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Deduzione costi forfettaria: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso di un imprenditore del settore edile contro un avviso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate basato su indagini bancarie. L’accertamento contestava maggiori ricavi per oltre 5 milioni di euro. La questione centrale riguardava il mancato riconoscimento dei costi a fronte dei maggiori ricavi accertati e la presunta violazione del contraddittorio. La Corte ha accolto il motivo relativo alla deduzione costi forfettaria, stabilendo, in linea con una precedente pronuncia della Corte Costituzionale, che a fronte di maggiori ricavi presunti deve essere riconosciuta una deduzione forfettaria dei costi, anche in caso di accertamento analitico-induttivo. La sentenza impugnata è stata cassata con rinvio, obbligando la Corte di Giustizia Tributaria a rideterminare il reddito imponibile applicando tale principio.

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Pubblicato il 31 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Deduzione Costi Forfettaria: La Cassazione Apre agli Imprenditori

L’ordinanza della Corte di Cassazione in commento affronta una questione cruciale per molti imprenditori: la possibilità di ottenere una deduzione costi forfettaria quando l’Agenzia delle Entrate accerta maggiori ricavi basandosi sulle movimentazioni bancarie. Un’importante decisione che, sulla scia di un intervento della Corte Costituzionale, rafforza il principio di capacità contributiva, evitando che l’imprenditore venga tassato sui ricavi lordi anziché sull’utile effettivo.

Il Caso: Un Accertamento Basato sulle Movimentazioni Bancarie

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento notificato a un imprenditore attivo nel commercio di materiali da costruzione. A seguito di indagini bancarie relative all’anno d’imposta 2009, l’Amministrazione Finanziaria aveva rettificato i ricavi dichiarati per oltre 5,3 milioni di euro, recuperando a tassazione maggiori imponibili ai fini Irpef, Irap e Iva.

Il contribuente aveva impugnato l’atto, ottenendo una parziale vittoria in primo grado, con una rideterminazione dei ricavi accertati. Tuttavia, sia l’Ufficio che il contribuente avevano proposto appello contro la decisione. La Commissione Tributaria Regionale aveva respinto entrambi i gravami, confermando l’impianto della sentenza di primo grado. In particolare, aveva negato al contribuente il riconoscimento dei costi relativi ai maggiori ricavi accertati, sostenendo che questi fossero già stati considerati nella dichiarazione dei redditi.

Le Questioni Sottoposte alla Cassazione e la deduzione costi forfettaria

Il contribuente ha presentato ricorso in Cassazione lamentando principalmente due vizi della sentenza d’appello:

1. Omessa pronuncia: La CTR non si era espressa su motivi specifici, quali la mancata indicazione dell’aliquota IVA applicata e la questione dell’onere della prova sui prelevamenti bancari.
2. Violazione di legge: Era stato negato il riconoscimento dei costi a fronte dei maggiori ricavi, in contrasto con i principi di capacità contributiva. Inoltre, si contestava la violazione del contraddittorio preventivo in materia di IVA.

Dal canto suo, l’Agenzia delle Entrate ha presentato un ricorso incidentale, contestando la decisione della CTR di non esaminare le sue critiche alle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio (CTU) disposta in primo grado.

La Decisione della Corte: La Deduzione dei Costi Forfettaria è un Diritto

La Corte di Cassazione ha accolto il motivo del ricorso principale del contribuente relativo alla deduzione costi forfettaria. La decisione rappresenta il punto di approdo di un’evoluzione giurisprudenziale, consolidata da una pronuncia della Corte Costituzionale (sentenza n. 10 del 2023).

I giudici hanno stabilito che l’interpretazione secondo cui i costi non possono essere riconosciuti in un accertamento analitico-induttivo è errata. Anche quando la contabilità è ritenuta complessivamente attendibile, ma vengono rettificati singoli componenti di reddito (come i ricavi derivanti da versamenti bancari), è irragionevole e contrario ai principi costituzionali (art. 3 e 53 Cost.) negare la deduzione dei costi inerenti a tali maggiori ricavi.

le motivazioni

La motivazione della Corte si fonda sulla necessità di evitare un trattamento irragionevolmente severo per il contribuente. Se a maggiori ricavi non corrispondessero maggiori costi, si finirebbe per tassare il ricavo lordo e non il reddito, violando il principio della capacità contributiva. La presunzione legale secondo cui i versamenti non giustificati costituiscono ricavi deve essere bilanciata dalla possibilità per il contribuente di opporre, anche in via presuntiva, l’incidenza percentuale dei costi relativi. Questo principio, già applicato agli accertamenti puramente induttivi, viene esteso anche a quelli analitico-induttivi, come nel caso di specie. Pertanto, negare la deduzione costi forfettaria è illegittimo.

La Corte ha inoltre accolto il ricorso incidentale dell’Agenzia delle Entrate, chiarendo che le contestazioni di merito a una consulenza tecnica d’ufficio, non integrando eccezioni di nullità procedurale, possono essere sollevate anche in appello, in quanto mirano a sollecitare il potere valutativo del giudice.

le conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha cassato la sentenza impugnata, rinviando la causa alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado. Quest’ultima dovrà riesaminare il caso, attenendosi al principio di diritto secondo cui va riconosciuta una deduzione in misura percentuale forfettaria dei costi in relazione ai maggiori ricavi accertati. Questa ordinanza rafforza un importante strumento di difesa per i contribuenti, assicurando che la tassazione, anche quando basata su presunzioni, si avvicini il più possibile alla reale capacità economica del soggetto.

Quando un imprenditore subisce un accertamento basato su movimenti bancari non giustificati, è possibile dedurre i costi correlati?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, a seguito di una pronuncia della Corte Costituzionale, deve essere riconosciuta una deduzione in misura percentuale forfettaria dei costi in relazione ai maggiori ricavi accertati, anche in caso di accertamento analitico-induttivo, per evitare una tassazione irragionevole sul ricavo lordo.

È necessario dimostrare un pregiudizio specifico per far valere la violazione del contraddittorio preventivo in materia di IVA?
Sì. La giurisprudenza costante afferma che la violazione del principio del contraddittorio in tema di tributi armonizzati, come l’IVA, determina l’invalidità dell’atto solo se il contribuente assolve alla cosiddetta ‘prova di resistenza’, dimostrando cioè che la sua partecipazione al procedimento avrebbe potuto condurre a un risultato diverso.

Le critiche mosse a una consulenza tecnica d’ufficio (CTU) possono essere presentate per la prima volta in appello nel processo tributario?
Sì. La Corte ha chiarito che le contestazioni relative alla valutazione e all’attendibilità delle risultanze della CTU, non essendo eccezioni di nullità procedurale, costituiscono argomentazioni difensive che possono essere formulate per la prima volta anche in appello.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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