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Deduzione costi forfettaria: la Cassazione decide

A seguito di un accertamento fiscale per maggiori ricavi non dichiarati, la Corte di Cassazione ha esaminato la legittimità della deduzione costi forfettaria. Con l’Ordinanza n. 32423/2024, ha stabilito che per le imposte sui redditi (IRES/IRAP), a fronte di maggiori ricavi accertati, deve essere riconosciuta una quota di costi in via forfettaria per rispettare il principio di capacità contributiva. Diversamente, ai fini IVA, non è ammessa alcuna deduzione forfettaria, in quanto il contribuente ha l’onere di provare il diritto alla detrazione con documentazione specifica. La Corte ha inoltre cassato la sentenza di merito che aveva annullato l’atto senza quantificare i costi deducibili, ricordando che il giudice tributario deve sempre determinare la corretta pretesa fiscale.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Deduzione Costi Forfettaria: la Cassazione Fissa i Paletti per IRES e IVA

La questione della deduzione costi forfettaria in caso di accertamento fiscale per maggiori ricavi è un tema centrale nel diritto tributario. Con l’Ordinanza n. 32423 del 2024, la Corte di Cassazione è intervenuta per fare chiarezza, tracciando una netta distinzione tra la disciplina applicabile alle imposte sui redditi (IRES/IRAP) e quella relativa all’IVA. La pronuncia non solo ribadisce principi fondamentali sulla capacità contributiva, ma definisce anche il ruolo attivo che il giudice tributario deve assumere nel determinare la corretta pretesa fiscale.

I Fatti del Caso

Una società operante nel settore alimentare si è vista notificare un avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate rettificava il reddito d’impresa per l’anno 2016. L’Amministrazione Finanziaria aveva rilevato una significativa discrepanza tra i ricavi indicati nelle scritture contabili e quelli, di importo molto superiore, riportati in bilancio. La differenza era stata qualificata come cessione di beni senza fatturazione.

La Commissione Tributaria Regionale, in riforma della decisione di primo grado, accoglieva l’appello della società, ritenendo l’accertamento illegittimo. La motivazione del giudice di secondo grado si fondava sul fatto che l’Ufficio, pur avendo accertato maggiori ricavi, non aveva riconosciuto i costi correlati, neppure in misura forfettaria. L’Agenzia delle Entrate ha quindi proposto ricorso per cassazione, contestando sia il mancato assolvimento dell’onere della prova sui costi da parte del contribuente, sia il fatto che il giudice di appello si fosse limitato ad annullare l’atto senza rideterminare l’imposta dovuta.

La Deduzione Costi Forfettaria e il Ruolo del Giudice

La Corte di Cassazione ha analizzato i due motivi di ricorso, arrivando a conclusioni diverse per le imposte dirette e per l’IVA, e cogliendo l’occasione per precisare i doveri del giudice tributario.

La Distinzione tra IRES/IRAP e IVA

Il punto cruciale della decisione riguarda il riconoscimento dei costi a fronte di maggiori ricavi accertati induttivamente.
Per quanto riguarda le imposte sui redditi (IRES e IRAP), la Corte, richiamando un’importante pronuncia della Corte Costituzionale (n. 10/2023), ha affermato che è errato non riconoscere alcuna incidenza percentuale di costi presunti. Tassare i maggiori ricavi senza considerare i costi necessari a produrli violerebbe il principio di capacità contributiva (art. 53 Cost.), poiché si tasserebbe un reddito lordo anziché netto. Pertanto, in questi casi, spetta all’Ufficio determinare induttivamente non solo i ricavi, ma anche i corrispondenti costi, anche in via forfettaria. Sotto questo profilo, il ricorso dell’Agenzia è stato rigettato.

Per l’IVA, invece, il ragionamento è opposto. Il diritto alla detrazione dell’IVA sugli acquisti non può essere presunto o riconosciuto forfettariamente. Esso è subordinato a precisi obblighi formali e sostanziali, la cui prova spetta esclusivamente al contribuente. Il giudice non può sostituirsi al contribuente con un apprezzamento discrezionale. Di conseguenza, in assenza di prove documentali idonee, nessuna detrazione IVA può essere riconosciuta. Su questo punto, la Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia.

Il Dovere del Giudice di Rideterminare la Pretesa

Il secondo motivo di ricorso, ritenuto fondato dalla Corte, verteva sul comportamento del giudice di appello. Quest’ultimo, pur individuando un vizio sostanziale nell’atto (il mancato riconoscimento dei costi), si era limitato ad annullarlo completamente. La Cassazione ha ribadito il suo orientamento consolidato: il processo tributario non mira alla mera eliminazione dell’atto, ma alla determinazione del giusto rapporto tributario tra contribuente e Fisco. Pertanto, il giudice che rileva un’invalidità sostanziale dell’accertamento ha il dovere di esaminare nel merito la pretesa, rideterminandola nella sua corretta misura, sulla base delle prove e delle richieste delle parti.

Le Motivazioni

La decisione della Suprema Corte si fonda su un bilanciamento di principi cardine del sistema tributario. Da un lato, il principio di capacità contributiva impone che la tassazione colpisca un reddito effettivo e non fittizio. Da ciò deriva la necessità di riconoscere, ai fini delle imposte dirette, la deduzione costi forfettaria quando vengono ricostruiti maggiori ricavi, per evitare una tassazione sul lordo. La Corte ha chiarito che questo principio vale soprattutto negli accertamenti di tipo induttivo, dove la stessa inattendibilità della contabilità che giustifica la ricostruzione dei ricavi rende impossibile per il contribuente fornire una prova puntuale dei costi.

Dall’altro lato, il meccanismo dell’IVA, basato sul diritto alla detrazione, risponde a logiche diverse, strettamente legate a obblighi documentali previsti dalla normativa europea e nazionale. La neutralità dell’imposta è garantita solo se il contribuente rispetta tali oneri. Ammettere una detrazione IVA forfettaria significherebbe violare queste regole e creare un’eccezione non prevista dalla legge.

Infine, la Corte ha censurato la decisione della CTR per aver abdicato al proprio ruolo di giudice del rapporto tributario. Annullare l’atto ‘tout court’ senza quantificare i costi deducibili (per le imposte sui redditi) ha significato omettere un passaggio fondamentale del giudizio, ovvero sostituire la valutazione errata dell’Ufficio con una corretta valutazione giudiziale. Il processo tributario è un giudizio sul merito della pretesa e non solo sulla legittimità formale dell’atto impugnato.

Le Conclusioni

L’ordinanza della Corte di Cassazione offre tre importanti insegnamenti pratici:
1. Imposte sui Redditi: A maggiori ricavi accertati induttivamente devono corrispondere maggiori costi, da riconoscersi anche in via forfettaria per garantire una tassazione equa.
2. IVA: Nessuna detrazione può essere riconosciuta in via forfettaria. L’onere della prova documentale per la detrazione dell’IVA sugli acquisti rimane interamente a carico del contribuente.
3. Processo Tributario: Il giudice, se riscontra un vizio sostanziale nell’accertamento, non può limitarsi all’annullamento, ma deve quantificare la pretesa fiscale corretta, agendo come un vero e proprio giudice del rapporto tributario.

In un accertamento fiscale per maggiori ricavi, è possibile ottenere una deduzione dei costi forfettaria?
Sì, ma solo ai fini delle imposte sui redditi (come IRES e IRAP). La Corte di Cassazione ha stabilito che, per rispettare il principio di capacità contributiva, a fronte di maggiori ricavi accertati deve essere riconosciuta una corrispondente quota di costi, anche se determinata in via presuntiva o forfettaria.

La deduzione dei costi forfettaria si applica anche ai fini IVA?
No. Per quanto riguarda l’IVA, la Corte ha escluso la possibilità di una detrazione forfettaria. Il diritto a detrarre l’IVA sugli acquisti è subordinato alla prova rigorosa da parte del contribuente, che deve fornire la documentazione specifica richiesta dalla legge. Non è ammesso un riconoscimento basato su una valutazione discrezionale del giudice.

Se il giudice tributario ritiene un avviso di accertamento parzialmente illegittimo, può limitarsi ad annullarlo?
No. Secondo la Corte di Cassazione, il processo tributario ha lo scopo di determinare la giusta pretesa fiscale. Se un giudice rileva un errore sostanziale nell’atto (come il mancato riconoscimento di costi deducibili), ha il dovere di non annullare semplicemente l’atto, ma di rideterminare l’imposta dovuta, sostituendo la propria valutazione a quella dell’Amministrazione Finanziaria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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