Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3298 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 3298 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 10/02/2025
RAGIONE_SOCIALEamministratori soc.-trattamento fine mandato-2120 cc
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20339/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dagli Avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE,
– intimata –
avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. PIEMONTE, n. 300/2022, depositata il 23 febbraio 2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17 dicembre 2024 dal consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
RAGIONE_SOCIALE ricorre nei confronti dell’Agenzia delle entrate , che non ha svolto attività difensiva, avverso la sentenza in epigrafe. Con quest’ultima la C.t.r. ha rigettato l’appello del la società contribuente avverso la sentenza della C.t.p. di Torino che aveva rigettato il ricorso spiegato avverso avviso di accertamento con il quale era stata recuperata, per gli anni dal 2013 al 2015 una maggiore Ires.
1.1. L’Ufficio , con l’atto impositivo impugnato , riprendeva a tassazione quota parte del costo sopportato dalla società per la polizza assicurativa contratta a copertura del trattamento di fine mandato (c.d. TFM) destinato agli amministratori. Riteneva, infatti, che tale deduzione fosse illegittima, posto che, tramite il richiamo effettuato dall’art. 105 t.u.i.r. all’art. 17 t.u.i.r. , in combinato con l’art. 2120 del cod. civ., la deducibilità dell’accantonamento del TFM doveva ritenersi ammissibile con gli stessi limiti previsti per il trattamento di fine rapporto (c.d. TFR) dovuto ai dipendenti.
1.2. La C.t.p., riuniti i ricorsi, li rigettava il ricorso con sentenza cofermata in appello. Entrambe le Corti di merito ritenevano che il TFM spettante agli amministratori fosse sottoposto alla medesima disciplina prevista dall’art. 105 t.u.i.r. per il TFR.
La contribuente ha depositato memoria.
Considerato che:
Con il primo motivo la società denuncia, in relazione all’art. 360 , primo comma, n. 3, cod. proc. civ. violazione e falsa applicazione degli artt. 17, comma 1, lettera c), 50 comma 1 lettera cbis , 105, commi 1 e 4 t.u.i.r.; degli artt. 2120, 2364 e 2389 Cod. civ.
L amenta l’illegittimità della pronuncia per avere ritenuto applicabile all’accantonamento del TFM degli amministratori il limite quantitativo stabilito dall’art. 2120 c od. civ. per il TFR dei lavoratori dipendenti.
Con il secondo motivo denuncia in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 36 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546.
Assume che nella sentenza non vi sia traccia alcuna del percorso interpretativo e motivazionale seguito per giungere alla conclusione che il c.d. TFM soggiaccia agli stessi limiti di deducibilità del c.d. TFR dei lavoratori dipendenti.
ll secondo motivo, preliminare rispetto al primo in quanto prospetta error in procedendo che determinerebbe la nullità della sentenza, è infondato.
3.1. Le Sezioni Unite della Corte hanno precisato che la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 134) deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella «mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico», nella «motivazione apparente», nel «contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili» e nella «motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile»; è esclusa, invece, qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione. (Cass. Sez. U. 07/04/2014, nn. 8053 e 8054).
3.2. La C.t.r. -facendo riferimento ai conformi precedenti di merito -dopo aver dato atto della mancanza di una disciplina specifica, ha ritenuto che il criterio di calcolo di cui all’art. 2120 cod. civ. ai fini fiscali
segna il limite dell’importo deducibile sia per i lavoratori dipendenti sia per le fattispecie richiamate dall’art. 17 t.u.i.r. ; ha affermato sul punto che la volontà del legislatore risulta esplicita, non vertendosi in una situazione di applicazione analogica delle norme e rispondendo l’operato dell’Amministrazione all’equità costituzionale.
Risulta, pertanto, adeguatamente esposta la ratio decidendi sottesa al decisum.
Il primo motivo è fondato.
4.1. Questa Corte ha già escluso che, in mancanza di una norma che obblighi le società a provvedere all’ammortamento delle quote del trattamento di fine mandato degli amministratori nelle forme previste per i lavoratori dipendenti, possa applicarsi l’art. 2120 cod. civ., dettato per questi ultimi (Cass. 07/06/2024, n. 15966, Cass. 29/08/2022, n. 25435, Cass. 19/10/2021, n. 28827, Cass. 06/11/2020, n. 24848). Si è precisato che l’assunto è in linea con l’ulteriore principio, affermato in tema di redditi di impresa, in base al quale, in ragione del combinato disposto di cui agli artt. 17, comma 1, lett. c), e 105 t.u.i.r., possono essere dedotte in ciascun esercizio, secondo il principio di competenza, le quote accantonate per il TFM previsto in favore degli amministratori delle società, purché la previsione di detto trattamento risulti da un atto scritto avente data certa anteriore all’inizio del rapporto, che ne specifichi anche l’importo; in mancanza di tali presupposti trova applicazione il principio di cassa, come disposto dall’art. 95, comma 5, t.u.i.r. che stabilisce la deducibilità dei compensi spettanti agli amministratori delle società nell’esercizio nel quale sono corrisposti (Cass. 10/07/2023, n. 19445, Cass. 19/10/2018, n. 26431).
4.2. La C.t.r., equiparando fiscalmente il TFM al TFR, non si è attenuta a questi principi.
In conclusione, va accolto il primo motivo di ricorso, rigettato il secondo e la sentenza impugnata va cassata. Non essendovi
accertamenti di fatto da demandare al Giudice regionale, la controversia può essere decisa nel merito accogliendo il ricorso originario del contribuente.
In ragione dell’andamento del giudizio vi sono giusti motivi di compensazione delle spese delle fasi di merito. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, rigettato il secondo; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso originario della contribuente; condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento in favore della ricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 200,00 per esborsi, euro 3.000,00 per compensi, oltre il 15 per cento per rimborso spese generali, i.v.a. e c.p.a. come per legge.
Così deciso in Roma, il 17 dicembre 2024.