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Deduzione costo del lavoro IRAP: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità della deduzione costo del lavoro IRAP per un’azienda di servizi ambientali, qualificando il rapporto con gli enti pubblici come appalto e non concessione. Ha inoltre ribadito la deducibilità delle svalutazioni su crediti ceduti pro solvendo, in quanto il rischio di insolvenza rimane a carico del cedente.

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Pubblicato il 8 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Deduzione costo del lavoro IRAP: Quando l’Appalto Batte la Concessione

La corretta qualificazione del rapporto tra un’impresa e la Pubblica Amministrazione è cruciale per determinare gli obblighi fiscali. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 7730/2024) ha ribadito principi fondamentali in materia di deduzione costo del lavoro IRAP, chiarendo ancora una volta la linea di demarcazione tra appalto e concessione di servizi. Questa distinzione, tutt’altro che formale, ha impatti diretti sulla base imponibile di migliaia di aziende che operano con il settore pubblico.

I Fatti del Caso: Una Controversia su IRAP e IRES

Una società operante nel settore della raccolta e smaltimento rifiuti si è vista recapitare un avviso di accertamento dall’Agenzia delle Entrate. Le contestazioni erano due: l’indeducibilità della quota di ammortamento al fondo svalutazione crediti per crediti ceduti pro solvendo ai fini IRES, e l’illegittima deduzione del costo del lavoro dipendente dalla base imponibile dell’IRAP.

Mentre la Commissione tributaria provinciale aveva dato ragione al Fisco, la Commissione regionale del Piemonte aveva riformato la decisione, accogliendo le ragioni dell’azienda. L’Agenzia delle Entrate ha quindi proposto ricorso in Cassazione, portando la questione all’attenzione dei giudici di legittimità.

La Questione della Deduzione Costo del Lavoro IRAP: Appalto vs. Concessione

Il cuore della controversia sull’IRAP risiedeva nella natura del rapporto tra la società e i Comuni per cui svolgeva il servizio. Secondo l’Agenzia delle Entrate, si trattava di una “concessione di servizi a tariffa”, regime che esclude le imprese dal beneficio della deduzione del costo del lavoro dalla base imponibile IRAP (il cosiddetto “cuneo fiscale”). La società, invece, sosteneva si trattasse di un “appalto di servizi”, che permette tale deduzione.

Il Criterio del Rischio Operativo

La Corte di Cassazione, richiamando la propria consolidata giurisprudenza e quella comunitaria, ha ribadito che l’elemento distintivo fondamentale tra le due figure contrattuali è il trasferimento del rischio operativo. Si ha una concessione quando il corrispettivo per l’operatore deriva dal diritto di gestire il servizio e di riscuotere un canone o una tariffa dagli utenti finali. In questo scenario, l’impresa si assume il rischio legato alla gestione, come la variazione della domanda o la mancata riscossione dai privati.

Si configura, invece, un appalto quando l’operatore riceve un corrispettivo economico direttamente dalla stazione appaltante (la Pubblica Amministrazione), che di fatto si accolla il rischio operativo. La remunerazione dell’impresa è svincolata dal rapporto con l’utenza finale.

Nel caso di specie, la società era remunerata direttamente dai Comuni e non riscuoteva alcuna tariffa dagli utenti. Pertanto, la Corte ha concluso che il rischio operativo non era stato trasferito all’azienda, qualificando correttamente il rapporto come appalto di servizi e confermando il diritto alla deduzione costo del lavoro IRAP.

La Deduzione per Svalutazione Crediti Ceduti “Pro Solvendo”

Il secondo motivo di ricorso riguardava l’IRES e la possibilità per la società di dedurre gli accantonamenti a un fondo rischi per crediti che erano stati ceduti a terzi con la formula pro solvendo.

Secondo il Fisco, una volta ceduto il credito, il cedente perde la titolarità e, di conseguenza, il diritto a dedurre le relative svalutazioni. La Corte ha rigettato anche questa tesi, basandosi su un principio economico-sostanziale.

Il Rischio Residuo del Cedente

Nella cessione pro solvendo, il cedente garantisce la solvenza del debitore originario. Ciò significa che se il debitore non paga, il cessionario può rivalersi sul cedente. Questo meccanismo lascia in capo al cedente un rischio economico concreto di insolvenza, che giustifica pienamente la deducibilità degli accantonamenti prudenziali iscritti nel fondo rischi su crediti. Il fatto che il cedente non sia più il titolare formale del credito non elimina il rischio economico che continua a gravare sul suo bilancio fino all’effettivo incasso da parte del cessionario.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte ha rigettato integralmente il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, confermando la decisione della Commissione tributaria regionale. Le motivazioni si fondano su una giurisprudenza ormai consolidata che privilegia la sostanza economica dei rapporti rispetto alla loro forma.
Per l’IRAP, il criterio dirimente è l’allocazione del rischio operativo: se il rischio rimane in capo alla P.A., che paga un corrispettivo fisso, si tratta di un appalto e il costo del lavoro è deducibile. Se il rischio è trasferito all’impresa, che si remunera tramite tariffe dagli utenti, è una concessione e la deduzione è esclusa per evitare una “sovracompensazione”.
Per l’IRES, il principio è analogo: la deducibilità degli accantonamenti per svalutazione crediti è legata alla permanenza di un rischio di insolvenza. Nella cessione pro solvendo, tale rischio non viene meno per il cedente, che quindi mantiene il diritto alla deduzione.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza offre importanti conferme per le imprese che forniscono servizi agli enti pubblici. In primo luogo, consolida il principio che la qualificazione del contratto come appalto o concessione dipende dall’effettiva allocazione del rischio, non da nomenclature formali. Le aziende remunerate direttamente dalla P.A., senza contatto economico con l’utenza, possono legittimamente beneficiare della deduzione del costo del lavoro ai fini IRAP.
In secondo luogo, riafferma un principio di realismo economico per la deducibilità delle svalutazioni su crediti ceduti pro solvendo, riconoscendo che il rischio per il cedente permane fino all’estinzione del debito originario. Ciò consente alle imprese una più corretta e prudente gestione fiscale dei rischi di credito.

Quando un’azienda che lavora per enti pubblici può dedurre il costo del lavoro dalla base imponibile IRAP?
Un’azienda può dedurre il costo del lavoro dalla base imponibile IRAP quando il suo rapporto con l’ente pubblico è qualificabile come “appalto di servizi”. Ciò avviene quando l’azienda riceve un corrispettivo direttamente dall’ente pubblico e non assume il rischio operativo legato alla gestione del servizio (ad esempio, il rischio di mancato incasso dagli utenti finali).

Qual è la differenza fondamentale tra “appalto di servizi” e “concessione di servizi” ai fini fiscali?
La differenza risiede nell’allocazione del rischio operativo. Nell’appalto, il rischio rimane a carico della Pubblica Amministrazione, che paga un corrispettivo all’impresa. Nella concessione, il rischio è trasferito all’impresa (concessionario), che si remunera sfruttando economicamente il servizio, solitamente tramite tariffe pagate dagli utenti. Questa distinzione determina la possibilità o meno di usufruire di alcune agevolazioni fiscali, come la deduzione del costo del lavoro per l’IRAP.

È possibile dedurre la svalutazione di un credito che è stato ceduto a terzi?
Sì, è possibile dedurre gli accantonamenti al fondo svalutazione crediti anche per un credito ceduto, a condizione che la cessione sia avvenuta con la clausola “pro solvendo”. In questo caso, il cedente continua a garantire per l’insolvenza del debitore e, pertanto, sopporta ancora un rischio economico che giustifica la deducibilità della svalutazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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