Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3384 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 3384 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/02/2025
TFM – Deducibilità – Art. 105 t.u.i.r. – Condizioni – Limite quantitativo previsto dall’art. 2120 cod. civ. – Esclusione
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13644/2017 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO C/D, domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , e RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentate e difese, in virtù di procura speciale a margine del contro ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME e dall’Avv. NOME COGNOME, elettivamente domiciliate in Roma presso la cancelleria della Corte di Cassazione;
-controricorrenti – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania, n. 10601/01/2016, depositata in data 25 novembre 2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21 gennaio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
All’esito di verifica fiscale la Guardia di Finanza redigeva, in data 17 dicembre 2012, verbale di constatazione nei confronti delle società RAGIONE_SOCIALE, in qualità di consolidante, e RAGIONE_SOCIALE, in qualità di consolidata, relativamente al periodo di imposta 2010.
Sulla base di tale p.v.c. l’Agenzia delle entrate -Direzione Regionale di Napoli -notificava alle dette società l’avviso di accertamento n. TEBO3T100042/2013, con il quale rideterminava il reddito dichiarato dalla Pilato s.p.a. da Euro 1.374.368,00 ad Euro 1.491.479,00, per l’anno di imposta 2008, accertando così una maggiore IRES per Euro 32.306,00. In particolare, veniva considerata una indebita deduzione di componenti negativi di reddito, costituiti da accantonamenti di trattamento di fine mandato (TFM), per Euro 117.000,00, pari alla differenza tra quanto dedotto (Euro 166.000,00) e quanto deducibile (Euro 48.889,00).
Le società proponevano ricorso innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Napoli, la quale rigettava il ricorso, ritenendo corretto l’operato dell’Ufficio.
Interposto gravame dalle contribuenti, la Commissione tributaria regionale della Campania riformava la sentenza di primo grado, ritenendo corretta la deduzione operata dalla società RAGIONE_SOCIALE In particolare, dopo aver richiamato la giurisprudenza di legittimità formatasi in materia, affermava che ‘la normativa fiscale non opera affatto un’eq uiparazione fra TFM e TFR, potendo ben essere determinato il TFM ed i relativi accantonamenti, in modo diverso e superiore rispetto a quanto contrariamente previsto dal TFR’ (pag. 3). Nella specie, l’ammontare degli accantonamenti era stato determinato, ai sensi dell’art. 2389 cod. civ., dalle parti nell’assemblea del 17 dicembre 2012. Di qui la legittimità dell’accantonamento in questione.
Avverso la decisione della Commissione tributaria regionale ha proposto ricorso per cassazione l ‘Ufficio, affidato ad un unico motivo. Le società contribuenti hanno resistito con controricorso.
21/01/2025.
È stata, quindi, fissata l’adunanza camerale per il Considerato che:
1. Con l’unico strumento di impugnazione l ‘Agenzia delle entrate denuncia, in relazione, all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la «violazione e falsa applicazione dell’art. 105 T uir e dell’ art. 2120». Sostiene che, da un lato, il richiamo, nei commi 1 e 2 dell’art. 105 t.u.i.r., alla disciplina civilistica comporterebbe l’applicazione al TFR delle limitazioni previste nell’art. 2120 cod. civ., dall’altro, il richiamo, nel comma 4 del citato articolo del t.u.i.r., a i primi due commi consentirebbe l’estensione al TFM della medesima disciplina dettata dal legislatore per il TFR. Pacifico, nella specie, l’ an della deducibilità dell’accantonamento, la questione verterebb e solo sulla misura della stessa, ovvero sulla applicabilità o meno del limite previsto dall’art. 2120 cod. civ..
2. Il motivo è infondato.
Questa Corte ha già escluso (anche recentemente, Cass. 07/06/2024, n. 15966) che, in mancanza di una norma che obblighi le società a provvedere all’ammortamento delle quote del trattamento di fine mandato degli amministratori nelle forme previste per i lav oratori dipendenti, possa applicarsi l’art. 2120 cod. civ., dettato per questi ultimi (Cass. 29/08/2022, n. 25435; Cass. 06/11/2020, n. 24848). Si è precisato che tale assunto è in linea con l’ulteriore principio affermato in tema di redditi di impresa, in base al quale, in ragione del combinato disposto degli artt. 17, comma 1, lett. c), e 105 t.u.i.r., possono essere dedotte in ciascun esercizio, secondo il principio di competenza, le quote accantonate per il trattamento di fine mandato, previsto in favore degli amministratori delle società, purché la previsione di detto trattamento risulti da un atto scritto avente data certa anteriore all’inizio del rapporto, che ne specifichi anche l’importo: in mancanza di tali presupposti trova applicazione il principio di cassa, come disposto dall’art. 95, comma 5, t.u.i.r. che stabilisce la deducibilità dei compensi spettanti agli
amministratori delle società nell’esercizio nel quale sono corrisposti (Cass. 10/07/2023, n. 19445, Cass. 19/10/2018, n. 26431).
La sentenza impugnata, nel ritenere non applicabili agli accantonamenti operati dalla Pilato s.p.a. le medesime limitazioni previste per il lavoro subordinato , di cui all’art. 2120 cod. civ. , si è, pertanto, attenuta a questi principi.
In definitiva il ricorso va respinto.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
Rilevato che risulta soccombente l’Agenzia delle Entrate, ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’articolo 13 comma 1 quater del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. 228 del 2012 (Cass. 29/01/2016, n. 1778).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna l’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore , al pagamento, in favore delle società ricorrenti, in solido, delle spese processuali del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.400,00, oltre esborsi liquidati in Euro 200,00, oltre rimborso spese forfettario nella misura del 15% dei compensi, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 21 gennaio 2025.