Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 1029 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 1029 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5757/2016 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore generale pro tempore , domiciliata ex lege in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo STUDIO LEGALE RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. LAZIO n. 4414/2015 depositata il 28/07/2015.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/12/2024 dal Co: COGNOME NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La contribuente società RAGIONE_SOCIALE esercitava l’attività di trasporto pubblico locale in concessione dalla municipalizzata di Roma RAGIONE_SOCIALE, per il tramite dalla consortile RAGIONE_SOCIALE consortile a RAGIONE_SOCIALE., con corrispettivo chilometrico unitario per vettura di €.2,26, sulle 10 linee urbane affidate.
Altre linee riguardavano il Comune di Pomezia ed altre ancora diversi comuni in provincia di Rieti, che però non interessano il prosieguo della presente controversia.
Per l’anno d’imposta 2007 veniva contestata l’indebita deduzione dalla base imponibile Irap del cosiddetto cuneo fiscale, in violazione dell’articolo 11, primo comma, lettera a), numero 2 e numero 4, del decreto legislativo numero 446 del 1997.
L’Ufficio infatti qualificava l’attività svolta come public utility , cioè come svolta in regime di concessione traslativa e con tariffa onnicomprensiva e remuneratoria, trattandosi di trasporto pubblico locale, rivolto alla collettività dei consumatori utenti, insuscettibile di sospensione o interruzione.
Sul ricorso della parte contribuente, il giudice di prossimità respingeva le ragioni della società, ritenendo non trattarsi di appalto di servizi a favore della municipalizzata capitolina, quanto piuttosto di concessione traslativa di servizio pubblico. In tal caso, la riduzione del cosiddetto cuneo fiscale non era possibile, qualificandosi quale aiuto di Stato.
Di diverso avviso era il collegio di secondo grado, ove la sentenza è stata riformata e le ragioni della parte contribuente accolte, sull’assunto che anche a volersi ritenere la concessione di natura traslativa, comunque la tariffa non doveva considerarsi remuneratoria, poiché mancava una specifica clausola che obbligava
la concedente a ripianare i debiti della concessionaria per l’erogazione del servizio.
Avverso questa sentenza propone ricorso l’Agenzia delle entrate affidandosi a due strumenti di impugnazione, cui replica la parte privata con tempestivo controricorso.
CONSIDERATO
Vengono proposti due motivi di ricorso.
Con il primo motivo si prospetta censura ai sensi dell’articolo 360 numero 3 del codice di procedura civile con riguardo al cosiddetto requisito giuridico della concessione traslativa, per violazione e falsa applicazione dell’articolo 11 del decreto legislativo numero 446 del 1997, nonché dell’articolo 1362 del codice civile e dell’articolo 30 del decreto legislativo numero 163 del 2006.
Nello specifico, il Patrono erariale contesta la sentenza in scrutinio laddove non ha individuato i caratteri della cosiddetta concessione traslativa negli atti contrattuali che legano RAGIONE_SOCIALE con la RAGIONE_SOCIALE, laddove invece l’offerta del servizio alla collettività generale, l’indifferenza della bigliettazione, la soggezione alle regole del servizio pubblico, tra cui in primis – il divieto di sospensione o interruzione, avrebbero dovuto condurre a ritenere il rapporto di concessione traslativa e, quindi, insuscettibile di rivalersi per il rimborso del cosiddetto cuneo fiscale, essendo l’Irap già prevista nella tariffa onnicomprensiva e remuneratoria.
Con il secondo motivo si profila ancora censura ai sensi dell’articolo 360 numero 3 del codice di procedura civile per violazione falsa applicazione dell’articolo 11 del decreto legislativo numero 446 del 1997 e dell’articolo 19 del decreto legislativo numero 422 del 1998, per non aver ritenuto sussistente il requisito economico della cosiddetta tariffa remuneratoria, argomentando non esservi una clausola esplicita per il ripianamento dei debiti contratti dalla concessionaria su cui resterebbe l’alea del guadagno.
Sul punto, il Patrono erariale ricorda come a mente dell’articolo 19 del decreto legislativo numero 422 del 1998 siano nulli i contratti per l’affidamento del servizio di trasporto pubblico locale laddove non vi sia piena corrispondenza fra oneri e proventi tariffari, dovendosi quindi ritenere che la tariffa è onnicomprensiva e remuneratoria, non potendo essere ripianata in nessun caso dall’ente concedente, proprio per evitare l’aumento incontrollato del debito pubblico.
I due motivi possono essere trattati congiuntamente e sono infondati.
Con orientamento ormai consolidato, questa Corte ha statuito che in tema di Irap, il vantaggio fiscale della riduzione della base imponibile dichiarata, in applicazione delle deduzioni introdotte dall’art. 1, comma 266, della l. n. 296 del 2006 (cd. riduzione del cuneo fiscale prevista dalla legge finanziaria 2007), che ha modificato l’art. 11, comma 1, lett. a), nn. 2 e 4, del d.lgs. n. 446 del 1997, non si applica alle imprese che svolgono attività regolamentata (cd. “public utilities”) in forza di una concessione traslativa e a tariffa remunerativa, ossia capace di generare un profitto, essendo tale interpretazione del concetto di tariffa coerente con la “ratio” giustificatrice del cd. cuneo fiscale. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la decisione che aveva ritenuto legittima l’esclusione del contribuente dal beneficio trattandosi di impresa operante nel settore del trasporto pubblico locale a concessione e “a tariffa”, dovendo applicare un prezzo di biglietto non libero ma fissato dalla P.A.) (cfr. Cass. V, n. 32633/2019, conformi 16889/2020 e 35633/2023), infatti, in tema di Irap, il vantaggio fiscale della riduzione della base imponibile di cui all’art. 11, comma 1, lett. a), nn. 2, 3 e 4, del d.lgs. n. 446 del 1997, va escluso per le sole imprese che svolgono attività regolamentata nei settori ivi indicati (energia, acqua, trasporti, infrastrutture, poste, telecomunicazioni, raccolta e depurazione delle acque di scarico, raccolta e smaltimento rifiuti), in forza di una concessione traslativa e con predeterminazione tariffaria
del corrispettivo che tenga conto del costo fiscale dell’ IRAP e sia sensibile alle variazioni di tale costo, in quanto in detti settori la tariffa tiene conto specificamente di detto costo (cfr. Cass. V, n. 41282/2021). Più radicalmente, in tema di Irap, non realizza un aiuto di Stato, incompatibile con il mercato comune, il riconoscimento dell’abbattimento del cuneo fiscale a favore delle imprese del settore dei trasporti che non operino in concessione e a tariffa, per la neutralità dell’esclusione di queste ultime dalla medesima agevolazione e in ragione del fatto che non si determina alcun vantaggio o svantaggio selettivo poiché la tariffa applicata dall’ente che opera in concessione è di per sé idonea a scontare il peso dell’imposta, sicché l’impresa pubblica opera in condizioni di effettiva concorrenza con le altre imprese del medesimo settore, alle quali invece si applica il beneficio fiscale (cfr. Cass. V, n. 6332/2022). Con arresto a Sezioni Unite, questa Suprema Corte di legittimità ha tracciato il criterio demarcatore fra appalto e concessione, affermando che si configura un appalto di pubblico servizio, anche in base al diritto eurounitario, quando il corrispettivo è pagato direttamente dall’Amministrazione al prestatore del servizio, il quale, conseguentemente, non ne sopporta il rischio legato alla gestione, a differenza del concessionario di servizi, il quale trae la propria remunerazione dai proventi ricavati dagli utenti (cfr. Cass S.U. n. 23155/2024).
Nel caso in esame il rapporto fra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE (per il tramite della consortile) deve qualificarsi come appalto, perché: a) il compenso viene pagato da RAGIONE_SOCIALE e non dal passeggero; b) viene calcolato in maniera forfettaria su km percorso e non su passeggero raccolto; c) non vi è emissione di biglietti a favore dei passeggeri (che acquistano il biglietto Atac), bensì somma fissa corrisposta ‘a misura’; d) non vi è tariffa da ricaricare sull’utenza a fronte di un canone predeterminato da corrispondere alla concedente, ma un
prezzo pagato dalla municipalizzata alla ditta di trasporti quale corrispettivo di una prestazione svolta.
Non trattandosi di concessione traslativa, né essendovi tariffa remuneratoria, né offerta alla generalità dell’utenza, bensì un rimborso chilometrico a prescindere dai passeggeri, si deve concludere essersi in presenza di un contratto d’appalto, all’esito di gara, per un servizio reso dal privato alla municipalizzata capitolina, per cui non costituisce aiuto di Stato la deduzione del cuneo fiscale secondo la disciplina speciale precitata.
In definitiva, il ricorso è infondato e dev’essere rigettato, le spese seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in €.cinquemila/00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 12/12/2024.