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Deduzione ammortamenti affitto azienda: la Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 19653/2025, ha confermato il diritto alla deduzione degli ammortamenti per una società concedente in un contratto di affitto di ramo d’azienda. Il caso verteva sulla validità di una clausola contrattuale che, in deroga al Codice Civile, poneva a carico della società concedente l’onere di conservare l’efficienza dei beni. L’Agenzia Fiscale contestava tale deduzione, sostenendo che altre clausole trasferissero di fatto i costi di manutenzione agli affittuari. La Corte ha stabilito che la deroga era legittima e che le spese di manutenzione ordinaria, a carico degli affittuari, non contraddicevano l’obbligo del concedente di mantenere l’efficienza strutturale del compendio aziendale, legittimando così la deduzione degli ammortamenti.

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Pubblicato il 29 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Deduzione Ammortamenti nell’Affitto d’Azienda: Chiarimenti dalla Cassazione

La questione della deduzione ammortamenti nei contratti di affitto di ramo d’azienda rappresenta un punto nevralgico nel diritto tributario, dove l’interpretazione delle clausole contrattuali si scontra spesso con le rigide normative fiscali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito un’importante chiave di lettura, confermando che la volontà delle parti, se chiaramente espressa, può prevalere sulla disciplina generale del Codice Civile, con dirette conseguenze sulla deducibilità dei costi.

I Fatti di Causa

Una società immobiliare, proprietaria di centri commerciali e cinematografi, stipulava contratti di affitto di ramo d’azienda. In tali contratti, la società si riservava il diritto di dedurre fiscalmente le quote di ammortamento dei beni strumentali. Tale facoltà si basava su una specifica clausola che derogava agli articoli 2561 e 2562 del Codice Civile. Tali articoli, in via generale, pongono a carico dell’affittuario (il conduttore) l’obbligo di mantenere l’efficienza dell’azienda e, di conseguenza, gli attribuiscono il diritto di dedurre i relativi ammortamenti.

L’Agenzia delle Entrate, a seguito di una verifica, contestava questa pratica. Secondo l’Amministrazione Finanziaria, nonostante la presenza della clausola di deroga, altre disposizioni contrattuali addossavano di fatto le spese di manutenzione agli affittuari. Questo, a parere dell’Agenzia, creava una contraddizione che rendeva la deroga inefficace, spostando il diritto alla deduzione in capo agli affittuari stessi. Venivano quindi emessi avvisi di accertamento per recuperare maggiori imposte (IRES e IRAP) per un importo considerevole.

La Questione sulla Deduzione Ammortamenti e la Deroga Contrattuale

Il cuore della controversia risiede nell’interpretazione dell’art. 102, comma 8, del TUIR (D.P.R. 917/1986). Questa norma fiscale consente al concedente (il locatore) di continuare a dedurre gli ammortamenti se, tramite una deroga contrattuale, si fa carico del mantenimento dell’efficienza dei beni aziendali. La questione era se altre clausole, che ponevano le spese di manutenzione ordinaria a carico degli affittuari, potessero svuotare di significato la clausola di deroga principale.

I giudici di merito, sia in primo che in secondo grado, avevano dato ragione alla società contribuente. In particolare, la Commissione Tributaria Regionale aveva correttamente distinto tra:
1. Spese per il mantenimento dell’efficienza dell’intera organizzazione e degli impianti comuni: costi strutturali necessari al funzionamento del compendio aziendale, che per effetto della deroga restavano a carico della società concedente.
2. Spese di manutenzione ordinaria: costi legati alla gestione quotidiana e periodica (pulizia, vigilanza, piccole riparazioni), che erano legittimamente riaddebitati agli affittuari.

Questa distinzione era cruciale per dimostrare che la clausola di deroga non era meramente formale, ma aveva una sua sostanza economica e giuridica.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, ritenendo le argomentazioni della Commissione Tributaria Regionale corrette e in linea con i principi consolidati. I giudici supremi hanno affermato che la disciplina fiscale consente espressamente alle parti di un contratto di affitto d’azienda di derogare alla regola civilistica. Se tale deroga è pattuita e il concedente si assume l’onere di preservare l’efficienza dei beni, la titolarità del diritto alla deduzione ammortamenti non viene trasferita all’affittuario.

La Corte ha sottolineato che la CTR ha operato una corretta interpretazione del contratto, non ravvisando alcuna contraddizione tra la clausola (art. 4 dei contratti) che poneva a carico del concedente il deperimento e il degrado d’uso, e la clausola (art. 12) che poneva a carico degli affittuari le spese di riparazione e manutenzione ordinaria. Quest’ultime sono state definite come “spese interne”, estranee al concetto di “conservazione dell’efficienza dell’organizzazione della struttura e degli impianti”.

In sostanza, l’interpretazione letterale della clausola di deroga, che ha un valore preminente, non è risultata incoerente con il contenuto complessivo del contratto e con il comportamento delle parti. La ricostruzione della comune intenzione delle parti ha quindi confermato la piena validità dell’accordo che lasciava in capo alla società concedente l’onere principale e, di conseguenza, il diritto alla deduzione fiscale.

Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: l’autonomia contrattuale delle parti, se esercitata nei limiti consentiti dalla legge, ha piena efficacia anche sul piano fiscale. Nel contesto dell’affitto di ramo d’azienda, è possibile strutturare il contratto in modo da mantenere in capo al concedente il diritto alla deduzione ammortamenti. La chiave è redigere clausole chiare e non contraddittorie, che distinguano nettamente tra gli oneri strutturali per il mantenimento dell’efficienza del compendio aziendale (a carico del concedente) e i costi di gestione e manutenzione ordinaria (che possono essere posti a carico dell’affittuario). Una corretta pianificazione contrattuale si rivela, ancora una volta, essenziale per una gestione fiscale efficiente e per prevenire contenziosi con l’Amministrazione Finanziaria.

Chi ha il diritto alla deduzione degli ammortamenti in un contratto di affitto d’azienda?
Di norma, il diritto spetta all’affittuario, poiché su di lui grava l’obbligo di conservare l’efficienza dei beni aziendali (art. 2561 c.c.). Tuttavia, le parti possono pattuire diversamente.

È possibile derogare contrattualmente alla regola del Codice Civile che pone a carico dell’affittuario la manutenzione dell’azienda?
Sì, la disciplina fiscale (art. 102, co. 8, TUIR) consente espressamente una deroga convenzionale. Se le parti stabiliscono che l’onere del mantenimento dell’efficienza dei beni resti a carico del concedente, quest’ultimo mantiene il diritto alla deduzione degli ammortamenti.

Come si distinguono le spese di mantenimento dell’efficienza dalle spese di manutenzione ordinaria ai fini della deduzione degli ammortamenti?
Le spese per il mantenimento dell’efficienza riguardano i costi strutturali dell’intera organizzazione e degli impianti comuni. Le spese di manutenzione ordinaria, invece, concernono i costi di gestione quotidiana e periodica (es. pulizia, vigilanza, piccole riparazioni). Secondo la sentenza, porre queste ultime a carico dell’affittuario non invalida la deroga che lascia al concedente l’onere per le prime, legittimando così la sua deduzione degli ammortamenti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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