Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 25348 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 25348 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 20/09/2024
Oggetto: deduzione spese pubblicitarie modalità temporali
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21918/2016 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, con sede in Roma, in persona del Direttore RAGIONE_SOCIALE pro tempore , rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, nei cui uffici domicilia in Roma, alla INDIRIZZO
-ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), in persona del legale rappresentante te p.t.
-intimato – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del l’Emilia -Romagna – Bologna, depositata il 21 luglio 2015, n. 1595/01/15;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’11 settembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
FATTI DELLA CAUSA
Alla società RAGIONE_SOCIALE venivano notificati avvisi di accertamento con i quali l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di Rimini, a seguito di processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di finanza, recuperava a tassazione somme a titolo di IRPEG e IRAP per gli anni 2001, 2002 e 2003.
Gli avvisi contestavano, tra l’altro e per quanto qui ancora rileva, l’illegittimità della deduzione (per le suddette tre annualità) , in cinque esercizi ai fini fiscali, di spese pubblicitarie per euro 6.480.380 effettuate nel 2000.
In sostanza, l’ufficio riteneva illegittimo che tali spese fossero state ammortizzate ai fini civilistici in 10 anni (imputando a conto economico, in ciascun esercizio, un importo pari a euro 648.038), mentre ai fini fiscali in soli 5 anni (per un ammontare pari a euro 1.296.076 per ciascun esercizio).
Contro gli atti impositivi la società contribuente proponeva ricorso.
La CTP, quanto alla contestazione relativa alle spese pubblicitarie, considerava che la scelta civilistica di un ammortamento decennale di tali costi non precludesse la deducibilità ai fini fiscali in cinque esercizi.
Accoglieva, dunque, in parte qua il ricorso presentato dalla società contribuente, annullando il disconoscimento della deduzione della quota di costo per spese pubblicitarie operato per ciascun periodo di imposta.
Proponeva appello l’RAGIONE_SOCIALE, sostenendo che il sistema adottato per la deduzione dei costi pubblicitari si poneva in contrasto con l’articolo 75, comma 4, TUIR all’epoca vigente (ora art. 109).
La CTR rigettava l’appello, condividendo le considerazioni svolte dai giudici di primo grado.
Anche secondo la CTR, per le spese di pubblicità con utilità pluriennale, nonostante la società contribuente avesse operato la scelta civilistica di un ammortamento decennale, non poteva dirsi preclusa la deducibilità ai fini fiscali in cinque esercizi.
Osservava, in proposito, che l’art. 74, comma 2 (ora art. 108, comma 2) , TUIR stabilisce espressamente che ‘le spese di pubblicità e di propaganda sono deducibili nell’esercizio in cui sono state sostenute o in quote costanti nell’esercizio stesso e nei quattro successivi’, sicché al contribuente è consentito dedurre le spese pubblicitarie nell’esercizio in cui sono state sostenute oppure, in via alternativa, gli è consentito di ‘spalmarle’ in cinque esercizi consecutivi, nonostante l’eventuale discrasia ri spetto al trattamento civilistico RAGIONE_SOCIALE spese di pubblicità.
Contro questa decisione l’RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione, affidato a un unico motivo.
La contribuente è rimasta intimata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., si denuncia la violazione dell’art. 75, comma 4, TUIR ratione temporis vigente (ora art. 109 TUIR), per avere la CTR erroneamente affermato la deducibilità dei costi di pubblicità per la quota di un quinto nonostante la scelta operata dal contribuente di capitalizzare e ammortizzare civilisticamente tali costi in dieci esercizi, in deroga all’art. 2426 c.c., che, al punto 5, stabiliva la possibilità di ammortamento dei costi pluriennali di pubblicità entro un periodo non superiore a 5 anni.
In tal modo, la società contribuente aveva computato in deduzione in ciascuno dei periodi di imposta interessati: la quota di ammortamento civilistico, pari a euro 648.038, mediante imputazione a conto economico; in via extracontabile (trattandosi di somme non inserite nel conto economico e che, dunque, non avevano concorso alla determinazione del risultato di esercizio), l’ulteriore importo di euro 648.038, apportando una co rrispondente variazione in diminuzione in sede di dichiarazione annuale.
Tale seconda deduzione sarebbe illegittima, in quanto operata in contrasto con l’articolo 75, comma 4, TUIR (ora 109), secondo cui ‘le spese e gli altri componenti negativi non sono ammessi in
deduzione se e nella misura in cui non risultano imputati al conto economico relativo all’esercizio di competenza’.
Priva di pregio sarebbe la tesi della società contribuente, che sosteneva la legittimità di tale deduzione in quanto avvenuta in base al combinato disposto del comma 2 dell’art. 74 (ora 108) TUIR ai sensi del quale ‘le spese di pubblicità e propaganda sono deducibili nell’esercizio in cui sono state sostenute o in quote costanti nell’esercizio stesso e nei quattro successivi’ e del comma 4 dell’art. 75 TUIR (ora 109) secondo cui ‘sono tuttavia d educibili quelli che pur non essendo imputabili al conto dei profitti e RAGIONE_SOCIALE perdite sono deducibili per disposizioni di legge’.
Per l’RAGIONE_SOCIALE, infatti, la deducibilità extra contabile contemplata in via di eccezione dall’art. 75 (ora 109), comma 4, TUIR, era comunque subordinata al fatto che i costi, pur non evidenziati in conto economico, concorressero alla formazione del risultato di esercizio.
Si violerebbe altrimenti il principio generale della necessaria previa imputazione al conto economico dei componenti negativi del reddito d’impresa, previsto dal comma 4 dell’art. 75 (ora 109) citato.
Per l’RAGIONE_SOCIALE ricorrente, le disposizioni di legge che consentono la deduzione di un costo non imputabile in conto economico sono unicamente quelle definite ‘norme sovvenzionali’, ossia norme agevolative emanate dal legislatore al solo scopo di dare impulso e rafforzare l’apparato produttivo.
Il motivo non è fondato.
L’articolo 74 (ora 108), comma 2, del TUIR, nella versione ratione temporis applicabile, stabiliva che «le spese di pubblicità e di propaganda sono deducibili nell’esercizio in cui sono state sostenute o in quote costanti nell’esercizio stesso e nei quattro successivi». In sostanza, come chiarito da Sez. 5, Sentenza n. 26179 del 12/12/2014 (Rv. 633767-01), al contribuente era consentito di dedurre le spese pubblicitarie nell’esercizio in cui erano state
sostenute oppure, in via alternativa, di spalmarle in cinque esercizi consecutivi, quello in cui sono state sostenute e i quattro successivi, in quote pari a un quinto per ciascuna annualità. Il contribuente, nel momento in cui sceglieva di ripartirle in più annualità, non poteva che farlo col rispetto del quinquennio previsto per legge, senza che gli fosse accordato alcuno ius variandi rispetto al criterio legale (Sez. 5, Sentenza n. 27288 del 29/12/2016, rv. 642383 -01; Sez. 5, Ordinanza n. 16223 del 20/06/2018, rv. 649196-01).
La pronuncia citata aveva altresì chiarito come dall’applicazione RAGIONE_SOCIALE regole contabili dell’art. 74 (ora 108) del TUIR e dell’articolo 2426 n.5 c.c. potesse derivare anche una discrasia tra il trattamento fiscale e quello civilistico RAGIONE_SOCIALE spese di pubblicità.
Ai fini della deducibilità, quindi, era sufficiente che le spese e i componenti negativi fossero comunque annotati nelle scritture contabili, concorrendo, in correlazione ai ricavi, alla determinazione del risultato del conto dei profitti e RAGIONE_SOCIALE perdite (Sez. 5, Sentenza n. 372 del 11/01/2006, rv. 586926-01), indipendentemente dalla specifica evidenza in tale documento (Sez. 5, Sentenza n. 6051 del 26/04/2002, rv. 554007-01), e dunque pur se non risultanti espressamente dal conto dei profitti e RAGIONE_SOCIALE perdite (Sez. 6-5, Ordinanza n. 23457 del 06/10/2017, rv. 646309-01).
In definitiva, quella del TUIR, evidentemente, era da considerare previsione di natura speciale.
Come chiarito da Sez. 5, Sentenza n. 6015 del 04/03/2020 (Rv. 657406-01), si tratta di opzione, peraltro, eliminata anche per le spese di pubblicità, ma solo con decorrenza 10 marzo 2017, ai sensi dell’art. 13 -bis d.l. 30 dicembre 2016, n. 244: per effetto di tale novella, il primo comma dell’art. 108 TUIR prevede ora che, ai fini della rilevazione del reddito di impresa, tutte le spese pluriennali siano fiscalmente deducibili nei limiti della quota imputabile a ciascun periodo di imposta, estendendosi in via generale il principio di derivazione contabile a tutti i costi pluriennali, salvo che gli stessi non siano capitalizzabili.
Il ricorso va quindi rigettato.
Nulle per le spese, non essendosi costituita la parte intimata.
PQM
Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto che non sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso.
Così deciso, in Roma, l’11 settembre 2024.