2022, per assunta infondatezza delle ragioni di diniego opposte dall’Agenzia.
Tale soluzione pare conforme ai precedenti di questa Corte, che in un altro caso, in cui dopo la proposta venne depositata solo memoria illustrativa, ha negato all’atto medesimo effetto di implicita richiesta di decisione (Cass. n. 2614/2024), negandogli quindi valore di atto impeditivo della formazione della fattispecie estintiva, che può dunque ricollegarsi solo ad un atto che comunque contenga il già segnalato elemento volitivo che il legislatore espressamente richiede.
Va dunque pronunciato il seguente principio di diritto
‘L’istanza di decisione prevista dall’art. 380 -bis cod. proc. civ., pur potendo essere contenuta in un atto avente anche altre finalità (nella specie ricorso avverso diniego di condono) deve necessariamente contenere una richiesta di decisione del merito cassatorio nonostante la presenza di una proposta di definizione
accelerata, non potendo la richiesta ritenersi implicita nell’impulso sotteso al diverso atto, attesa la differente finalità dello stesso ‘.
Così stando le cose il ricorso avverso il diniego non può essere neppure delibato, in quanto – sebbene il giudizio al momento della sua proposizione fosse pendente ancorché affetto da improcedibilità -con l’inutile decorso del termine di quaranta giorni dalla comunicazione della proposta di definizione accelerata, esso si è estinto, non avendo il relativo provvedimento che effetto dichiarativo. In effetti la fattispecie equiparata ope legis a rinuncia si perfeziona appunto con con l’inutile decorso del termine di quaranta giorni dalla comunicazione di cui s’è appena detto.
Ciò anche a voler considerare come dies a quo rispetto al termine di cui all’art. 380 bis, secondo comma, c.p.c., la data del 9 dicembre 2024 (benché il ricorrente abbia dimostrato di conoscere la proposta già al momento del deposito del ricorso avverso il diniego, avendo citato la relativa comunicazione della cancelleria, allegata al ricorso sub n. 3).
Da quanto precede emerge quindi che, a fronte della proposta di definizione accelerata e della relativa comunicazione, nonché dell’inutile decorso del termine stabilito dall’art. 380 bis. secondo comma, c.p.c., si è nella specie verificata la fattispecie equiparata ope legis alla rinuncia, e dunque dev’essere pronunciata l’estinzione del giudizio.
5 . L’irrilevanza ai fini dell’istanza di cui all’art. 380 -bis, secondo comma, c.p.c. del ricorso avverso il diniego determina l’inapplicabilità del regime delle spese previsto al terzo comma della disposizione medesima, che presuppone infatti una richiesta di decisione.
Le stesse vanno dunque regolate ai sensi dell’art. 391, cod. proc. civ., ponendole a carico dei ricorrenti.
Essendosi compiuta la fattispecie estintiva di cui all’art. 380 cod. proc. civ., non sussistono i presupposti processuali per dichiarare
l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. 24 dicembre 2012, n. 228, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte dichiara l’estinzione del giudizio ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c. e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese che liquida in € 5800,00, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 20 febbraio 2025