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Deduzione debiti successione: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione ha stabilito che la deduzione dei debiti dalla base imponibile dell’imposta di successione è ammessa anche se il debito viene accertato con sentenza definitiva dopo la morte del defunto. La condizione fondamentale è che il fatto generatore del debito sia avvenuto prima del decesso. L’erede ha sei mesi di tempo dalla definitività della sentenza per dimostrare l’esistenza della passività e richiedere il rimborso dell’imposta pagata in eccesso.

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Pubblicato il 28 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Deduzione Debiti Successione: Sì alla Deducibilità Anche se Accertati Dopo la Morte

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, ha affrontato un’importante questione in materia di imposta di successione, chiarendo i criteri per la deduzione debiti successione quando questi vengono accertati giudizialmente solo dopo la morte del de cuius. Questa pronuncia offre una guida preziosa per gli eredi che si trovano a gestire passività emerse o quantificate post-mortem, ma riconducibili ad eventi precedenti al decesso.

I Fatti del Caso

Un erede aveva richiesto all’Agenzia delle Entrate il rimborso dell’imposta di successione versata, sostenendo che l’eredità fosse in realtà passiva. Questa situazione era emersa a seguito di una sentenza del Tribunale che aveva accertato un cospicuo debito del defunto nei confronti di un terzo per il mancato godimento di un immobile. L’Agenzia delle Entrate aveva respinto la richiesta di rimborso, sostenendo che il debito, non essendo certo e liquido al momento dell’apertura della successione, non potesse essere dedotto. La controversia è quindi giunta fino alla Corte di Cassazione.

La Questione Giuridica e la Posizione del Fisco

Il nodo centrale della controversia era l’interpretazione degli articoli 20 e 21 del D.Lgs. 346/1990, che disciplinano le passività deducibili. Secondo la tesi dell’amministrazione finanziaria, solo i debiti esistenti, attuali e determinati alla data del decesso possono ridurre la base imponibile. Un debito accertato con una sentenza successiva non avrebbe, secondo questa visione, i requisiti di attualità e determinatezza necessari. L’Agenzia differenziava i debiti esistenti alla data di apertura della successione, che dovevano risultare da atto scritto di data certa anteriore, da quelli verso lo Stato o enti pubblici, per i quali la legge ammetterebbe un accertamento posteriore.

Analisi della deduzione debiti successione secondo la Cassazione

La Corte Suprema ha rigettato la tesi del Fisco, fornendo un’interpretazione sistematica della normativa. Il punto cruciale non è il momento in cui il debito viene accertato o diventa liquido, ma il momento in cui sorge il fatto che lo ha generato. Se il presupposto del debito è antecedente alla morte del de cuius, la passività è considerata ‘esistente’ a quel momento, anche se non ancora certa nel suo ammontare.

Le Motivazioni

La Cassazione ha basato la sua decisione su una lettura combinata di diverse norme. In particolare, ha sottolineato l’importanza dell’art. 23, comma 4, del D.Lgs. 346/1990. Questa norma prevede espressamente la possibilità di dimostrare l’esistenza di debiti deducibili, anche se non indicati nella dichiarazione di successione, entro un termine specifico (sei mesi) che decorre dalla data in cui il provvedimento giurisdizionale che li accerta è divenuto definitivo.
Secondo i giudici, questa disposizione dimostra in modo inequivocabile che il legislatore ha previsto e regolamentato proprio l’ipotesi di debiti che, pur esistendo nel loro fatto generatore prima della morte, vengono quantificati e accertati solo in un momento successivo. La congiunzione ‘o’ presente nell’art. 21, comma 1 (‘I debiti del defunto devono risultare da atto scritto di data certa anteriore… o da provvedimento giurisdizionale definitivo’) ha un valore disgiuntivo, introducendo un’alternativa e non un requisito aggiuntivo. Pertanto, un provvedimento giurisdizionale definitivo è di per sé titolo sufficiente per la deduzione, a patto che l’erede rispetti i termini probatori previsti.
La Corte ha inoltre distinto questa fattispecie da altri casi, come le fideiussioni, in cui il debito diventa attuale solo al verificarsi dell’insolvenza del debitore principale, evento che potrebbe accadere ben dopo la morte del garante.

Le Conclusioni

La sentenza stabilisce due principi di diritto fondamentali. Primo: è ammessa la deduzione debiti successione anche per una passività il cui fatto generatore è anteriore alla morte, ma il cui accertamento e quantificazione avvengono con sentenza definitiva successiva. L’interessato deve però dimostrarne l’esistenza entro sei mesi dalla definitività della sentenza, secondo le modalità previste dall’art. 23. Secondo: il termine per presentare l’istanza di rimborso dell’imposta pagata in eccesso decorre non dal pagamento originario, ma dalla data in cui la sentenza che accerta il debito diventa definitiva, momento in cui sorge il diritto alla restituzione.

Un debito del defunto, accertato con una sentenza dopo la sua morte, può essere dedotto dall’imposta di successione?
Sì, la Corte di Cassazione ha chiarito che un debito è deducibile a condizione che il suo fatto generatore sia avvenuto prima della morte del defunto, anche se l’accertamento giudiziale e la quantificazione sono successivi.

Quali sono le condizioni e i termini per dimostrare l’esistenza di un debito accertato post-mortem?
L’erede deve dimostrare l’esistenza della passività, secondo le modalità previste dall’art. 23 del D.Lgs. 346/1990, entro il termine di sei mesi dalla data in cui la sentenza che accerta il debito è diventata definitiva.

Da quando decorre il termine per chiedere il rimborso dell’imposta di successione in questi casi?
Il termine per presentare l’istanza di rimborso dell’imposta pagata in eccesso non decorre dal pagamento originario, ma dalla data in cui la sentenza che accerta il debito diventa definitiva, poiché è da quel momento che sorge il diritto alla restituzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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