Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4920 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 4920 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: CORTESI NOME
Data pubblicazione: 25/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso n.r.g. 12815/2022, proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in ROMA, INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE & p. di RAGIONE_SOCIALE., COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, DI COGNOME NOME
– intimati –
avverso la sentenza n. 93/2022 della Commissione tributaria regionale del Molise, depositata il 13 marzo 2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18 febbraio 2025 dal consigliere dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
L’Amministrazione finanziaria notificò a RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE (d’innanzi «RAGIONE_SOCIALE») un avviso di accertamento per la ripresa a tassazione di maggiori redditi, ai fini Irap e Irpef per l’anno 2012, in conseguenza del rilievo di costi non deducibili.
La società, in particolare, risultava aver contabilizzato costi a fronte di operazioni oggettivamente inesistenti, ovvero prive dei requisiti di cui agli artt. 109 TUIR, 5 e 11 del d.lgs. n. 446/1997, in particolare consistiti in contributi pubblicitari per associazioni sportive dilettantistiche e nella sponsorizzazione di manifestazioni artistiche.
Alla rettifica del reddito societario fece seguito la notifica di un ulteriore avviso ai soci NOME COGNOME NOME, NOME e NOME COGNOME in relazione ai redditi personali.
L’atto impositivo concernente RAGIONE_SOCIALE venne impugnato con ricorso congiunto dalla società e dai soci; NOME COGNOME impugnò separatamente l’atto impositivo per la sua posizione personale.
La Commissione tributaria provinciale di Campobasso, riunite le impugnazioni, le accolse.
L’Agenzia delle Entrate appellò la sentenza innanzi alla Commissione tributaria regionale del Molise, che respinse il gravame.
I giudici regionali ritennero che i costi indicati fossero deducibili, in quanto afferenti a rapporti di sponsorizzazione intervenuti con
altre società e associazioni, come confermava il fatto che gli importi portati dalle fatture contestate dall’erario risultavano effettivamente corrisposti dalla contribuente a mezzo di assegni.
Peraltro, in relazione alla parte di tali costi che afferiva alla sponsorizzazione di un’associazione sportiva dilettantistica, operava la presunzione di deducibilità, trattandosi di spese di pubblicità.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate , sviluppando due motivi. Gli intimati non hanno svolto difese.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate deduce violazione degli artt. 90, comma 8, l. 289/2002 e 2697 cod. civ.
La sentenza d’appello è criticata nella parte in cui ha ritenuto detraibili le spese di sponsorizzazione sostenute dalla società contribuente solo perché erogate in favore di un’associazione sportiva dilettantistica, senza valutare la sussistenza degli ulteriori requisiti per l’operatività della presunzione, quali, in primis , l’effettiva esecuzione di attività promozionali.
Il secondo mezzo denunzia violazione degli artt. 21 del d.P.R. n. 633/1972, 109 del d.P.R. n. 917/1986 e 2697 cod. civ.
La ricorrente assume che la C.T.R. avrebbe violato le regole di riparto dell’onere probatorio in materia di deduzione dei costi, ritenendo sufficiente, al riguardo, la produzione dei contratti di sponsorizzazione e degli assegni relativi al versamento di importi corrispondenti a quelli indicati nelle fatture.
I giudici d’appello avrebbero così omesso di considerare quanto da lei dedotto e dimostrato circa la natura fittizia delle operazioni, essendo emerso dall’esame delle movimentazioni bancarie che le somme riscosse dall’associazione erano rientrate nell’immediata
disponibilità della società; erano state, inoltre, indicate altre e numerose anomalie che non consentivano di ritenere assolto l’onere probatorio della contribuente in punto alla deducibilità dei costi.
I motivi, meritevoli di scrutinio congiunto per la loro connessione, sono fondati.
3.1. Questa Corte ha ripetutamente affermato che «in tema di detrazioni fiscali, le spese di sponsorizzazione di cui all’art. 90, comma 8, della legge n. 289 del 2002, sono assistite da una “presunzione legale assoluta” circa la loro natura pubblicitaria, e non di rappresentanza, a condizione che: a) il soggetto sponsorizzato sia una compagine sportiva dilettantistica; b) sia rispettato il limite quantitativo di spesa; c) la sponsorizzazione miri a promuovere l’immagine ed i prodotti dello sponsor; d) il soggetto sponsorizzato abbia effettivamente posto in essere una specifica attività promozionale» (così, fra le altre, Cass., n. 4612/2023; Cass. n. 8540/2020; Cass. n. 14232/2017).
Inoltre, e sempre sul punto, è stato affermato che la menzionata disposizione costituisce norma speciale, destinata a derogare anche al regime generale di deducibilità dei costi previsto dall’art. 109 del TUIR, in quanto detta peculiari condizioni di deducibilità delle spese di pubblicità che rispondono alle specifiche esigenze del settore delle compagini sportive dilettantistiche; la norma intende infatti perseguire finalità diverse che, con tutta evidenza, possono essere rintracciate nella voluntas legis di approntare un regime agevolativo per quei soggetti che decidono di investire nello sport amatoriale e di favorire – tramite la leva fiscale – la diffusione di questo genere di attività giudicate socialmente utili e degne di protezione, stante anche la rilevanza costituzionale dello sport (cfr. Cass. n. 21452/2021, in motivazione).
Pertanto, continuano le richiamate pronunzie, il peculiare regime approntato dall’art. 90, comma 8, in forza della sua natura agevolativa, fissa una presunzione assoluta di inerenza e congruità delle sponsorizzazioni rese a favore di imprese sportive dilettantistiche soltanto laddove risultino soddisfatti i requisiti sopra indicati.
3.2. Nel ritenere sussistenti i presupposti per la deducibilità dei costi in questione, la sentenza impugnata si è discostata da tali principi.
I giudici d’appello si sono limitati, infatti, a valorizzare la circostanza che l’erogazione riguardasse un’associazione sportiva dilettantistica, senza svolgere alcuna indagine circa l’obiettivo della sponsorizzazione e l’effettiva realizzazione dell’attività posta in essere dal soggetto sponsorizzato; e ciò quantunque l’amministrazione appellante avesse svolto, sul punto, le puntuali e specifiche considerazioni riprodotte nel ricorso (pagg. 10-12).
3.3. Inoltre, e quanto all’onere della prova della sussistenza dei ridetti requisiti, è stato ripetutamente affermato che esso grava sul contribuente, e non può ritenersi soddisfatto dal dato, del tutto estrinseco e neutrale, della natura di ente non commerciale del soggetto sponsorizzato (cfr., fra le altre, Cass. n. 29510/2023; Cass. n. 16449/2016).
Anche sotto tale profilo, pertanto, la sentenza impugnata merita censura, poiché si è limitata al rilievo di tale circostanza, trascurando di considerare le ulteriori e rilevanti carenze probatorie denunziate dall’Amministrazione (si vedano i motivi trascr itti alle pagg. 16-18 del ricorso).
In conclusione, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo
grado del Molise, affinché, decidendo in diversa composizione, si conformi agli indicati principii, provvedendo altresì alla liquidazione delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Molise.
Così deciso in Roma, il 18 febbraio 2025.