LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Deduzioni IRAP appalti: quando si applicano?

Una società operante nel settore della raccolta rifiuti si è vista negare le deduzioni IRAP sul presupposto che operasse in regime di “concessione”. La Corte di Cassazione ha respinto la tesi dell’Amministrazione Finanziaria, chiarendo che il discrimine fondamentale tra appalto e concessione risiede nel trasferimento del rischio operativo. Poiché nel caso di specie la società riceveva un corrispettivo dalla pubblica amministrazione senza assumere il rischio di gestione, il rapporto è stato qualificato come appalto. Di conseguenza, le deduzioni IRAP appalti sono state ritenute legittime.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 27 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Deduzioni IRAP Appalti: la Cassazione fa chiarezza sulla differenza con la Concessione

La distinzione tra appalto pubblico e concessione di servizi è un tema cruciale con importanti riflessi fiscali. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito i principi per determinare quando un’impresa che lavora con la Pubblica Amministrazione ha diritto alle deduzioni IRAP appalti previste per la riduzione del cuneo fiscale. La decisione chiarisce che il fattore determinante non è il nome del contratto, ma la reale allocazione del rischio operativo.

I fatti del caso: un avviso di accertamento per le deduzioni IRAP

Una società operante nel settore della raccolta e smaltimento di rifiuti solidi non pericolosi aveva ricevuto un avviso di accertamento dall’Amministrazione Finanziaria per l’anno d’imposta 2013. L’Ufficio contestava, tra le altre cose, l’indebita fruizione delle deduzioni dal valore della produzione ai fini IRAP, sostenendo che l’impresa non ne avesse diritto in quanto operante in un settore (quello dei rifiuti) escluso dalla normativa agevolativa se l’attività è svolta in regime di “concessione e a tariffa”.
I giudici di merito, sia in primo che in secondo grado, avevano dato ragione alla società, qualificando il rapporto con gli enti pubblici come appalto di servizi e non come concessione. L’Agenzia delle Entrate ha quindi proposto ricorso per cassazione, insistendo per un’interpretazione ampia del concetto di concessione, tale da includere qualsiasi affidamento di un servizio pubblico a un privato.

La questione giuridica e le motivazioni della Corte

Il cuore della controversia risiede nella corretta interpretazione della normativa che esclude dalle agevolazioni IRAP le imprese che operano “in concessione e a tariffa” in specifici settori di pubblica utilità. La Corte di Cassazione, nel respingere il ricorso, ha fornito un’analisi dettagliata per distinguere le due tipologie contrattuali, basandosi su principi consolidati della propria giurisprudenza.

Il criterio del rischio operativo

La Suprema Corte ha ribadito che l’elemento chiave per distinguere l’appalto dalla concessione è il trasferimento del rischio operativo (o rischio d’impresa) in capo al soggetto privato. Si ha una concessione quando il corrispettivo per il servizio non è pagato direttamente dalla Pubblica Amministrazione, ma deriva dal diritto di gestire il servizio stesso, sfruttandolo economicamente. In questo scenario, il concessionario si assume il rischio di non riuscire a recuperare gli investimenti effettuati e i costi sostenuti.
Al contrario, si è in presenza di un appalto pubblico di servizi quando il corrispettivo è un contributo economico erogato dalla stazione appaltante. In questo caso, il servizio è reso alla Pubblica Amministrazione e non direttamente al pubblico degli utenti, e il rischio economico rimane prevalentemente a carico dell’ente pubblico.

L’irrilevanza del ‘nomen juris’

La Corte ha specificato che, per qualificare il rapporto, non ci si deve fermare al nome dato al contratto (nomen juris). È necessario, invece, analizzare la sostanza dell’accordo e le modalità concrete di remunerazione. Nel caso esaminato, i giudici di merito avevano correttamente accertato che non vi era stato alcun trasferimento del rischio d’impresa in capo alla società contribuente e che l’atto che disciplinava il rapporto non era unilaterale, come tipico delle concessioni, ma un contratto negoziato. Pertanto, la qualificazione come appalto era corretta.

Le conclusioni: quando sono legittime le deduzioni IRAP appalti

La sentenza consolida un principio fondamentale: le deduzioni IRAP appalti sono legittime per le imprese che, pur operando in settori di pubblica utilità come la raccolta rifiuti, lo fanno attraverso contratti di appalto in cui il corrispettivo è pagato dall’ente pubblico e non vi è un trasferimento del rischio di gestione. L’esclusione dall’agevolazione si applica solo nei casi di vera e propria concessione, dove il privato è remunerato dalla gestione del servizio e ne sopporta l’alea economica. Questa pronuncia offre un’importante guida per le imprese che collaborano con la Pubblica Amministrazione, sottolineando la necessità di analizzare la sostanza economica dei contratti per una corretta pianificazione fiscale.

Una società che lavora con la Pubblica Amministrazione nel settore rifiuti ha sempre diritto alle deduzioni IRAP per il cuneo fiscale?
No, non sempre. Il diritto dipende dalla natura del contratto. Se si tratta di un appalto di servizi, dove il corrispettivo è pagato dall’ente pubblico, le deduzioni sono ammesse. Se invece è una concessione, che trasferisce il rischio operativo alla società, le deduzioni sono escluse.

Qual è il criterio principale per distinguere un appalto da una concessione ai fini fiscali?
Il criterio decisivo è il trasferimento del rischio operativo (o rischio d’impresa). In una concessione, il privato si assume il rischio di non recuperare i costi e gli investimenti tramite la gestione del servizio. In un appalto, il corrispettivo è pagato dalla Pubblica Amministrazione, che mantiene su di sé la maggior parte del rischio.

Il nome dato al contratto (es. “contratto di appalto” o “atto di concessione”) è determinante per la qualificazione?
No. Secondo la Corte di Cassazione, il nome formale dell’atto non è decisivo. È necessario analizzare la sostanza del rapporto e verificare su chi gravi effettivamente il rischio di gestione del servizio per determinare se si tratti di appalto o concessione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati