Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4487 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 4487 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 20/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore generale pro tempore , ex lege domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso gli Uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende.
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa per procura in calce al controricorso dall’Avv. NOME COGNOME e domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO presso lo studio del Prof. Avv. NOME COGNOME (entrambi con indirizzo p.e.c.).
-controricorrente-
avverso la sentenza n.230/3/2020 della Commissione tributaria regionale del Veneto, depositata il 25 giugno 2020;
Accertamento IRES Deducibilità trattamento fine mandato amministratori
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 5 febbraio 2025 dalla Consigliere NOME COGNOME
Fatti di causa
La società RAGIONE_SOCIALE impugnò l’avviso di accertamento, relativo a IRES de ll’anno di imposta 20 15, con il quale l’Agenzia delle entrate riprese a tassazione, in quanto ritenuto indeducibile, l’ammontare dell’accantonamento del trattamento di fine mandato per gli amministratori e la quota parte di accantonamento deducibile.
L ‘adita Commissione tributaria provinciale rigettò il ricorso con decisione che, appellata dalla contribuente, venne riformata dalla Commissione tributaria regionale del Veneto (d’ora in poi C.T.R.) , con la sentenza indicata in epigrafe.
Il Giudice di appello, richiamati i principi giurisprudenziali statuiti da questa Corte (Cass. n.26431 del 19.10.2018) in tema di deducibilità del trattamento di fine mandato degli amministratori, riteneva che, nel caso in esame, sussistesse un atto scritto avente data certa anteriore alla data di inizio del rapporto con la conseguenza che l’Ufficio determinando un limite quantitativo al T.F.M. e applicando le metodologie di calcolo del t.f.r. dei lavoratori subordinati aveva violato il disposto di cui agli artt.105, c.4 e 105, c.1 del d.P.R. n.917 del 1986 nonché il principio generale di competenza di cui all’art.109 TUIR.
Avverso la sentenza l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso, su unico motivo, cui resiste con controricorso la Società.
Il ricorso è stato avviato, ai sensi dell’art.380 bis – 1 cod. proc. civ., alla trattazione in camera di consiglio in prossimità della quale la controricorrente ha depositato memoria con allegata nota spese.
Ragioni della decisione
1 .Con l’unico motivo -rubricato: Violazione o falsa applicazione dell’art.105, commi 1 e 4, e dell’art.109 del TUIR e dell’art.2120 c.c. in relazione all’0art.360, comma 1, n.3 c.p.c. -la ricorrente deduce che la
sentenza impugnata -laddove la C.T.R. afferma che la deducibilità dell’accantonamento dei compensi degli amministratori non dovrebbe soggiacere ai limiti di deducibilità e che, pertanto, sarebbe illegittimo assoggettarli alle stesse regole previste per il T.F.R. dei lavoratori dipendenti in quanto il legislatore fiscale non avrebbe dettato una normativa specifica per il TFM avente natura pattizia- sarebbe basata su un evidente vizio logico e argomentativo.
1.1. Deduce l’Agenzia delle entrate che la C .T.R. avrebbe errato in quanto non avrebbe distinto concettualmente le due fasi:
della determinazione del compenso e del suo ammontare che appartiene alla libera determinazione del rapporto e si colloca nel regime di cassa;
della deducibilità anticipata, secondo le regole dell’accantonamento , che per la sua stessa natura non è indiscriminata ma vincolata a logiche di congruità che la CTR avrebbe omesso di valutare. Deduce ancora come l’Amministrazione non abbia contestato la spettanza dell’accantonamento ma solo il quantum di deducibilità dello stesso, assumendo che tale deducibilità trovi conforto nel rinvio pieno alle norme che equiparano il trattamento di fine mandato al TFR in quanto partecipi della comune natura di indennità spettanti alla cessazione del rapporto di lavoro, la cui misura è legata alla retribuzione annua conseguita dal lavoratore dipendente o collaboratore. Aggiunge che, anche qualora non si ritenga che il rinvio normativo alle disposizione legislative previste per il TFR conduca all’applicazione anche per il TFM dello stesso coefficiente, resta comunque valutabile e sindacabile la congruità dell’accantonamento che non potrà mai essere di ammontare complessivo eccedente il compenso pattuito, come invece accaduto nel caso in specie (ove l’accantonamento è stato parametrato non all’importo del TFM ma ad una percentuale sui ricavi conseguiti nel periodo di imposta).
2. La censura è infondata. In materia, questa Corte ha gi à̀ escluso che, in mancanza di una norma che obblighi le societ à̀ a provvedere all’ammortamento delle quote del trattamento di fine mandato degli amministratori nelle forme previste per i lavoratori dipendenti, possa applicarsi l’art. 2120 cod. civ., dettato per questi ultimi (Cass. 29/08/2022, n. 25435; Cass. 06/11/2020, n. 24848). Si è precisato che tale assunto è in linea con l’ulteriore principio affermato in tema di redditi di impresa, in base al quale, in ragione del combinato disposto degli artt. 17, comma 1, lett. c), e 105 t.u.i.r., possono essere dedotte in ciascun esercizio, secondo il principio di competenza, le quote accantonate per il trattamento di fine mandato, previsto in favore degli amministratori delle societ à̀ , purch é́ la previsione di detto trattamento risulti da un atto scritto avente data certa anteriore all’inizio del rapporto, che ne specifichi anche l’importo: in mancanza di tali presupposti trova applicazione il principio di cassa, come disposto dall’art. 95, comma 5, t.u.i.r. che stabilisce la deducibilit à̀ dei compensi spettanti agli amministratori delle societ à̀ nell’esercizio nel quale sono corrisposti (v. Cass. 10/07/2023, n. 19445; Cass. 19/10/2018, n. 26431).
Tali principi, cui il Collegio intende dare continuità, sono stati di recente ribaditi da Cass. Sez. 5, Sentenza n. 15966 del 07/06/2024, così massimata:<>.
2.1. Nel caso in esame la C.T.R., da un canto, ha dato espressamente atto, con accertamento in fatto rimasto incontrastato, della sussistenza di un atto scritto avente data certa anteriore alla data di inizio del rapporto che prevedeva la misura della quota di TFM in misura pari ad una percentuale dei ricavi, dall’altro ha deciso la questione di diritto in rigorosa applicazione dei principi sopra enunciati.
Ne consegue il rigetto del ricorso con condanna dell’Agenzia delle entrate, soccombente, alle spese di questo giudizio liquidate come in dispositivo.
Nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, non sussistono i presupposti processuali per dichiarare l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.p.r. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, non potendo tale norma trovare applicazione nei confronti delle Amministrazioni dello Stato che, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo (cfr. Cass.n.1778 del 29/01/2016).
La Corte
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente alla refusione in favore della controricorrente delle spese di lite liquidate in complessivi euro 7.600, oltre rimborso spese forfetarie nella misura del 15%, iva e cnap.
Così deciso, in Roma, il 5 febbraio 2025.