Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9913 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9913 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 16/04/2025
Irap -Istanza di rimborso -Silenzio rifiuto -cuneo fiscale -concessione -tariffa
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5351/2020 R.G. proposto da:
SIA -SOCIETA’ RAGIONE_SOCIALE ( già incorporante RAGIONE_SOCIALE poi fusa con RAGIONE_SOCIALE) in qualità di incorporante della RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME
-ricorrente –
contro
AGENZIA RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dal l’Avvocatura generale dello Stato,
-controricorrente – avverso la sentenza della COMM. TRIB. REG. LOMBARDIA, SEZIONE STACCATA DI BRESCIA n. 3035/2019, depositata in data 9 luglio 2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 6 marzo 2025 dal consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
RAGIONE_SOCIALEa cui è subentrata a seguito di fusione per incorporazione RAGIONE_SOCIALE poi fusa in RAGIONE_SOCIALE -esercente l’attività di trasporto pubblico di passeggeri, presentava all’Agenzia delle Entrate istanza di rimborso, ex art. 38, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, per complessivi euro 234.520,00, dell’ Irap corrisposta per gli anni 2010, 2011 e 2012. La richiesta della contribuente, esercente attività di trasporto pubblico di passeggeri, era basata sul diritto, dalla medesima ritenuto sussistente, all’ applicazione, nella determinazione della base imponibile IRAP, delle deduzioni introdotte da ll’art. 1, comma 266, legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Finanziaria 2007) che aveva modificato l’art. 11, comma 1, lett. a), n. 2, del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 per i datori di lavoro che avessero impiegato personale a tempo determinato (c.d. beneficio riduzione cuneo fiscale) escluse le imprese operanti in concessione ed a tariffa nei settori dell’energia, dell’acqua, dei trasporti, delle infrastrutture, delle poste, delle telecomunicazioni, della raccolta e depurazione delle acque di scarico e della raccolta e smaltimento dei rifiuti.
Formatosi il silenzio rifiuto, la società proponeva ricorso dinanzi alla C.t.p. di Brescia, la quale lo accoglieva ritenendo che la ricorrente avesse titolo per usufruire del beneficio.
Contro tale sentenza proponeva appello l ‘ Agenzia delle Entrate dinanzi alla C.t.r. della Lombardia, la quale, con la sentenza di cui all’epigrafe , lo accoglieva ritenendo che la contribuente fosse tra i soggetti esclusi dal beneficio ai sensi dell’art. 11, comma 266, legge n. 296 del 2006. Osservava, in proposito, che la società istante effettuava il servizio di trasporto pubblico in virtù di una concessione di servizio
pubblico a seguito di procedura di evidenza pubblica; che la stessa era remunerata secondo il sistema «a tariffa» così come previsto dall’art. 12 del contratto di servizio stipulato con il Comune; che detto corrispettivo era stato fissato sulla base del coto del servizio comprensivo del carico fiscale e che la deduzione richiesta si sarebbe risolte in una sovra-compensazione.
Avverso detta sentenza la società propone ricorso per cassazione affidato a quattro motivi e l’ Agenzia delle entrate si difende a mezzo controricorso.
La ricorrente ha depositato memoria.
Considerato che:
Con il primo motivo la società denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per motivazione carente o apparente e violazione degli artt. 36, secondo comma, n. 4, 61, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, de ll’art . 132, secon do comma, n. 4 cod. proc. civ., dell’ art. 118 disp. att. cod. proc. civ., dell’art. 111, sesto comma, Cost.
Con riferimento alla prima condizione di ammissibilità al beneficio fiscale -ovvero insussistenza di una concessione traslativa -censura la sentenza in quanto priva di motivazione. Osserva che la C.t.r. ha escluso il beneficio ritenendo che nella fattispecie operasse in virtù di una concessione di servizio pubblico previo affidamento secondo le regole dell’evidenza p ubblica; che, tuttavia, la decisione non evidenzia la ratio decidendi sottesa a tale determinazione e non tiene conto della fattispecie concreta esaminata e, in particolare, delle disposizioni contrattuali, al fine di verificare se ci si trovasse in presenza di una concessione traslativa ovvero di altro tipo di affidamento del servizio.
Con il secondo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione in relazione all’art. 117 Cost., agli artt. 15, 16, 18 e 19, d.lgs. 19
novembre 1997, n. 442, all’art. 11, primo comma, d.lgs. lett. a ) n. 3, d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 466, all’art. 3, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, primo comma, lett. vv).
Deduce che la conclusione alla quale è giunta la sentenza circa l’esistenza di una concessione al fine di escludere il beneficio è errata in diritto. Osserva che il presupposto dell’esclusione è che il servizio sia prestato in ragione di una concessione traslativa con la quale viene trasferito al concessionario non solo l’esercizio dei poteri propri della PA ma anche la titolarità degli stessi; che, invece, il beneficio non è escluso nel caso di trasferimento al terzo dell’esercizio di un’attività, ma non d ella sua titolarità che resta in capo all’Amministrazione affidante la quale la esercita mediante un rapporto sinallagmatico, come nel caso dell’accordo sostitutivo di concessione regolato da un atto negoziale e sinallagmatico o dell’appalto di servizi. Ciò posto, r ileva che la CTR avrebbe dovuto verificare se vi fosse effettivamente una concessione traslativa.
Aggiunge che la sentenza si pone pure in contrasto con le prescrizioni speciali applicabili al settore del trasporto pubblico e che le convenzioni con gli Enti affidanti non si discostano dal modello legale di cui al d.lgs. n. 442 del 1997 e che se la CTR avesse preso ad esame i contratti di servizio in atti avrebbe verificato che gli enti committenti avevano riconosciuto negozialmente un corrispettivo per lo svolgimento del servizio secondo lo schema tipico di un appalto di servizi e non di una concessione
Con il terzo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione di legge, in relazione all’art. 11, primo comma, lett. a, n. 2, d.lgs. 1 dicembre 1997, n. 466; all’art. 19, d.lgs. 19 novembre 1997, n. 422; all’art. 43 della legge regionale 4 aprile 2012, n. 6.
Censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto sussistente un sistema di remunerazione «a tariffa». Deduce che la CTR avrebbe dovuto accertare se le tariffe che il vettore era obbligato ad applicare fossero in grado di compensare i costi del servizio e non limitarsi alla verifica se il sistema fosse o meno «a tariffa».
Con il quarto motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 2 e 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per motivazione apparente e violazione degli artt. 36, secondo comma, n. 4 e 61, d.l. 31 dicembre 1992, n. 546, degli artt. 132, secondo comma, n. 4 cod. proc. civ., e art. 118 disp. att. cod. proc. civ., dell’art. 111, sesto comma, Cost.. Violazione art. 11 d.lgs. 446/1997.
Assume che la CTR ha rilevato la presenza di un corrispettivo e la correlazione dello stesso con le tariffe riscosse dall’utenza con enunciazioni astratte, non idonee a chiarire se tale sistema fosse in grado di garantire l’equilibrio economico del vettore come invece richiesto dalla norma per escludere il beneficio. Aggiunge che laddove la sentenza ha affermato che l’applicazione del beneficio fiscale si traduceva in una sovra-compensazione, ha reso una mera enunciazione di principio, mancando del tutto il raffronto con la fattispecie concreta. Precisa che, in ogni caso, la CTR ha fatto erronea applicazione della legge in quanto l ‘art. 1 d.lgs. n. 446 del 1997 espressamente prevede, quale condizioni di esclusione dal beneficio, che ricorra una tariffa, senza menzionare affatto il corrispettivo del contratto di affidamento del servizio pubblico.
I motivi vanno esaminati congiuntamente in quanto connessi e sono fondati.
5.1. L’art. 11, comma 1, lett a) d.lgs n. 446 del 1997, come modificato dalla legge 27 dicembre 2006, n. 296, esclude dal beneficio fiscale della deduzione, ai fini Irap, di alcune poste relative al costo del lavoro, le «imprese operanti in concessione e a tariffa nei settori
dell’energia, dell’acqua, dei trasporti, delle infrastrutture, delle poste, delle telecomunicazioni, della raccolta e depurazione delle acque di scarico e della raccolta e smaltimento rifiuti», escluse le imprese operanti in concessione ed a tariffa nei settori dell’energia, dell’acqua, dei trasporti, delle infrastrutture, delle poste, delle telecomunicazioni, della raccolta e depurazione delle acque di scarico e della raccolta e smaltimento dei rifiuti.
5.2. Deve premettersi che la Commissione Europea, con la decisione C (2007) n. 4133 del 12 ottobre 2007, ha ritenuto di non sollevare obiezioni relativamente a tale misura, in ragione della neutralità dell’esclusione rispetto ai servizi operanti in concessione ed a tariffa. Come pi ù volte affermato da questa Corte, la valutazione data dalla Commissione UE della disposizione di diritto interno costituisce la chiave di lettura per l’interpretazione conforme della medesima, ove incida sul libero mercato per effetto di misure di sostegno finanziario attribuite con risorse pubbliche o con sgravi fiscali. In coerenza con gli scopi del Trattato CE, è imprescindibile che le misure siano idonee ad attribuire un vantaggio economico alle imprese operanti sul territorio dello Stato ex art. 107 TFUE, misure che la Commissione UE valuta, volta per volta, nel contraddittorio con lo Stato interessato (art. 108 TFUE) e in relazione alle quali quest’ultimo si impegna alla loro applicazione nei termini illustrati, ritenendosi la stessa compatibile con la disciplina del mercato della Comunità europea, in quanto misura di carattere generale (punto 31) e non selettiva (punto 32), ancorché operante maggiormente per le imprese ad alta intensità di lavoro (punto 27). L’esclusione delle Pubbliche Amministrazioni nonché (per quanto qui rileva) degli esercenti pubblici servizi gestiti sulla base di una tariffa regolamentata e di una concessione (punto 12) è giustificata dalle esigenze connesse alle politiche di liberalizzazione di servizi originariamente gestiti dalle pubbliche amministrazioni (punto 13). In
ogni caso, come osserva la Commissione, le ipotesi di esclusione del vantaggio fiscale concernerebbero soltanto i «casi in cui il metodo di fissazione della tariffa da parte dell’autorità di regolamentazione compensi i costi fiscali dei pubblici servizi» (punto 16) e, in particolare, i casi in cui l’Autorità r egolamentare tenga conto, in sede di determinazione della tariffa, «dei costi fiscali (IRAP compresa)» (punti 19 e 33) (tra le più recenti Cass. 13/11/2023, nn. 31562, 31488, 31477).
5.3. Ai fini dell’esclusione del beneficio, debbono concorrere entrambi i presupposti di legge della «concessione» e della «tariffa».
5.3.1. In ordine al primo, questa Corte ha precisato che in tema di IRAP, poiché le imprese che svolgono attività regolamentata (cd. public utilities ), caratterizzate dall’operare in regime di concessione e a tariffa, sono escluse dal godimento degli sgravi sul costo del lavoro (cd. cuneo fiscale), a fini agevolativi di riduzione della base imponibile rileva il regime in cui opera il contribuente, tenuto conto che nella concessione il corrispettivo è costituito dal diritto di gestire il servizio o i lavori oggetto del contratto con assunzione del rischio a carico del concessionario, mentre nel contratto di appalto esso consiste in un contributo economico erogato dalla stazione appaltante (cfr. tra le più recenti Cass. nn. 31562, 31477 e 31488 del 2023 cit.). Si è richiamata, inoltre, la giurisprudenza amministrativa (Cons. Stato 09/09/2011, n. 5068) che ha ritenuto che le concessioni, nel quadro del diritto comunitario, si distinguono dagli appalti non per il titolo provvedimentale dell’attività, e per il fatto che ci si trovi di fronte ad una vicenda di trasferimento di pubblici poteri o di ampliamento della sfera giuridica del privato (che sarebbe un fenomeno tipico della concessione in una prospettiva coltivata da tradizionali orientamenti dottrinali), né per la loro natura autoritativa o provvedimentale rispetto
alla natura contrattuale dell’appalto, ma per il fenomeno di traslazione dell’alea inerente una certa attività in capo al soggetto privato.
Quindi, la concessione, ovvero l’autorizzazione a gestire o sfruttare un’opera o un servizio, implica sempre il trasferimento al concessionario del rischio operativo di natura economica di non riuscire a recuperare gli investimenti effettuati ed i costi sostenuti per realizzare i lavori o i servizi. Invero, la qualificazione come concessione di servizio pubblico deriva dalla circostanza che il corrispettivo non è a carico dell’Amministrazione e che l’erogazione del servizio, accompagnata dalla corresponsione di un canone, è compensata dalla concessione del diritto di sfruttare economicamente, ed in esclusiva, il servizio (Cons. Stato 12/05/2016, n. 1927).
Pertanto, si ravvisa una concessione se, in base al titolo, l’operatore assume i rischi economici della gestione del servizio, rifacendosi essenzialmente sull’utenza per mezzo della riscossione di un canone o di una tariffa; mentre si configura un contratto di appalto se l’onere del servizio stesso viene a gravare sostanzialmente sull’Amministrazione.
Dunque, la distinzione tra concessione ed appalto si rinviene nel fatto che, nel contratto di concessione, il corrispettivo derivante dall’erogazione del servizio è proprio il diritto di gestire il servizio o i lavori oggetto del contratto, diversamente da quanto accade nell’appalto, nel quale il corrispettivo che deriva dall’esecuzione di lavori o dalla gestione di servizi è l’erogazione di un contributo economico che viene pattuito con la stazione appaltante e dalla stessa viene erogato.
E’ stato poi sottolineato che nello stesso senso si è espressa la giurisprudenza comunitaria, secondo la quale si è in presenza di una concessione di servizi allorquando le modalit à̀̀ di remunerazione pattuite consistono nel diritto del prestatore di sfruttare la propria prestazione ed implicano che quest’ultimo assuma il rischio legato alla
gestione dei servizi (Corte Giust. CE, 15 ottobre 2009, in C- 196/08); mentre in caso di assenza di trasferimento al prestatore del rischio legato alla prestazione, l’operazione rappresenta un appalto di servizi.
In questo senso si sono pronunciate recentemente anche le Sezioni Unite di questa Corte che, sia pure nel contesto del riparto della giurisdizione, hanno chiarito che «in tema di affidamento di servizi da parte della P.A. ad imprese private, la linea di demarcazione tra appalti pubblici di servizi e concessioni di servizi risiede in ci ò , che i primi, a differenza delle seconde, riguardano di regola servizi resi alla pubblica amministrazione e non al pubblico degli utenti, non comportano il trasferimento del diritto di gestione quale controprestazione e non determinano, infine, in ragione delle modalità di remunerazione, l’assunzione del rischio di gestione da parte dell’affidatario; pertanto, nell’ipotesi in cui l’amministrazione debba versare un canone al gestore dei servizi e questi non percepisca alcun provento dal pubblico indifferenziato degli utenti, il rapporto va qualificato in termini di appalto di servizi» (Cass., Sez. U,28/05/2020, n. 10080).
Infine si è evidenziato che anche secondo l’art. 30 d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, (previgente codice dei contratti pubblici) e l’art. 3, comma 1, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, art. 3, comma 1, lett. vv) (il nuovo codice dei contratti pubblici), è concessione di servizi un contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto, in virt ù del quale una o pi ù stazioni appaltanti affidano a uno o pi ù operatori economici la fornitura e la gestione di servizi diversi dall’esecuzione di lavori di cui alla lett. ll), riconoscendo a titolo di corrispettivo unicamente il diritto di gestire i servizi oggetto del contratto o tale diritto accompagnato da un prezzo, con assunzione in capo al concessionario del rischio operativo legato alla gestione dei servizi.
5.3.2. Quanto al secondo requisito, questa Corte ha chiarito il vantaggio fiscale della riduzione della base imponibile dichiarata, in
applicazione delle deduzioni per cui è causa, non si applica alle imprese che svolgono attività regolamentata (cd. public utilities ) in forza di una concessione traslativa e a tariffa remunerativa, ossia capace di generare un profitto, essendo tale interpretazione del concetto di tariffa coerente con la ratio giustificatrice del cd. cuneo fiscale (Cass. 12/12/2019, n. 32633, proprio in riferimento ad un rapporto pacificamente concessorio ma nel quale occorreva accertare anche la natura remunerativa della tariffa; successivamente Cass. 11/08/2020, 16889; Cass. 14/10/2020, n. 22156; Cass. 22/10/2021, n. 29504; Cass. 15/09/2021, n. 24977).
Sul punto, questa Corte, con successive decisioni, ha ulteriormente precisato che soltanto la tariffa remunerativa -nell’accezione fatta propria dalla giurisprudenza di legittimità e desumibile dalla Decisione della Commissione europea -vale ad escludere dal beneficio fiscale le imprese operanti in regime di concessione, senza che, al medesimo fine, possa tenersi conto di ulteriori corrispettivi (di natura latamente tariffaria, in quanto fissati dalle pubbliche amministrazioni) determinati genericamente i n misura tale da assicurare l’equilibrio economico -finanziario dell’investimento e della connessa gestione del pubblico servizio. Infatti, la tesi di una «tariffa ampliata» non sarebbe coerente con la corretta esegesi dell’articolo 11 cit. , che esclude l’agevolazione fiscale soltanto per le imprese operanti in determinate settori a tariffa, «remunerativa» , che tenga conto del costo fiscale dell’I RAP, secondo i dettami della Commissione europea e in aderenza a quanto era stato rappresentato dal Governo italiano nelle interlocuzioni presso la medesima Istituzione unionale (cfr., su questo specifico tema, Cass. 22/12/2021 n. 41282, in materia di agevolazione Irap a favore di un’impresa di gestione di strutture ospedaliere e sociosanitarie, secondo cui non pu ò̀̀ che darsi una lettura euro-unitaria della norma in esame, riconoscendosi che i settori esclusi dal vantaggio della riduzione
della base imponibile IRAP sono unicamente quelli espressamente indicati dalla suddetta disposizione normativa, in quanto settori -come espressamente indicato dall’Italia davanti alla Commissione Europea -nei quali si tiene conto del costo IRAP in sede di determinazione tariffaria del corrispettivo del servizio e per i quali tale costo non pu ò̀̀ essere oggetto di detassazione, pena la sovra-compensazione in violazione dell’art. 107 TFUE). Pertanto, si è affermato il principio di diritto, secondo cui « in tema di IRAP, il vantaggio fiscale della riduzione della base imponibile di cui all’art. 11, comma 1, lett. a), nn. 2, 3 e 4, del d.lgs. n. 446 del 1997, va escluso per le sole imprese che svolgono attività regolamentata nei settori ivi indicati (energia, acqua, trasporti, infrastrutture, poste, telecomunicazioni, raccolta e depurazione delle acque di scarico, raccolta e smaltimento rifiuti), in forza di una concessione traslativa e con predeterminazione tariffaria del corrispettivo che tenga conto del costo fiscale dell’IRAP e sia sensibile alle variazioni di tale costo, in quanto in detti settori la tariffa tiene conto specificamente di detto costo» (Cass. n. 41282 del 2021 cit.).
5.4. Dunque, anche in merito al riconoscimento dell’abbattimento del cuneo fiscale a favore delle imprese del settore dei trasporti che non operino in concessione e a tariffa, si è detto che non si realizza un aiuto di Stato, incompatibile con il mercato comune, per la neutralità dell’esclusione di queste ultime dalla medesima agevolazione e in ragione del fatto che non si determina alcun vantaggio o svantaggio selettivo poiché la tariffa applicata dall’ente che opera in concessione è di per sé idonea a scontare il peso dell’imposta, sicché l’impresa pubblica opera in condizioni di effettiva concorrenza con le altre imprese del medesimo settore, alle quali invece si applica il beneficio fiscale. La compresenza dei due presupposti (quello giuridico e quello economico), preclusivi del beneficio fiscale, chiarisce la ratio della norma, che è quella di scongiurare il vantaggio che ne trarrebbe
l’impresa che, in regime concessorio, riceva già il corrispettivo rappresentato dalla tariffa (di regola corrisposta dall’utenza). Ove tale tariffa (fissata dalla pubblica amministrazione e non dipendente dal mercato) fosse, altres ì̀̀ , remuneratoria e compensativa del servizio prestato, aggiungere ad essa anche la riduzione del cuneo fiscale darebbe luogo all’indicata sovra -compensazione (Cass. 25/02/2022 n. 6332).
6. Nella fattispecie in esame è inidoneo l’accertamento compiuto dalla C.t.r. In primo luogo va rilevato che la ricorrente ha dedotto che il contratto in oggetto è un contratto di servizio ai sensi degli artt. 18 e 19 d.lgs. n. 422 del 1997, il quale, ove conforme allo schema legale tipico, va configurato come appalto di pubblici servizi (Cfr. Cass. 15/10/2020, n. 2234). Inoltre, la C.t.r. si è limitata ad affermare che era rinvenibile una concessione di servizio e che il sistema di remunerazione era «a tariffa» senza farsi carico della specifica indagine ritenuta essenziale da questa Corte. La CRAGIONE_SOCIALE ha declinato quegli stessi contratti come concessioni in ragione della elezione secondo le regole dell’evidenza pubblica ed in ragione dell’oggetto di servizio di trasp orto pubblico; ha ritenuto la sussistenza di un regime a tariffa senza alcuno scrutinio delle clausole contrattuali. Da qui discende il malgoverno, da parte della CTR, dei suindicati principi e la fondatezza dei motivi di ricorso.
7. In conclusione, il ricorso va accolto, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, Sezione staccata di Brescia, che provvederà a nuova valutazione della questione nonché alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia,
Sezione staccata di Brescia, in diversa composizione, cui demanda anche di provvedere sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 6 marzo 2025.