Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 31981 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 31981 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato ;
– ricorrente
–
Contro
CURCI COGNOME COGNOME con avv. NOME COGNOME – controricorrente e ricorrente incidentale –
Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Puglia, sez. staccata di Foggia, n. 963/2016 depositata il 18 aprile 2016.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17 settembre 2024 dal consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
L’Agenzia notificava avviso di accertamento rettificando la dichiarazione del contribuente, avendo riscontrato per il periodo d’imposta 2009 numerosi compensi non fatturati. La CTP accoglieva il ricorso mentre la CTR, adìta dall’Agenzia in grado d’appello, riformava parzialmente la sentenza di primo grado, scomputando dal reddito costi forfettariamente determinati nel 70 per centro. Da
Accertamento induttivo – Costi relativi ai ricavi – Libero professionista – Riconoscibilità – *Principio di diritto.
ciò il ricorso in cassazione dell’Agenzia, basato su due motivi. Il contribuente resiste con controricorso ed a sua volta spiega ricorso incidentale basato su tre motivi.
Quest’ultimo ha successivamente depositato memorie illustrative.
CONSIDERATO CHE
Col primo motivo del ricorso principale si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., asserendosi che erroneamente il giudice d’appello ha operato la decurtazione dei costi, dal momento che la relativa questione, proposta in primo grado non veniva riproposta in sede d’appello.
1.1. Il motivo è inammissibile poiché risulta dalla stessa sentenza d’appello che la questione dei costi venne introdotta dal ricorrente in primo grado, che su di essa il giudice di primo grado accolse la doglianza (tanto che la questione costituì uno dei motivi d’appello incidentale dell’Agenzia). Sempre nella sentenza d’appello si dà atto che il contribuente, appunto vittorioso in primo grado sul punto, nelle controdeduzioni all’appello incidentale dell’Agenzia ebbe a insistere nelle richieste di cui al ricorso originario, e a sua volta l’Agenzia viene meno al proprio onere, a fronte di quanto sopra, di specificare il contenuto delle controdeduzioni della controparte in modo da consentire la verifica circa l’eccepita mancata riproposizione della questione, come visto invece rilevata dal giudice d’appello.
Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 39 e 41 bis d.p.r. n. 600/1973 e 54 TUIR, affermandosi che l’abbattimento del settanta per cento in relazione ai costi non sarebbe stato in ogni caso dovuto, atteso che trattasi nella specie non di reddito di impresa, e dunque di ricavi, ma di compensi di attività professionale, e d’altronde non si trattava di accertamento induttivo.
2.1. Anche tale motivo è infondato.
Intanto la stessa Agenzia dà atto di aver effettuato la rettifica sulla base del ‘raffronto tra le fatture e l’elenco dei clienti’, pertanto avvalendosi della contabilità nell’accezione di cui all’art. 39, d.p.r. n. 600/1973 e non in via sintetica in base al disposto dell’art. 38 ed agli indici di cui al precedente art. 37.
Anche sotto il profilo della deduzione forfettaria, deve affermarsi che è ritenuto dalla giurisprudenza di questa Corte che la necessità di documentare le spese opera nel caso in cui i componenti reddituali attivi e passivi siano rilevabili dalle scritture contabili, ma non anche nelle ipotesi di omessa dichiarazione del contribuente in cui alla determinazione del reddito possa pervenirsi soltanto con metodo induttivo, e ciò anche con riguardo ai lavoratori autonomi (Cass. 21775/2011) ed in particolare ai professionisti, categorie che al pari degli imprenditori svolgono attività economiche soggette a costi e che del resto la legislazione unionale sostanzialmente equipara.
Esigenza logica che si ripropone non solo in caso di totale omissione della dichiarazione, ma anche in caso di ricostruzione di maggiori redditi rispetto a quanto dichiarato.
2.2. Va dunque affermato il seguente principio di diritto:
‘Il principio per cui è dovuta la deduzione forfettaria dei costi posti in relazione ai ricavi determinati induttivamente in assenza di una dichiarazione dei redditi, si estende per esigenza logica ai redditi che vengono analogamente ricostruiti in aggiunta rispetto a quelli dichiarati; tale principio si applica così agli imprenditori come ai lavoratori autonomi ed in particolare ai professionisti, che al pari dei primi svolgono attività economiche soggette a costi e che la legislazione unionale equipara a tali fini ‘.
Conseguentemente il ricorso principale merita rigetto integrale.
Venendo ora al ricorso incidentale, con il primo motivo si deduce nullità della sentenza ai sensi dell’art. 132 cod. proc. civ., per motivazione apparente in ordine alla dedotta esistenza di un
accordo tra le parti in ordine ad altro avviso di accertamento, inerente però a redditi prodotti sempre nell’anno 2009.
4.1. In effetti la CTR ha rilevato la produzione dell’accordo in parola, ma ne ha sostenuto l’irrilevanza senza fornire alcuna motivazione.
Orbene nella specie la ricostruzione del reddito per l’anno in questione, come sopra già riportato, avvenne attraverso il metodo induttivo, e pertanto un ulteriore accertamento effettuato con riferimento alle medesime imposte e per il medesimo anno doveva essere oggetto di esame, quando ritualmente transitato nel processo (nella specie è pacifico che l’accordo era stato posto a disposizione del contribuente il 23 aprile 2014, quando cioè veniva depositato il ricorso in appello).
Sotto tal profilo, dunque, il motivo dev’essere accolto.
Col secondo motivo si deduce violazione degli artt. 39, d.p.r. n. 600/1973 e 54 TUIR, asserendosi che gli indizi a sostegno della sussistenza di ulteriori compensi oltre a quelli dichiarati, costituiti dalla trasmissione di molteplici dichiarazioni fiscali da parte del contribuente (evidentemente per conto di propri clienti), sarebbero di per sé insufficienti soprattutto avuto riguardo al fatto che era stato emesso un altro avviso di accertamento inerente il medesimo anno d’imposta.
5.1. Il motivo è parzialmente fondato. Effettivamente il riscontro di ben 326 dichiarazioni trasmesse al fisco da parte del contribuente (ragioniere commercialista a quanto si deduce) costituisce un indizio piuttosto convincente circa la sussistenza di redditi da compenso professionale non dichiarati, e tuttavia la presenza di un altro avviso di accertamento sfociato in un accordo imponeva un riscontro -quantomeno ad evitare indebite sovrapposizioni e duplicazioni -che invece è totalmente mancato per quanto già osservato a proposito del motivo che precede.
Col terzo motivo si deduce violazione degli artt. 1 e 3 d.lgs. n. 472/1997, nella parte in cui la CTR a proposito delle sanzioni ha confermato quelle irrogate dall’Agenzia, senza tener conto dello jus superveniens (d.lgs. n. 158/2015).
6.1. Anche tale motivo è fondato nella misura in cui la parte ricorrente incidentale ha tra l’altro specificamente dedotto la concreta incidenza delle modifiche dei minimi edittali sulle sanzioni applicate.
Conclusivamente il ricorso principale dev’essere respinto mentre quello incidentale merita accoglimento, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado che provvederà altresì alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P. Q. M.
La Corte respinge il ricorso principale.
In accoglimento del ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, sez. staccata di Foggia che, in diversa composizione, provvederà altresì alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 17 settembre 2024