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Deduzione IRAP: onere della prova per public utility

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 3466/2025, ha chiarito i requisiti per la deduzione IRAP in capo a imprese che svolgono sia attività regolate (come le ‘public utility’) sia attività liberalizzate. La Corte ha stabilito che l’onere della prova per ottenere il beneficio fiscale spetta interamente al contribuente, che deve dimostrare in modo analitico e specifico l’impiego di ciascun dipendente nelle attività non regolate. Non è sufficiente una ripartizione forfettaria del personale. Di conseguenza, è stata cassata la sentenza di merito che aveva concesso la deduzione IRAP a una società di gestione aeroportuale senza tale prova rigorosa.

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Pubblicato il 8 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Deduzione IRAP: la Cassazione chiarisce l’onere della prova per le public utility

L’ordinanza della Corte di Cassazione n. 3466 del 2025 affronta un tema cruciale per molte aziende che operano in settori regolamentati: la possibilità di accedere alla deduzione IRAP sul costo del personale. La questione centrale riguarda le imprese, come le cosiddette ‘public utility’, che gestiscono sia attività in concessione a tariffa vincolata, sia attività liberalizzate sul libero mercato. La Corte ha stabilito un principio fondamentale: per beneficiare delle agevolazioni fiscali sulle attività non regolamentate, l’impresa deve fornire una prova analitica e rigorosa, non potendosi basare su stime o ripartizioni forfettarie.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dalla richiesta di rimborso IRAP presentata da una società concessionaria per la gestione di un importante aeroporto del Sud Italia. L’impresa sosteneva di aver diritto alle deduzioni previste per la riduzione del cuneo fiscale, relative ai costi del personale dipendente a tempo indeterminato.

Tali deduzioni, tuttavia, sono generalmente escluse per le imprese che operano in regime di concessione con tariffe remunerative, come le ‘public utility’. La società contribuente, però, affermava di svolgere, oltre alla gestione dell’infrastruttura aeroportuale, anche altre attività commerciali non regolamentate (definite ‘liberalizzate’), come noleggio auto, vendita di abbigliamento, pubblicità e spedizioni. Per il personale impiegato in questi settori, l’impresa riteneva spettante la deduzione.

I giudici di primo e secondo grado avevano dato ragione alla società, ritenendo sufficiente la dimostrazione dello svolgimento di tali attività e accogliendo una ripartizione ‘pro quota’ del personale (nello specifico, 325 dipendenti su oltre 500). L’Agenzia delle Entrate, ritenendo violato il principio dell’onere della prova, ha proposto ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione e la deduzione IRAP

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, cassando la sentenza precedente e rinviando la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado per un nuovo esame. Il cuore della decisione risiede nell’affermazione di un principio netto: chi chiede un rimborso fiscale ha l’onere di provare in modo analitico e inconfutabile i fatti che costituiscono il fondamento della sua pretesa.

Secondo la Corte, la commissione tributaria regionale ha errato nel ritenere provato il diritto alla deduzione IRAP basandosi unicamente sulle affermazioni della società e sull’esame di pochi contratti di sub-concessione. Tale approccio ha di fatto invertito l’onere della prova, sollevando il contribuente dal suo obbligo di fornire una dimostrazione dettagliata.

Le Motivazioni: L’Onere della Prova Analitica

Le motivazioni della Corte si concentrano sull’articolo 2697 del codice civile, che disciplina l’onere della prova. La Cassazione ha ribadito il suo orientamento consolidato secondo cui il vantaggio fiscale della deduzione IRAP non si applica alle imprese che svolgono attività regolamentate a tariffa remunerativa.

Per poter beneficiare della deduzione per le attività liberalizzate, il contribuente deve superare una soglia probatoria molto alta. Non è sufficiente affermare che una parte del personale è adibita a tali settori. È necessaria una ‘prova analitica’ che dimostri, per ciascun dipendente per cui si chiede il rimborso, il suo effettivo e specifico impiego in un settore ‘non aviation’ e non soggetto a tariffa regolamentata.

I giudici di legittimità hanno sottolineato come la sentenza impugnata si sia basata su ‘elementi di affermazione della contribuente, non sostenuti dalla necessaria prova analitica’. Accettare una ripartizione forfettaria (325 dipendenti su 500) senza un’analisi puntuale del regime giuridico e delle mansioni di ogni singolo lavoratore costituisce una violazione delle norme che presiedono al riparto dell’onere della prova.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza ha importanti implicazioni pratiche per tutte le imprese che operano in mercati misti, parte in regime di concessione e parte in libero mercato. Il messaggio della Cassazione è inequivocabile: per ottenere benefici fiscali legati a specifiche attività, è indispensabile una contabilità separata e una documentazione rigorosa che permetta di tracciare con esattezza costi e personale per ogni ramo d’azienda.

Le aziende non possono più fare affidamento su stime o ripartizioni percentuali per rivendicare deduzioni. Devono essere in grado di dimostrare, in modo analitico e documentale, la correlazione diretta tra il costo sostenuto (in questo caso, il costo del lavoro di un dipendente) e l’attività che dà diritto al beneficio. In assenza di tale prova rigorosa, la richiesta di rimborso o deduzione è destinata a essere respinta.

Una società ‘public utility’ può beneficiare della deduzione IRAP sul costo del lavoro?
In linea di principio no, se l’attività è svolta in forza di una concessione traslativa e a tariffa remunerativa. Tuttavia, può beneficiarne limitatamente al personale impiegato in modo esclusivo e analiticamente provato in attività ‘liberalizzate’ e non regolamentate.

Quale tipo di prova deve fornire un’impresa per ottenere la deduzione IRAP su attività liberalizzate?
L’impresa deve fornire una prova analitica e specifica. Non basta dimostrare di svolgere attività liberalizzate, ma occorre provare l’impiego di ciascun singolo dipendente, per cui si chiede la deduzione, in tali settori. Una ripartizione forfettaria o ‘pro quota’ del personale non è considerata sufficiente.

Cosa succede se l’impresa non fornisce una prova analitica?
Se l’impresa, che agisce in giudizio per un rimborso, non adempie al suo onere di fornire una prova analitica, la sua domanda viene respinta. Come stabilito dalla Corte, l’onere della prova grava interamente sul contribuente che invoca il beneficio fiscale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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